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Assisi: il prezzo alto della pace

Assisi: il prezzo alto della pace

Tratto da: Adista Notizie n° 33 del 01/10/2016

Che quello della pace – e, contestualmente, quello del dialogo, suo gemello – non sia un argomento comodo nella vicenda ecclesiale, lo dimostra il sostanziale fallimento della spedizione in Oriente di Francesco d’Assisi, nel 1219: il quale non convinse né i crociati a desistere dall’assedio di Damietta né la Curia romana e i suoi stessi confratelli ad accettare la sua originaria stesura della Regola (che rimase appunto non bullata), caratterizzata fra l’altro da uno sguardo aperto e accogliente nei confronti dei musulmani. 

Ecco perché il rifarsi ad Assisi per eventi quali il primo raduno delle religioni per la pace così voluto da Giovanni Paolo II (27/10/1986), o la celebrazione del suo trentennale da parte di papa Francesco in una data casualmente emblematica per la storia italiana (20 settembre), resta l’allusione più a un ideale che a una realtà; oggi più di ieri. Sia detto, evidentemente, non per diminuire la portata di quanto è accaduto nella cittadina umbra, ma, al contrario, per esaltarla («Siamo insieme per pregare, non per fare spettacolo», aveva detto la mattina Francesco, a scanso di equivoci). 

Un momento, inoltre, che ha saputo evitare, grazie in primo luogo alla straordinaria carica umana del papa, il forte rischio di deriva retorica: quasi sapessimo già, diciamo così, come sarebbe andata a finire. In realtà, l’inevitabile happy end fatto di abbracci, sorrisi, firme e accensioni di candele è chiamato a fare i conti da subito con i profondi cambiamenti di contesto i quali fanno sì che una Giornata delle religioni per la pace celebrata oggi non possa in ogni caso dare i risultati di quella di trent’anni fa. In primo luogo, sul piano politico: un conto è la Guerra fredda tra due superpotenze in affanno, un altro l’odierna “Guerra mondiale a pezzi”. 

Poi, sul versante delle religioni stesse, con il passaggio dai primi segnali della cosiddetta rivincita di Dio di allora all’attuale post-secolarizzazione; ma soprattutto con la coscienza, sempre più avvertita, che le religioni, in un pianeta violento, sono parte del problema e non hanno alcun diritto di chiamarsi fuori, come se chi uccide in nome di Dio fosse semplicemente un deviante o un disagiato. 

È finita, in altri termini, qualsiasi ipotesi di innocenza: sappiamo che il virus violento sta dentro le religioni e i loro libri sacri, e che per purificarsene esse devono pagare un prezzo alto, altissimo. Infine, sulla funzione del dialogo: sognato e sperato nel tempo di Wojtyla, quindi messo in discussione e segnalato a rischio relativismo nella sua declinazione ratzingeriana del venticinquennale (2011); e infine apertamente rilanciato in chiave di unità nella diversità e di invito a camminare insieme, nonostante tutto, dallo stesso Bergoglio. Che è tornato per la terza volta ad Assisi nei suoi tre anni di pontificato, quasi a rincorrere non la mitologia di un santo universalmente osannato, bensì un modello di dialogo che condusse il figlio di Pietro Bernardone a proporsi alla Umma islamica non con l’arma potente della spada, ma con quella nuda del Vangelo. Mettendo in crisi quanti, dopo di lui, continueranno a confidare nella forza della violenza, spesso orrendamente declinata nel nome di Dio. Sulla base della capacità di risposta a questo triplice mutamento di scenario si misurerà la dose di enfasi e di ritualità, o quella di parresìa e di Vangelo, che emanerà stavolta da Assisi. 

«Una giornata di preghiera, penitenza e pianto per la pace», ha sintetizzato il papa, richiamando, per caso, quattro termini inizianti con la P; ma poi ha concluso la riflessione citando una quinta parola, di nuovo con la P, quella cruciale: «Siamo qui per sentire il grido del povero». Che è già una risposta alla domanda che ci siamo fatti, costringendo le religioni a tenere i piedi ben piantati per terra.

* Brunetto Salvarani è teologo, conduttore di “Uomini e Profeti” (Rai Radio 3).

Il suo ultimo lavoro è «Molte volte e in diversi modi» - Manuale di dialogo interreligioso (insieme a Marco Dal Corso, v. recensione sul numero di Documenti allegato)

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