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Cambiare politiche, combattere retoriche. Le Caritas lombarde sui migranti

Cambiare politiche, combattere retoriche. Le Caritas lombarde sui migranti

Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 25/07/2015

38209 MILANO-ADISTA. La disuguaglianza e l'impoverimento, la violenza terrorista, il landgrabbing (accaparramento di terra), i cambiamenti climatici: ecco alcune delle cause che costringono milioni di persone in tutto il mondo ad abbandonare le proprie case e a cercare una vita dignitosa altrove, molto spesso in Europa. Li chiamano “migranti forzati”, per distinguerli da chi abbandona il proprio Paese per motivi di studio, lavoro o per cambiare vita in un altro Paese. Per loro non è data alcuna possibilità di scelta: o la fuga o l'estinzione. E finché quelle piaghe permarranno a livello globale – affermano le Caritas delle diocesi lombarde in un breve documento dell'8 luglio scorso, dal titolo “Il fenomeno migratorio e le comunità cristiane della Lombardia” – «l’Europa sarà oggetto di una pressione continua. Non basta ipotizzare blocchi navali, muri di confine, affondamento di barconi, campi profughi. Al massimo queste proposte potranno avere effetti elettorali». Una seria e lungimirante soluzione del fenomeno, esortano le Caritas lombarde, riguarda la politica internazionale, il commercio e la finanza, la cooperazione, la lotta alla corruzione. «Processi – si sottolinea ancora nel documento – che nessun Paese da solo sarà mai in grado di sostenere».

Ma se questa è la prospettiva corretta per inquadrare il tema, in Europa, e anche in Italia o nella stessa Lombardia, sono molti gli ostacoli che ogni giorno le Caritas incontrano sul campo: pregiudizi culturali, deficit organizzativi e inumane lungaggini burocratiche, un approccio di breve respiro costantemente fondato sull'emergenza. Per non parlare poi del fenomeno corruttivo, dilagante nel Paese ed emerso sulle pagine dei giornali grazie alle inchieste su “Mafia capitale”. «Auspichiamo procedure di controllo più rigorose», «non tolleriamo la disonestà e il cinismo di imprenditori senza scrupoli che oltre a truffare lo Stato e i bisognosi mettono in cattiva luce coloro che operano anche a proprie spese e nel rispetto della legalità». A tutto questo, infine, si aggiungano «quegli atteggiamenti di strumentale chiusura di alcuni pubblici amministratori che rifiutano l’equa distribuzione territoriale dei richiedenti asilo» e che finiscono per «depotenziare anche la richiesta del nostro Paese per l’altrettanto equa distribuzione dei richiedenti asilo a livello europeo», così come era stato ipotizzato dall'Agenda Ue per i migranti (v. Adista Notizie n. 19/15).

Di fronte ai continui sbarchi sulle coste italiane, la Chiesa si interroga e agisce conseguentemente, colmando spesso il vuoto lasciato dalle istituzioni pubbliche. «La nostra fede nel Dio incarnato ci impedisce distinzioni tra gli esseri umani», chiariscono le Caritas lombarde. «Se un primato va riconosciuto, questo riguarda chi più è sofferente e meno tutelato. Trattare le persone con dignità e rispetto è inoltre la via per garantire pacifica convivenza». La forte presenza di migranti non è automaticamente fonte di problemi e di insicurezza per i territori della Regione e questo lo si deve, scrivono ancora nel documento, anche alla Chiesa, che «ha soccorso questi “nuovi venuti”, stemperato le tensioni senza dimenticarsi dei poveri che da sempre abitano le nostre comunità». In Lombardia le Caritas gestiscono oltre 2mila tra migranti, rifugiati e richiedenti asilo: «Oltre ad offrire vitto e alloggio, magari in regime di contratto con l’ente pubblico, propongono percorsi di alfabetizzazione, formazione e orientamento al lavoro, sostegno e tutela giuridica, supporto scolastico e animazione del tempo libero a favore dei minori, spesso con i costi a nostro carico».

Il documento si conclude con «una denuncia e un appello». Una denuncia contro le «fuorvianti campagne mediatiche che soffiano sul fuoco della paura e che tolgono lucidità all’opinione pubblica», contro «l’immoralità di una certa retorica politica che, paventando “invasioni” e definendo ogni profugo come “clandestino”, finisce per autorizzare il cittadino a non sentirsi corresponsabile nell’accoglienza». E un appello «affinché le parrocchie mettano a disposizione spazi adeguati per una accoglienza diffusa sul territorio. Presenze di poche unità nelle nostre comunità parrocchiali favoriscono un approccio più sereno da parte della popolazione, una convivenza più accettata e sostenuta dal volontariato».

Parole forti che non sono andate particolarmente a genio al “conterraneo” leader della Lega Nord, Matteo Salvini: «Le Caritas lombarde – ha commentato stizzito il 13 luglio su Twitter – invitano le parrocchie ad accogliere gli immigrati: forse perché i clandestini rendono più dei poveri disoccupati italiani?». 

* Foto di Sara Prestianni Noborder Network, tratta dal sito Flickr, licenzaimmagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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