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Il regno della mediocrità

Il regno della mediocrità

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 07/01/2017

Mi si chiede di scrivere qualche riflessione sul governo Gentiloni, più precisamente sulle sue “prospettive” e lo sguardo si fa confuso, il panorama si annebbia, l’orizzonte si rimpiccolisce… fino a vedere il nulla.

Come è possibile che abbia un futuro un governo fotocopia di un governo dimissionato? Che effetti reali può avere su un corpo sociale gravemente malato una medicina placebo costruita in tutta fretta nei laboratori del marketing politico?

Là dove più che le dinamiche proprie di una autentica Democrazia, vige l’imperativo gestionale della dittatura della “governance” che tutti, stupidamente, reclamano.

Il filosofo canadese Alain Deneault, docente di Scienze politiche all’Università di Montreal, ha recentemente pubblicato un saggio dal titolo: La Mediocratie (Lux Editeur). All’origine della mediocrità c’è – secondo Deneault – la morte stessa della politica, sostituita dalla “governance”. Un successo costruito da Margaret Thatcher negli anni ‘80 e sviluppato via via negli anni successivi fino a oggi. In un sistema caratterizzato dalla governance – sostiene l’autore del libro – l’azione politica è ridotta alla gestione, a ciò che nei manuali di management viene chiamato “problem solving”. Cioè alla ricerca di una soluzione immediata a un problema immediato, cosa che esclude alla base qualsiasi riflessione di lungo termine fondata su principi e su una visione politica discussa e condivisa pubblicamente.

«In un regime di governance – aggiunge Angelo Mincuzzi sul suo blog (19/6/16) – siamo ridotti a piccoli osservatori obbedienti, incatenati a una identica visione del mondo con un’unica prospettiva, quella del liberismo. La governance è in definitiva – sostiene Deneault – una forma di gestione neoliberista dello Stato, caratterizzata dalla deregolamentazione, dalle privatizzazioni dei servizi pubblici e dall’adattamento delle istituzioni ai bisogni delle imprese. Dalla politica siamo scivolati verso un sistema (quello della governance) che tendiamo a confondere con la democrazia».

Da tempi non sospetti, anche dalle pagine di Adista, abbiamo sempre denunciato questa deriva della politica (e anche del sindacato) ridotta a tecnica gestionale dello “status quo”, senza analisi e senza progetti. 

Una politica senza volto, che ha perso la faccia ed è diventata la politica dei volti: Renzi, Gentiloni, Grillo, Salvini, Meloni, Berlusconi e via degradando….

«Al potere senza volto si è andato progressivamente sostituendo il volto senza potere: una politica invasiva che non conta quasi più nulla nelle grandi decisioni planetarie, sempre più in mano ai poteri economici e militari» (Marco Damilano).

Il risultato è che la politica è diventata “fiction” e la “fiction” politica.

Serge Latouche, non a caso, parla ormai di “cosmocrazia”: «La Politica politicante oggi ha poca presa sulle realtà che è necessario cambiare.. Nei migliori dei casi i governanti possono frenare, rallentare, o mitigare dei processi che non controllano... Esiste una cosmocrazia mondiale che svuota la politica della sua sostanza e impone le sue volontà attraverso la “dittatura dei mercati finanziari”'» (Carta 8/2008).

Di “Dittatura del Mercato” parla anche papa Francesco: «Oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della inequità. Questa economia uccide... È una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, di un mercato divinizzato dove regnano speculazione finanziaria, corruzione ramificata, evasione fiscale egoista» (Evangelii Gaudium).

Ecco. La tragedia del mondo di oggi è questa impotenza della politica a governare gli tsunami devastanti di un’economia assassina e senza regole. Noam Chomsky lo dice chiaramente: «Non ha più importanza chi detiene il potere politico, tanto non sono più loro a decidere le cose da fare».

I dati sono terrificanti e le cifre sono di per sé impressionanti. Intorno al 1970, circa il 90% del capitale coinvolto nelle transazioni economiche internazionali veniva utilizzato a scopi commerciali o produttivi e soltanto il 10% a scopi speculativi. Oggi le cifre si sono invertite: nel 1990, il 90% del capitale totale era utilizzato per la speculazione; nel 1994 si era saliti addirittura al 95%. Inoltre l’ammontare globale del capitale speculativo è esploso: l’ultima stima della Banca Mondiale indicava una cifra di circa 14.000 miliardi di dollari. Ciò significa che ci sono 14.000 miliardi di dollari che possono essere liberamente spostati da un’economia nazionale a un’altra: un ammontare enorme, superiore alle risorse di qualsiasi governo nazionale, e che quindi lascia ai governi possibilità estremamente limitate quando si tratta di operare scelte politiche economico-finanziarie.

Di fronte a questo strapotere della finanza speculativa c’è oggi un vuoto assoluto degli organismi internazionali (dall’ONU alla Comunità Europea) che cancella ogni prospettiva di soluzione. Nemmeno a lunga durata. 

* prete di Avezzano

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