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La madre di tutte le battaglie

La madre di tutte le battaglie

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 3 del 23/01/2016

Con la votazione effettuata alla Camera dei Deputati il pomeriggio dell’11 gennaio – 367 sì, 194 no e cinque astenuti – si è compiuta la prima lettura della riforma costituzionale Boschi-Renzi, quindi il testo di questa riforma è diventato definitivo, non più contendibile, non più negoziabile. 

È questo l’annunzio di una cattiva novella. Per dirla con le parole di Maurizio Viroli, «il 2016 consacrerà la fine della Repubblica nata 70 anni fa e il consolidamento del principato renziano». Il «regime renziano – precisa Viroli – è un principato perché con l’entrata in vigore dell’Italicum e della riforma costituzionale Renzi avrà sul Parlamento, ridotto ad una sola camera deliberativa (...), un potere di fatto senza limiti. A restringere il potere della maggioranza restano ...il Capo dello Stato e la Corte Costituzionale, ma sono deboli argini». 

In effetti l’impostazione di fondo che c’è dietro questo progetto di grande riforma non è quella della revisione della Costituzione, ma del suo superamento, cioè dell’abbandono del progetto di democrazia costituzionale prefigurato dai padri costituenti per entrare in un nuovo territorio, dove le decisioni sono più “semplici”, perché, per legge, il governo è attribuito ad un unico partito; dove il Parlamento è ridotto ad un’unica Camera (mentre l’altra Camera, il Senato, ha un ruolo sostanzialmente decorativo), sottoposta ad un ferreo controllo da parte del governo del partito unico, al quale la legge elettorale garantisce una maggioranza sicura e la riforma costituzionale garantisce il controllo dell’agenda dei lavori parlamentari, dove le istituzioni di garanzia (presidente della Repubblica, Corte Costituzionale) sono deboli e non possono interferire con l’esercizio dei poteri di governo che, invece, sono “forti”.

La buona novella è che la fine della Repubblica nata 70 anni fa non è per niente scontata: questo progetto può essere arrestato e rovesciato nel suo contrario. Grazie alla lungimiranza dei Costituenti, l’ultima parola, quando nel Parlamento non vi è concordia sulle scelte di revisione, spetta al popolo sovrano. 

Sono sempre valide le considerazioni di Raniero La Valle in occasione della riforma Berlusconi del 2005: «Cadute le linee di difesa del patto costituzionale, venuti meno i pastori posti a presidio dei cittadini, il popolo rimane ora l’ultimo depositario della legittimità costituzionale e l’ultima risorsa, l’ultima istanza in grado di salvare la democrazia rappresentativa nel nostro Paese. Esso non dovrà semplicemente “difendere” la Costituzione del '48, ma dovrà instaurarla di nuovo. Non dovrà solo sottrarla all’oscuramento cui oggi è condannata, ma riscoprirla ed illuminarla come mai ha fatto finora».

La buona novella è che è stato costituito il “Comitato per il No” in vista del referendum costituzionale  – che raccoglie i più autorevoli esponenti della cultura democratica – e che questo Comitato, proprio mentre alla Camera si votava la riforma, ha iniziato il suo percorso pedagogico mettendo a fuoco il discorso sui valori ed i principi della democrazia costituzionale; discorso che deve animare la battaglia che le associazioni e i soggetti politici e sindacali condurranno per convincere i cittadini italiani a votare “No”.

Quello a cui saremo chiamati è un referendum sui valori della Repubblica, sulla democrazia costituzionale, non sul governo o sulla sorte di un capo politico. Bisogna evitare che i contenuti del voto siano oscurati e che il referendum venga trasformato in un plebiscito volto ad acclamare un capo politico. Deve essere respinto il mantra del conflitto fra riformatori (che vogliono modernizzare le istituzioni) e conservatori (che vogliono difendere i privilegi della casta).

Solamente la cancellazione della memoria può consentire di far passare come innovazione quelle riforme istituzionali che tendono a restaurare forme di potere autocratico superate dalla storia. Soltanto attraverso la cancellazione della memoria si può far passare per innovativa una legge elettorale che restaura gli stessi meccanismi manipolatori della legge Acerbo.

E qui veniamo al secondo aspetto del dilemma. La grande riforma si compone di due capitoli che costituiscono due facce dello stesso progetto: la revisione della Costituzione e la riforma elettorale. Per questo, un gruppo di cittadini ha depositato in Cassazione la richiesta di due referendum abrogativi relativi all’Italicum. Il primo quesito è volto ad abrogare il meccanismo dei capilista bloccati e delle pluricandidature, restituendo ai cittadini italiani la facoltà di scegliere i loro rappresentanti; il secondo quesito è volto ad abrogare il premio di maggioranza ed il ballottaggio, restaurando l’eguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto di voto e la rappresentatività delle assemblee elettive.

Quindi si è costituito il Comitato promotore per i due referendum abrogativi dell’Italicum che in primavera raccoglierà le firme necessarie. Se l’iniziativa avrà successo il popolo italiano sarà chiamato, attraverso il referendum costituzionale ed il referendum abrogativo dell’Italicum, a restaurare la sovranità che in questi anni gli è stata sottratta.

È questa la seconda buona novella.

Il Presidente del Consiglio ha detto che «la riforma costituzionale è la madre di tutte le battaglie». Siamo perfettamente d’accordo con lui! È bene che si ricordi l’esito che ebbe quella battaglia per quel capo politico che adoperò per primo quest’espressione.

Domenico Gallo è giudice presso la corte di Cassazione

* Immagine di Andrea Di Marzo, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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