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«Episodio preoccupante» e «rivoltante»: lo sdegno del mondo cattolico sui fatti di Gorino

«Episodio preoccupante» e «rivoltante»: lo sdegno del mondo cattolico sui fatti di Gorino

Tratto da: Adista Notizie n° 38 del 05/11/2016

38725 FERRARA-ADISTA. Il prefetto di Ferrara Michele Tortora aveva scelto Gorino, frazione di 6-700 anime del Comune di Goro (Fe), proprio per chiamare ad un gesto di responsabilità anche quella piccola comunità di pescatori sul Delta del Po che ancora non aveva accolto rifugiati. Ma il pullman proveniente da Bologna, che avrebbe dovuto trasferire nella notte del 25 ottobre 12 donne (di cui una incinta) e i loro 8 bambini – in fuga da Nigeria, Nuova Guinea e Costa d’Avorio – nell'ostello Amore-Natura parzialmente requisito dalla prefettura, è stato bloccato dalla rivolta degli abitanti della piccola frazione. In circa 300, quasi la metà dei residenti, sono scesi in piazza per chiudere gli accessi al paese con dei bancali di legno, come atto di estrema “difesa” dall'imminente “invasione” di quei “pericolosissimi” migranti. Di fronte al secco rifiuto di qualsiasi mediazione, la prefettura si è vista costretta al dietrofront, dirottando provvisoriamente le donne e i bambini in altri centri di accoglienza a Comacchio, Fiscaglia e Ferrara. «L’ipotesi di ospitare dei profughi a Gorino non è più in agenda», ha ribadito il prefetto in conferenza stampa. «Ha prevalso la tranquillità dell’ordine pubblico, non potevamo certo manganellare le persone. Questo fenomeno o lo si gestisce insieme con buonsenso oppure non si gestisce». Cantano vittoria gli abitanti di Gorino, che hanno mantenuto il presidio sulle barricate fino al giorno dopo. E cantano vittoria anche tutti quelli che, appena saputo dell'imminente arrivo del pullman, hanno soffiato sul fuoco dell'odio razziale per aizzare gli abitanti del paesino contro 12 donne e 8 bambini. Canterà vittoria anche Matteo Salvini – il leghista non perde mai l'occasione di racimolare consensi cavalcando gli umori della pancia del Paese – che sulla sua pagina Facebook ha prima scritto «io sto con i cittadini di Gorino» e ha poi postato, poche ore dopo, un video raccolto tra i manifestanti i quali, dice, «resistono all'invasione targata Renzi e Pd», ribadendo ancora una volta «io sto con loro!».

Belinda, Faith e Joy, tre delle donne respinte, hanno deciso di raccontare la loro storia in conferenza stampa. La prima è un'infermiera ventiduenne, in fuga dalla Sierra Leone perché il marito era perseguitato politico. La seconda, nigeriana di 20 anni, è scampata miracolosamente a un'incursione di Boko Haram. La terza, infine, nigeriana, ventenne, incinta, è cristiana e perseguitata dalla famiglia animista. Tutte e tre hanno attraversato il Mediterraneo in cerca una vita migliore. Appena giunte alle porte di Gorino, hanno detto le tre ragazze, «non capivamo cosa stava succedendo, non credevamo che non ci volessero, ci siamo rimaste male quando abbiamo capito che la popolazione non ci voleva»; «ci hanno mandate via solo perché non conoscono, non capiscono le nostre storie».

Una donna, un rifugiato, un tassista

All'udienza generale di mercoledì 26 ottobre, papa Francesco ha dedicato la sua catechesi ai migranti, certamente scosso per i fatti di Gorino. Prendendo le mosse dalle parole di Gesù «ero straniero e mi avete accolto» ha poi ricordato che «tutti siamo chiamati ad accogliere i fratelli e le sorelle che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla violenza e da condizioni di vita disumane» senza cadere «nella trappola di rinchiuderci in noi stessi, indifferenti alle necessità dei fratelli e preoccupati solo dei nostri interessi». Il papa ha anche aggiunto un piccolo aneddoto, «una storia piccolina, di città». La vicenda vede come protagonisti una donna (armena di origine), un rifugiato scalzo e un tassista. Il rifugiato si era perso e intendeva raggiungere la Porta Santa di San Pietro; la donna ha preso a cuore quella richiesta e ha chiamato un tassista. Ma «quel rifugiato puzzava e l’autista del taxi quasi non voleva che salisse», cedendo poi alle richieste della signora. Durante il viaggio di dieci minuti il rifugiato ha raccontato la sua vicenda personale commuovendo entrambi. Alla fine del viaggio, il tassista ha detto alla signora, che voleva pagare la corsa: «No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore». All'inizio molte persone rifiutano i migranti, ha detto Francesco, «ma alla fine, la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati».

