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Vescovi cattolici di Siria: bene la Russia. Ad Assad si può pensare dopo aver sconfitto l'Is

Vescovi cattolici di Siria: bene la Russia. Ad Assad si può pensare dopo aver sconfitto l'Is

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 17/10/2015

38289 ROMA-ADISTA. Unirsi tutti, dai Paesi occidentali a quelli orientali a quelli arabi, contro quel terribile nemico comune che si è autoproclamato Stato Islamico, sarebbe la cosa più logica, la necessità prioritaria. Eppure sembra l'unica cosa che non si riesce a fare, o che si sceglie di non fare per gli interessi economici, ideologici e geopolitici ben contrastanti fra gli attori in campo. 

Sicché la Russia bombarda le postazioni dell'Is, ma gli Stati Uniti l'accusano di tirar giù soprattutto le truppe antigovernative raccogliticce addestrate dagli Usa (pare non abbastanza motivate: troppe sono passate ai terroristi islamici) che dovrebbero sparare sull'Is, ma al contempo vogliono far secco, politicamente, il presidente siriano Bashar al-Assad. Il quale, poi, insieme ai gloriosi combattenti curdi, è da mesi che combatte lo Stato islamico, anche se con dubbi successi, visto che ha perso un terzo del suo territorio. La Russia cerca di convincere gli Usa a fermare il tiro al bersaglio contro Assad: vinciamo il terrorismo islamico prima, poi studiamo un'uscita morbida per Assad, che dal canto suo comincia a non escludere di rimanere al suo posto in eterno. Forse è l'unica strada per pacificare una nazione così divisa.

Non sorprende che i vescovi mediorientali che si sono espressi in questi ultimi giorni sulla guerra la pensino proprio come la Russia, anche apprezzandone l'intervento armato. L'arcivescovo greco-melkita cattolico Jean-Clement Jeanbart, intervistato dalla televisione svizzera il 9 ottobre, ha dato il benvenuto alla escalation militare di Putin in supporto del presidente Assad, perché «serve la causa di cristiani» come delle altre minoranze religiose che hanno sofferto e soffrono la terribile persecuzione dell'Is: stanno «rinascendo la fiducia» e la speranza.

Gregorio III Laham, patriarca melchita di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, il 29 settembre scorso (v. il Sir), quando era riunita l'Assemblea dell'Onu, si è chiesto: perché «non creare una coalizione che comprenda anche la Siria per combattere l’Is? Una volta debellato questo nemico sono certo che si troveranno soluzioni politiche». Ma il dubbio di Gregorio III è anche il seguente: «Mi chiedo - sono le sue parole - come si possa pensare di difendere una nazione da un nemico, senza volerla coinvolgere. E non mi riferisco al presidente Assad, ma al Paese. Non puoi combattere un nemico in casa mia senza che io non sia consultato. Vogliono cacciare Assad spargendo il sangue del suo popolo? Chi deve difendermi? Forse gli aerei americani che vengono da lontano o chi è qui, il governo con l’esercito? Vogliono affossare un popolo per uccidere una persona, il presidente. È un crimine che il Tribunale internazionale dell’Aja deve perseguire». «Davanti a un pericolo internazionale – ha continuato – è urgente avere una posizione internazionale comune, Siria, Iraq, Turchia, Qatar, Arabia Saudita, Iran, Cina, Ue, Usa e Russia e via dicendo. Una voce che riconosca che il pericolo riguarda tutti, e non solo il Medio Oriente. Rimuovere Assad senza avere l’alternativa è assurdo. In Siria agiscono ben 28 gruppi di opposizione. Sono piccoli gruppi armati, divisi al loro interno e destinati – è la pessimistica lettura del patriarca – a passare prima o poi nelle fila dello Stato islamico».

