Nessun articolo nel carrello

Pubblicato il rapporto MIL€X. La verità sulle spese militari, oltre bugie e propaganda

Pubblicato il rapporto MIL€X. La verità sulle spese militari, oltre bugie e propaganda

Tratto da: Adista Notizie n° 8 del 25/02/2017

38868 ROMA-ADISTA. Anticipato il 23 novembre scorso a Roma, con le prime inquietanti rivelazioni (v. Adista Notizie 42/16), è stato ufficialmente presentato, lo scorso 15 febbraio presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, il rapporto annuale sulle spese militari italiane nel 2017, promosso dall'osservatorio MIL€X – progetto nato nell'estate 2016 grazie ad una campagna di crowdfunding (v. Adista Notizie n. 26/16) – e curato da Francesco Vignarca ed Enrico Piovesana, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo il primo, giornalista esperto di Difesa e di spese militari il secondo.

Il potere delle lobby

Il Rapporto si apre con un grido d'allarme, e tra le righe una denuncia, sui rischi per la democrazia che incorrono quando non si esercita un opportuno controllo della spesa militare e della sua influenza sulla vita istituzionale di un Paese. Alcuni interessi lobbistici (in particolare «il profitto dei produttori di armamenti e il potere dei vertici militari»), che si alimentano con il sovradimensionamento incontrollato della spesa militare e con l'illegittimo spostamento di risorse pubbliche destinate ad altro verso il settore bellico, hanno spesso prevalso sugli interessi di quella stessa collettività che originariamente si proponevano di difendere, minacciando la pace, il benessere, la libertà, la democrazia, e sottraendo ossigeno vitale allo sviluppo del comparto industriale civile. Questi interessi, aggiungono Vignarca e Piovesana, hanno spinto «governi, anche democratici, a scatenare guerre inutili quanto catastrofiche per l’umanità, ma infinitamente profittevoli per l’industria bellica (e per il sistema bancario al quale, in ogni guerra, gli Stati sono costretti a fare ricorso)». I curatori del rapporto parlano di «una lobby militare-industriale, capace di influenzare le decisioni istituzionali, di evitare controlli e avere carta bianca, di innescare una pericolosa distorsione del sistema democratico».

In questi tempi difficili, il comparto militare-industriale si alimenta della paura e della precarietà su scala globale, domandando sempre più risorse e sempre meno controllo per contrastare efficacemente terrorismo, criminalità e – perché no – immigrazione. «Tutte argomentazioni che, se obiettivamente analizzate, risultano non rispondenti alla realtà», perché il terrorismo si contrasta con l'intelligence, le migrazioni con la buona accoglienza e lo sviluppo delle regioni povere, la criminalità con la polizia e non con le truppe d'assalto. In definitiva, «è discutibile che lo Stato investa in spese militari risorse sproporzionate rispetto alle esigenze di sicurezza nazionale e alle stesse capacità gestionali dello strumento militare, per ragioni non pubblicizzabili (profitti dell’industria bellica, privilegi della casta militare, vantaggi elettorali di politici, vincoli internazionali) e che quindi ricorra a false giustificazioni a effetto per ottenere il favore dell’opinione pubblica che, altrimenti, non avrebbe».

L'influenza delle lobby militari-industriali sulla classe politica nazionale si evince anche da un altro dato, che MIL€X affronta in un approfondimento del Rapporto: a fronte del sovrastimato finanziamento della difesa “tradizionale”, sono ancora scarse le risorse destinate alla cyber-difesa, nonostante sia già alle porte un futuro di guerre che saranno combattute non con bombe e carri armati ma con semplici click, capaci ugualmente di mettere in ginocchio un Paese.

Quale “sviluppo”?

La spesa pubblica per il settore militare, evidenzia il Rapporto, non può essere calcolata solo sui dati di cassa del Ministero della Difesa, ma comprende, in quote sempre crescenti, stanziamenti a carico di altri dicasteri, come il Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF), presso cui è istituito un apposito fondo per le missioni estere e al quale si attinge sempre più copiosamente dal “Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili”, dai “Fondi di riserva e speciali” e dai “Fondi da ripartire”; oppure dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), che dovrebbe sostenere la competitività e lo sviluppo delle imprese italiane ma viene in gran parte (oltre 3 miliardi di euro l'anno) destinato a programmi di acquisizione e ammodernamento di armamenti per la Difesa. «La scelta di destinare gran parte dei finanziamenti per le imprese a questo settore, che in Italia conta 112 aziende (12 grandi e cento piccole e medie) per un totale di 50 mila occupati e 15,3 miliardi di fatturato, rischia – denuncia MIL€X – di penalizzare il settore industriale civile e in particolare il comparto delle PMI [Piccole e Medie Imprese], che da solo conta (al netto delle micro-imprese con meno di 10 dipendenti) 137 mila aziende per un totale di 3,9 milioni di occupati e 838 miliardi di fatturato».