La rivolta rivoltante

Il parroco di Gorino don Paolo Paccagnella, da 25 anni nella piccola parrocchia del paese, ha chiesto di non giudicare, di cercare di comprendere le ragioni e i timori dei compaesani e di non dipingerli come dei mostri (ilfattoquotidiano.it, 26/10). E intanto ha fatto scandalo la comparsa di un cartello sulla facciata e dentro la chiesa di Gorino con su scritto: «Visto che noi siamo, per voi, infedeli: ma perché non ve ne andate nel vostro califfato di Iraq con il santo Califfo El Bagdadi, il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro che non sono sunniti?». Di tutt'altro tenore invece le parole dell'arcivescovo mons. Luigi Negri, diffuse dall'arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, il quale ha dichiarato di voler incontrare le 12 donne “respinte”. «In queste ore drammatiche – si legge nella nota dell'arcidiocesi – in cui tante città italiane sono chiamate a rispondere all'emergenza umanitaria che ogni giorno si fa più preoccupante, la Chiesa di Ferrara-Comacchio è vicina a coloro, donne e bambini in particolare, che hanno vissuto sul nostro territorio una notte così difficile e ostile, che ripugna alla coscienza cristiana».

Fermo anche l'atto di accusa del quotidiano della Conferenza episcopale italiana: «Sembra difficile che 12 ragazze prive di tutto» potessero seriamente minacciare l'economia locale, scrive Paolo Lambruschi in un editoriale di Avvenire del 26 ottobre. Questa volta, di fronte alle dichiarazioni della piazza, aggiunge l'editorialista del quotidiano dei vescovi italiani, «provare comprensione e dire che il razzismo non c’entra è difficile». Quello di Goro e Gorino è solo l'ultimo esempio di odio xenofobico nel Paese: «È un fatto: dai e dai, l’aria in Italia si sta avvelenando». A distanza di due mesi dal Natale, quando cioè si ricorda quella donna respinta dagli ostelli di allora, aggiunge Lambruschi, occorre ricordare che, «allora, pastori, pescatori, contadini, decisamente molto più poveri di quelli accorsi a fare muro sulla strada per Gorino, aiutarono quella giovane donna e il suo bambino appena nato in una grotta, anche togliendosi il pane di bocca. Erano umani, erano rimasti umani nella loro fatica di vivere. Speriamo che tutta la gente del Delta del Po ritrovi le proprie radici cristiane e solidali, e sappia cancellare in fretta questa macchia davvero rivoltante».

Di «episodio preoccupante» ha parlato mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. Preoccupante perché «avviene in una terra dove la solidarietà era sempre stata un elemento fondamentale», perché «dimostra una cattiva informazione sulle storie e le tragedie di chi sbarca», perché, infine, «dimostra l’incapacità delle istituzioni di preparare una comunità all’accoglienza, continuando ad improvvisare gli arrivi» (Sir, 25/10). Secondo il direttore, «l’aria di chiusura e di “muri” che si respira in altri Paesi europei sta arrivando anche nelle nostre città», e oggi un paese italiano «arriva a non essere in grado di fare un gesto di ospitalità per proteggere donne e bambini in fuga da guerre, disastri ambientali e violenze. La nostra democrazia come la nostra sicurezza non si possono difendere rifiutando il diritto all’ospitalità».

La “normalità” dell'odio

I “respingimenti” spontanei di Gorino, si legge in un comunicato stampa del 25 ottobre diramato dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), rappresentano, un «episodio di ordinaria xenofobia». Secondo il presidente del Cnca don Armando Zappolini questi fatti «confermano un dato che è sempre più evidente: l'ordinarietà, la “normalità” della xenofobia nel nostro Paese. Nei due paesini del Ferrarese si è arrivati alla rivolta, con tanto di barricate, per non accogliere un piccolo gruppo di donne e bambini che difficilmente avrebbero messo in crisi la vita delle due collettività». È evidente, sottolinea, che forze politiche e media abbiano fomentato la protesta, ma «dobbiamo anche riconoscere che stenta a svilupparsi in Italia e in tutta Europa una visione alternativa, rispettosa dell'umanità e dei diritti delle persone migranti, che sia in grado di contrastare derive assai pericolose per la stessa democrazia». «Come prete – è l'amara conclusione – mi auguro davvero che, tra coloro che hanno manifestato a Gorino e Goro, non vi siano cristiani: avrebbero smarrito del tutto il senso più profondo del Vangelo».

Restiamo umani

Dello stesso giorno la nota congiunta di Arci Nazionale, Arci Ferrara e Arci Emilia Romagna. Sono state rifiutate «donne traumatizzate da viaggi pericolosi e povertà assoluta condannate nuovamente “alla deriva”», «donne costrette a vivere una notte in una caserma, dopo un viaggio e violenze terribili, bloccate da cittadini irrispettosi dell’interesse pubblico che ragionano solo secondo la difesa di interessi particolari per diffidenza pregiudiziale». L'Arci non approva il dietrofront della prefettura, ricordando che l'accoglienza è un dovere previsto dalla legge e un gesto di così forte intolleranza è ingiustificato e intollerabile. L'accoglienza, sottolinea l'Arci, non si improvvisa, ma deve risultare dall'impegno e dal raccordo di Enti locali e Terzo settore: «Solo con una valutazione dell’impatto sociale e la promozione della mediazione sociale di soggetti competenti nella comunità che accoglie è possibile non alimentare derive profondamente razziste». Allo stesso tempo, occorre che tutti, società civile e istituzioni, si impegnino maggiormente per «una intensa, decisa e irrinunciabile azione di ripristino della cultura dell’accoglienza». «Restiamo umani», è l'appello dell'Arci, «e chiediamo alla politica di ogni livello territoriale che si pronunci e si attivi per mantenere la rete sociale dove ancora esiste e per ricostruirla dove appare distrutta».

* Foto di Gianpiero Addis, tratta dal sito Flickr, licenzaimmagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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