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Referendum costituzionale. Lettera a un amico incline a votare Sì

Referendum costituzionale. Lettera a un amico incline a votare Sì

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 38 del 05/11/2016

Caro amico, inutile dirti che la tua (quasi?) decisione mi ha colpito profondamente. Vedo che una delle ragioni che ti inducono a propendere per il Sì sarebbe “l'accozzaglia” all'interno dei No.

È vero che si prova un certo (penso reciproco) fastidio, ma le azioni dei comitati sono distinte; si lotta con coloro che ci sono affini, con gli “altri” si condivide solo la condizione imposta dalla natura del referendum. Del resto, anche tra i Sì una certa accozzaglia c'è. È inevitabile. Non ti dà fastidio trovarti in compagnia di certi imprenditori che del Sì fanno solo una ragione di auspicata maggiore stabilità delle loro aziende?

Altri comuni amici e amiche ti hanno già elencato le ragioni per cui ci pare più opportuno votare No. A mio giudizio, quello che è più riprovevole è l'avere ridotto tutto da parte di questo governo a una questione di spesa, come se la democrazia fosse comprimibile e riducibile, come se il deficit di bilancio non potesse essere ripianato con ben altre risorse...

Ovviamente non è solo colpa del Governo, ma anche della maggioranza parlamentare che lo sostiene. Quest'ultimo scempio è l'epilogo di quanto già prodotto da questa maggioranza negli ultimi anni. Pensiamo alla soppressione delle province. Eletti ed elette con compiti specifici si trovano a far parte del Consiglio delle città metropolitane; come dire “pago uno e prendo due”. È l'anticipo di quanto avverrà in Senato: pago uno e prendo due, ossia chi è stato eletto per fare il consigliere regionale potrà fare anche il senatore a scartamento ridotto. Certo, in entrambi i casi c'è un forse piccolo risparmio, ma intanto è stata colpita la sovranità popolare con l'elezione di secondo grado, si è creata una confusione di ambiti, si è dimostrato che della democrazia a questa maggioranza non importa, mentre Renzi, entrato pesantemente nell'arena, illude che per questa via si possa ottenere una maggiore efficienza.

Ma non c'è già una Conferenza Stato Regioni? Che bisogno c'era di far conto che il Senato diventi federale in uno Stato unitario? Non era meglio allora sopprimere addirittura il Senato piuttosto che mutare radicalmente la sua natura originaria (che peraltro è stata spesso strumento utile per migliorare una legge e attivare una partecipazione popolare)?

Tu dici che la legge 107 sulla “Buona scuola” aveva alle spalle delle buone intenzioni di cambiamento. Ma quali? Quelle di ridare ai dirigenti poteri che, tramite le tante lotte degli anni Settanta, erano stati trasferiti agli Organi Collegiali? L'introduzione di studenti e genitori nei comitati di valutazione per la valutazione con premio dei docenti? Non basta voler “cambiare”: ogni cambiamento non è sempre migliore del presente...

Si sarebbe potuto pensare a una legge costituzionale limitata al Titolo V, per meglio chiarire le competenze di Stato e Regioni formulate in un momento in cui il centro-sinistra temeva il ricatto leghista… Senza tirare in ballo l'intera seconda parte della Costituzione, che avrebbe necessitato di un’assemblea costituente non di un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Consulta...

Caro amico, ripensaci! Io credo che i Paesi europei guarderebbero con stima un popolo che difende le sue istituzioni da uno stravolgimento dettato da ragioni non intrinseche, ma da piccole occasioni di risparmio e da un accentramento di poteri nell'esecutivo scambiando un'apparente efficienza con una reale mortificazione del Parlamento. 

Antonia Sani fa parte dell'Associazione nazionale per la Scuola della Repubblica

* Immagine di Andrea Di Marzo, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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