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Salute, lavoro, sovranità, democrazia: le ragioni del no alla ratifica del CETA

Salute, lavoro, sovranità, democrazia: le ragioni del no alla ratifica del CETA

Tratto da: Adista Notizie n° 43 del 10/12/2016

38778 ROMA-ADISTA. Sono oltre 450 gli organismi europei e canadesi di cooperazione che hanno sottoscritto un appello internazionale contro la ratifica dell'accordo di partenariato CETA (Canada Europe Trade Agreement) – che del TTIP è “fratello minore”, ma non per questo meno pericoloso – per la realizzazione di un'area di libero scambio euro-canadese. Tra gli oltre 450 sottoscrittori, per parte italiana, anche Slow Food, COSPE Onlus, Attac, Campagna Stop TTIP-Italia, CGIL e Fairwatch.

Rivolto ai parlamentari europei, canadesi e italiani, il testo ribadisce ancora una volta la «più profonda preoccupazione» delle Ong in merito ad un accordo pieno di criticità, sottolineate più volte dagli stessi organismi durante i negoziati, ma costantemente ignorate dai protagonisti. «Abbiamo inviato contributi concreti, che avrebbero permesso un cambiamento verso una politica commerciale più trasparente e democratica che avrebbe visto al centro la protezione dell’ambiente e dei diritti fondamentali delle persone», dicono i firmatari. Ma anche queste “correzioni” «non sono state considerate» nell'accordo finale siglato nell'ottobre scorso dalla Commissione Europea e dal governo canadese. 

Difficile che sul CETA gli interessati facciano passi indietro, soprattutto dopo lo stop al Trattato Transatlantico per l'abbattimento delle barriere doganali con gli Stati Uniti, imposto dal no di Francia e Germania e da quello atteso, in un futuro che si presume molto prossimo, anche dalla controparte, guidata oggi da Donald Trump il quale ha sempre fortemente condannato il TTIP. Insomma, in attesa della ratifica di Strasburgo, per gli oppositori del CETA non tira certo una buona aria. L'ultima triste puntata prima del voto, il 23 novembre, ha visto la plenaria del Parlamento Europeo respingere (419 contro 258, 22 astenuti) una mozione di 89 deputati che chiedeva alla Corte di Giustizia Europea un parere sulla legittimità dell'introduzione dell'ICS (Investment Court System), un tribunale speciale privato (previsto anche nel TTIP) per la tutela degli interessi delle multinazionali nelle controversie con gli Stati che mettono in campo iniziative (leggi nazionali e regionali, ordinanze locali, ecc.) magari in difesa dell'ambiente, della salute o dei lavoratori, con un evidente indebolimento della sovranità nazionale e dei diritti per le comunità locali, a tutto favore dei grandi investitori internazionali.

Per questo il pressing delle Ong resta alto, forte di un clamoroso riscontro popolare che conta 3.5 milioni di firme su una petizione internazionale contro TTIP e CETA; numerosissime organizzazioni contadine, ambientaliste, di consumatori, per i diritti umani e sindacati nei due continenti; oltre 2100 governi locali e regionali «dichiarati TTIP e CETA free»; un numero crescente di ricorsi presentati dai governi Ue e canadesi contro l'accordo. Nonostante la grande opposizione di popolo, «il Governo canadese e le istituzioni europee stanno cercando di accelerare la ratifica del CETA» sottraendo la decisione sulle 1600 pagine che compongono l'accordo al dibattito pubblico e anche a quello politico.

Le 450 Ong, nell'appello al mondo politico, rimettono in fila i nodi problematici dell'accordo. Innanzitutto, alla già odiosa capacità delle multinazionali di ricorrere contro i legislatori ed esigere i risarcimenti dei profitti non riscossi a causa delle limitazioni locali non corrisponde un'eguale possibilità per i cittadini e le comunità di appellarsi nel caso in cui le stesse grandi aziende violino leggi sulla salute, il lavoro e la tutela ambientale. Problemi in vista anche sul fronte dei servizi pubblici, sui quali governi ed Enti locali avranno le mani legate, perché «il CETA è il primo accordo europeo che rende la liberalizzazione dei servizi una regola e il legiferare nel pubblico interesse un’eccezione». Che dire poi della “crescita” millantata dai sostenitori dell'accordo? «Uno studio indipendente degli impatti economici del CETA stima che ci sarà una perdita di posti di lavoro in Canada e in Europa, che la crescita economica sarebbe più lenta che non senza accordo e che i guadagni di reddito (relativamente bassi) andrebbero soprattutto ai grandi capitali più che ai lavoratori, con il risultato di una progressiva crescita dell’ineguaglianza». 

In chiusura dell'appello, i firmatari chiedono al Parlamento Europeo, a quello canadese e a quelli nazionali e locali, «di difendere i diritti e gli interessi delle persone che rappresentano contro le minacce poste dalla CETA votando contro la ratifica dell’accordo». «Il CETA è una versione, che guarda al passato e ancor più invadente, della vecchia agenda di libero scambio progettata dalle e per le più grandi multinazionali del mondo. Noi abbiamo bisogno di un cambiamento di paradigma che vada verso una politica commerciale trasparente e inclusiva, fondata sui bisogni delle persone e del nostro pianeta. La ratifica CETA ci porterà molto lontano da questo cambiamento tanto necessario». 

* Foto di Meo Hav. Tratta da Wikimedia Commons. Immagine originale e licenza

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