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Tap, un progetto fumoso e pericoloso

Tap, un progetto fumoso e pericoloso

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 15/04/2017
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Tap

Si chiama TAP (Trans-Adriatic Pipeline) ed è un progetto volto alla costruzione di un nuovo gasdotto che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia, nella provincia di Lecce, permettendo l'afflusso di gas naturale proveniente da un altro gasdotto che parte dall'area del Mar Caspio (Azerbaigian). Sarà lungo 870 km circa, di cui 104 km offshore nel Mar Adriatico, e circa 60 sul suolo italiano da San Foca (Lecce) a Mesagne (rete Snam). Non è gas che servirà al fabbisogno italiano, che è già abbondantemente coperto dall’attuale rete, ma a quello dei Paesi a nord dell’Italia (anche se la parte italiana del gasdotto, 60 km, per accordi tra i governi, sarà a carico della fiscalità italiana).

Lasciamo per ora perdere, anche se importanti, i dati contenuti nell’inchiesta pubblicata dall’Espresso il 2 aprile 2017, circa la natura non completamente trasparente della società e della gestione del gasdotto, tanto che il settimanale arriva a definirlo “mafiodotto”; lasciamo anche perdere l’incredibile presa di posizione del Governo nazionale, che soprattutto con due ministri (Calenda e Galletti) che fanno il tifo per quest’opera senza neppure prendere in considerazione le implicazioni sociali e politiche. È interessante qui analizzare quali sono le ragioni che rendono auspicabile la realizzazione di questo impianto e quali invece le ragioni ostative.

Cominciamo dalle prime, che sono veramente poche, ancorché immediatamente intuibili: questo gas dovrebbe servire per aumentare l’autonomia energetica europea dalla Russia; questo gasdotto, inoltre, metterebbe in movimento importanti capitali che fanno gola alle imprese di edilizia italiane, ai tecnici, all’indotto. Tutto qui.

Passiamo invece alle ragioni ostative. Innanzitutto questa è un’opera nata nelle stanze riservate delle multinazionali e dei governi; le comunità locali sono state del tutto escluse da ogni valutazione o contributo, e quando sono state informate era solo perché dovevano prendere atto del “la volete o no, si deve fare”. Il Progetto di TAP è teoricamente valido (ci sono praticamente quasi tutte le carte, come ha ribadito il Consiglio di Stato, e come ripetono i due ministri), ma è decisamente fumoso soprattutto sulle variabili che più stanno a cuore a chi vive nel territorio interessato, il Salento. È carente dal punto di vista geologico, in quanto l’area interessata alla penetrazione del cosiddetto “microtunnel” è instabile dal punto di vista geologico (“vere e proprie sabbie mobili”); sempre in questa parte inziale il “microtunnel” attraversa sotto terra un territorio votato al turismo (unica fonte di reddito di quel territorio) e rende di fatto impraticabili spiagge caraibiche e il tratto di mare antistante (vietata anche la pesca); il progetto prevede l’espianto di 11mila alberi di ulivo, molti dei quali secolari e quindi patrimonio protetto; in un’area di 12 ettari che sta in mezzo a tre paesi (Melendugno, Calimera, Vernole) con più di 25mila abitanti sarà collocata una centrale di pressurizzazione che emetterà evidentemente tutti i giorni (e tutte le notti) polveri sottili e scorie: peccato però che quell’area è già area cluster per i tumori ai polmoni e le autorità sanitarie la tengono sotto osservazione perché in molti giorni all’anno vengono superati i limiti di allarme sanitario. Di tutti questi aspetti, e tanti altri, non c’è traccia nelle procedure autorizzative, per cui la Comunità locale, con 94 sindaci in testa, ha deciso di opporsi, non per antipatia verso TAP, ma per il “principio di precauzione”.

E qui veniamo all’ultima questione. Un progetto così importante, ma anche così fumoso, che ha allarmato fortemente la comunità locale tutta del Salento, può essere imposto con la forza dello Stato? Perché, questo in realtà è accaduto: per permettere i lavori iniziali sono stati inviati direttamente, su ordine del ministero, 300 uomini delle forze dell’ordine, che hanno caricato cittadini a mani nude, giovani, anziani, ciechi, donne, sindaci, consiglieri regionali e parlamentari. Questa è un’altra storia, che però deve fare scattare un allarme, non più economico e di salute e di sicurezza, ma democratico. E ci sembra veramente troppo. L’Italia lo ha capito. Il Governo lo capirà? 

* Luigi Russo, Forum Terzo Settore, giornalista, Lecce

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