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L’ambiente, una priorità per la Chiesa. Speranze e timori in attesa dell’enciclica

L’ambiente, una priorità per la Chiesa. Speranze e timori in attesa dell’enciclica

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 20/06/2015

DOC-2718. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Raramente un'enciclica ha suscitato tante aspettative quanto quella di papa Francesco sull'ecologia, di cui già si conosce la data di pubblicazione, il 18 giugno, e il titolo, Laudato si’, l'incipit del “Cantico delle creature” di San Francesco. Aspettative accompagnate da polemiche diffuse: riguardo all'enfasi generalmente posta sull'appoggio del papa alle valutazioni scientifiche relative al riscaldamento globale e alla sua origine antropica – enfasi contestata da chi teme che si finisca in tal modo per trascurare la dimensione morale della difesa dell'ambiente –; riguardo al profondo malcontento che tale appoggio suscita tra i settori conservatori degli Stati Uniti, tradizionalmente “scettici” nei confronti della realtà del cambiamento climatico (ma soprattutto abbondantemente finanziati dall'industria energetica) e convinti che il papa debba limitarsi alla sfera morale, senza intervenire in questioni scientifiche e politiche; riguardo al timore che il papa possa venir confuso con gli “adoratori di Gaia” a vantaggio di posizioni favorevoli al controllo della natalità.  

Di certo, con gli occhi del mondo puntati sulla decisiva Conferenza sul clima di Parigi (Cop 21) in programma a dicembre - quando la comunità internazionale sarà chiamata a sottoscrivere un nuovo piano d’azione globale al fine di contenere il riscaldamento globale entro la soglia dei 2 gradi centigradi - è impensabile che l'emergenza climatica non acquisti un peso rilevante nell'enciclica, tanto più a fronte della delusione espressa dal papa rispetto alla precedente Conferenza di Lima («L'ultima Conferenza, in Perù, mi ha deluso: speriamo che a Parigi siano un po' più coraggiosi», aveva dichiarato durante il volo dallo Sri Lanka alle Filippine) e dei suoi ripetuti richiami sulle responsabilità umane nelle alterazioni climatiche, in linea con la posizione espressa dalla quasi totalità della comunità scientifica. Senza contare il sostegno dato dal papa alla petizione sul cambiamento climatico promossa dal Movimento Cattolico Globale per il Clima (una rete di oltre 100 organizzazioni cattoliche del mondo intero; catholicclimatemovement.global; v. Adista Notizie n. 11/15).

Il bisogno di una nuova narrazione

Altrettanto certo è che l'enciclica non stravolgerà la tradizionale visione della Chiesa sul rapporto tra essere umano e natura, mantenendo le distanze da un approccio come quello dell'ecologia profonda, quella filosofia o ecosofia o visione spirituale che il filosofo norvegese Arne Naess, nel 1972, definì “profonda” per distinguerla da un’ecologia “superficiale” impegnata nella difesa della natura, ma pur sempre al servizio dell’essere umano, e con ciò ponendo l’accento sul valore intrinseco di ogni forma di vita, umana e non umana, e sulla profonda interrelazione tra tutto ciò che esiste. 

Secondo quanto emerso dalla conferenza che il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha tenuto lo scorso marzo alla Pontificia Università San Patrizio di Maynooth, in Irlanda, sul tema “Ecologia integrale e orizzonte di speranza: l’attenzione per i poveri e il Creato nel magistero di Papa Francesco”, quello che ci si può attendere dall'enciclica è che il papa riprenda l'insegnamento cristiano sui temi della protezione della vita, della difesa dell'ambiente e della lotta contro l'ingiustizia sociale, indicando la salvaguardia del Creato come un dovere di tutti gli esseri umani, affinché si garantisca «uno sviluppo umano davvero autentico e sostenibile», e richiamando l’importanza di una “conversione ecologica” per un radicale cambiamento «del nostro atteggiamento nei confronti del Creato, dei poveri e delle priorità dell’economia globale». Un cambiamento in cui difficilmente troverà posto - stando a quanto ha affermato ancora Turkson in occasione della presentazione del rapporto della Global Commission on the Economy and Climate - il riconoscimento dell'incompatibilità (sostenuta invece con forza dai teorici della decrescita) tra crescita economica e sostenibilità ecologica, essendo il cardinale convinto che tenere insieme le due dimensioni sia possibile con un «buon lavoro», che rispetti cioè la dignità dei lavoratori; una «buona ricchezza», che sia equamente distribuita; e «buoni prodotti», che siano utili all’umanità (Radio Vaticana, 20/5).

«Non c'è nessun motivo – evidenzia George Weigel dell'Ethics and Public Policy Center (National Review, 5/5) – per pensare che papa Francesco abbia intenzione di cambiare o alterare significativamente il paradigma della Chiesa cattolica» ripreso «da Genesi 1,27-30», che pone gli esseri umani al centro del mondo naturale, con la responsabilità di prendersene cura. Tuttavia, secondo la teologa e religiosa francescana Ilia Delio, è proprio questo il problema: «I principi di base cui si richiama il papa per risolvere la crisi ambientale, specialmente quello dell'essere umano fatto a immagine di Dio, sono - scrive - gli stessi principi che, in un certo senso, hanno provocato la crisi, soprattutto infondendo il desiderio di scoperta e di progresso». Cosicché, se è lecito attendersi dall'enciclica una «nuova linfa» per l’intero dibattito in materia ambientale, non è però per questa via che la teologia cattolica, «basata su principi dell'antica cosmologia», potrà evocare «alcun cambiamento reale»: «Per spingere la comunità umana in una nuova direzione - conclude la teologa - c'è bisogno di una nuova narrazione cosmologica che, a sua volta, comporti radicali cambiamenti a livello di teologia, di ecclesiologia e di pastorale ministeriale. Se vogliamo un mondo diverso, dobbiamo diventare una Chiesa diversa».

Di seguito il suo intervento (Global Sisters Report, 11/5), seguito da un commento del gesuita Thomas Reese (National Catholic Reporter, 28/5), entrambi in una nostra traduzione dall'inglese. 

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