Negli stessi giorni, la constatazione del vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, mons. George Abou Khazen, è stata: «Gli unici che combattono lo Stato islamico sono i curdi e i soldati dell’esercito regolare siriano. Se a New York sono seri non possono pensare di escludere il governo di Assad». La road map suggerita dal vescovo è la seguente: «Solo dopo aver sconfitto lo Stato islamico si negozi una transizione, ma è importante non creare un vuoto, perché – spiega il vicario – il rischio è diventare come la Libia se non peggio. Le grandi potenze, purtroppo, guardano solo ai loro interessi, anche perché a pagare è questa povera gente privata di tutto, affetti, lavoro, casa. Vogliamo un cessate il fuoco per fermare il bagno di sangue», ha aggiunto, per nulla apprezzando gli interventi armati occidentali. Sicuramente non quello della Francia, che ha iniziato prima della Russia i bombardamenti sulle roccaforti dell'Is: rappresenta «un altro episodio nella serie di azioni e scelte sconsiderate compiute dalle potenze occidentali nel quadro dei conflitti che stanno massacrando i popoli del Medio Oriente».«È dall'inizio della guerra – ha dichiarato all'Agenzia Fides (29/9) – che ci chiediamo cosa davvero muova la Francia nelle sue scelte. Viene da pensare agli interessi economici, ma non so se questo basta a giustificare certe linee-guida così insensate e contraddittorie, come la scelta di sostenere e accreditare i ribelli, unita ai bombardamenti degli ultimi giorni, indirizzati contro quello Stato Islamico che non avrebbe mai assunto tanta forza se non avesse avuto appoggi e finanziamenti da parte dei Paesi dell'area più allineati con l'Occidente». 

Anche per l’arcivescovo siro-cattolico di Damasco, mons. Elias Tabe, riferisce ancora il servizio del Sir sopra citato,« il presidente Assad è l’unico che può ancora tenere insieme il Paese nonostante le correnti contrarie. Essendo stato eletto dal suo popolo, deve essere coinvolto nel tentativo di fronteggiare lo Stato islamico». Allora va ben accolto il supporto della Russia che «ha sempre avuto forti legami con il Medio Oriente», spiega Tabe, ben consapevole che, «è inutile negarlo, qui la Russia difende anche i suoi interessi». E tuttavia i terroristi dell’Is vanno combattuti». 

Le proteste degli Stati Uniti già contro i primi bombardamenti aerei russi, iniziati il 30 settembre, perché sarebbero stati destinati anche alle truppe anti-Assad addestrate dalla Cia, hanno fatto irritare l'arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, che, parlando con la Fides, è sbottato: «Il senatore statunitense John McCain ha protestato dicendo che i russi non stanno bombardando le postazioni dello Stato Islamico, ma piuttosto i ribelli anti-Assad addestrati dalla Cia. Io trovo inquietanti queste parole. Rappresentano un'ammissione spudorata del fatto che dietro alla guerra ad Assad c'è anche la Cia, e che si tratta di un conflitto etero-diretto da circoli di potere lontani dalla Siria e dai loro alleati nella regione mediorientale».« La propaganda occidentale», ha sottolineato Hindo, «continua a parlare di ribelli moderati, che non esistono: nella galassia dei gruppi armati, quelli dell'Esercito Siriano Libero li trovi solo se li cerchi con la lente d'ingrandimento. Tutte le altre sigle, a parte lo Stato Islamico (Daesh), sono confluite o sono state fagocitate di fatto dal Fronte al-Nusra, che è il braccio militare di al-Qaida in Siria». «C'è qualcosa di veramente inquietante in tutto questo», ha osservato: « C'è una superpotenza che a 14 anni dall’11 settembre protesta perché i russi colpiscono le milizie di al-Qaeda in Siria. Che vuol dire? Che adesso al-Qaeda è un alleato degli Usa, solo perché in Siria ha un altro nome? Ma disprezzano davvero così tanto la nostra intelligenza e la nostra memoria?». 

* Aleppo. Immagine di Govorkov, tratta dal sito Flickr, licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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