45mila euro al minuto

I dati per il 2017 elaborati da MIL€X sono allarmanti: con un aumento dell'1% rispetto al 2016, «l’Italia destina circa 23,3 miliardi di euro alle spese militari – l'1,4% del Prodotto Interno Lordo nazionale – pari a oltre 64 milioni di euro al giorno, 2,7 milioni di euro all’ora, 45mila euro al minuto». A gonfiare le cifre, tra le altre voci, il costo del personale (con la “stortura” tipica del sistema militare italiano che vede una massiccia presenza di “comandanti” a fronte di pochi “comandati”); le missioni estere (1,28 miliardi di euro, in aumento del 7% rispetto al 2016); lo stanziamento di militari nelle città in funzione antiterroristica, nell'ambito dell'operazione “Strade Sicure” (con un aumento del 50% sul 2016); la spesa per armamenti, tanto a carico dalla Difesa (+11% sul 2016) quando del MiSE (+8,9%), che nel 2017 devolve al comparto militare l'86% del suo budget (3,4 miliardi di euro), teoricamente destinato alla competitività e allo sviluppo dell'imprenditoria italiana; infine, «il trasporto aereo di Stato (i cosiddetti “aerei blu”) che da 17,4 milioni del 2016 sale a 25,9 milioni, con un incremento di quasi il 50 per cento». Un'emorragia di risorse quasi totalmente provocata dal contestato acquisto del nuovo Airbus A340 (oltre 23,5 milioni di euro), voluto dall'ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

La difesa... degli interessi

Il rapporto sottolinea che il pesante e ormai strutturale esborso di capitali pubblici verso l'industria bellica non ha spesso nulla a che vedere con le esigenze strategiche della Difesa, ma rappresenta una sorta di sudditanza del sistema politico agli interessi produttivi del comparto militare: «Se la Difesa ordina una quantità di mezzi e sistemi d’arma che risponde a necessità industriali e commerciali private, non a necessità politico-strategiche pubbliche, il risultato sono programmi di acquisizione sovradimensionati (e costosi)». «Quantità eccessive di mezzi che quindi risultano sottoutilizzati se non del tutto inutilizzati e che quindi finiscono inevitabilmente ad arrugginire nei depositi o cannibalizzati per i pezzi di ricambio». Il rapporto passa al setaccio una lunga lista di mezzi e sistemi d'arma acquistati dallo Stato nel corso dei decenni e mai entrati in servizio.

Emblematico, e meritorio di una sezione specifica del volume, il caso dei 131 (poi diventati 90 dopo le polemiche) F-35, i cacciabombardieri prodotti dalla multinazionale Usa Lockheed Martin nell'ambito del mastodontico programma militare Joint Strike Fighter. Il programma, che ha destato grande scandalo nell'opinione pubblica, è stato giudicato, anche da fonti militari, sproporzionato, inutile (per sostituire i velivoli obsoleti era già in piedi un altro programma di acquisto di 121 Eurofighter Typhoon) e dannoso (difetti di progettazione, problemi tecnici ed eccessiva manutenzione che renderebbero addirittura gli F-35 inutilizzabili in missione). Ed è stato accompagnato da una lunga scia di “bugie istituzionali”, sulle reali necessità strategiche, sulla qualità del prodotto, sui suoi costi effettivi, sulle ricadute positive del programma in termini occupazionali e industriali, ecc., che hanno evidenziato ancora una volta il netto conflitto tra interessi pubblici e lobbistici, nonché la sudditanza della classe dirigente italiana agli interessi del partner d'oltreoceano.

La verità oltre le bugie

Il «preciso movente» del rapporto, afferma Mao Valpiana (fondatore e presidente del Movimento Nonviolento) nella postfazione, è la «ricerca della verità. La verità su quanto ci costano, cosa servono, chi ci guadagna e chi ci perde, cosa ne facciamo delle armi e di tutto ciò che costituisce la difesa militare del nostro Paese. Togliere il velo di opacità, di omertà, smascherare la propaganda, facilitare la conoscenza dei fatti e delle scelte politiche, rompere il silenzio che sempre ha circondato il mondo militare del nostro Paese: questo è il compito che l'Osservatorio si è prefisso».

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.