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Adista, 50 anni fra... Alle radici del futuro. Memoria, storia, vita. ADISTA NELLA CAMPAGNA CONTRO GLI EUROMISSILI

Adista, 50 anni fra... Alle radici del futuro. Memoria, storia, vita. ADISTA NELLA CAMPAGNA CONTRO GLI EUROMISSILI

Tratto da: Adista Notizie n° 22 del 17/06/2017


«Il tempo, infatti, voi non l’afferrate né lo trattenete, o riuscite a far sostare quella che è la realtà  più veloce di tutte, ma lasciate che se ne vada come cosa superflua e che si possa riavere». Lo scrive Seneca, nel De brevitate vitae. Il tempo trascorre, e con esso perdiamo ogni giorno qualcosa di noi. Ma l’essere umano ha la memoria, per ricordare, elaborare, dare senso a ciò che è e ciò che fa. E ha la storia, che sola è capace di ricostruire quel filo rosso che lega assieme avvenimenti e persone; popoli e classi, culture e civiltà; tempi e luoghi lontani; che racconta di vittorie che parevano inimmaginabili e tragiche sconfitte; che celebra i vincitori ma rende al contempo onore ai vinti che hanno combattuto la giusta battaglia. 

Dentro questa Storia, con la S maiuscola, c’è anche la storia, rigorosamente minuscola, di Adista, che quest’anno compie 50 anni e che tanti altri intende ancora compierne. Attraverso questo quarto inserto e gli altri che seguiranno, sino al fatidico mese di novembre, non vogliamo però celebrare noi stessi, esercizio narcisistico che troppe volte caratterizza il contesto atomizzato ed individualistico del nostro vivere presente. Raccontando Adista vogliamo piuttosto ripercorrere con voi che ci avete accompagnato e sostenuto in questi anni le tappe fondamentali attraverso le quali si è evoluta la società italiana e con essa la coscienza ecclesiale e politica di questo Paese, e non solo di esso. Affinché tutti recuperiamo dal nostro passato, dalle nostre lotte, da quelle dei nostri padri, il senso stesso del nostro stare al mondo. Da trasmettere, tramite informazioni, documenti e riflessioni, a chi verrà dopo di noi, per continuare quel lungo cammino di emancipazione e di liberazione che – ostinatamente – noi continuiamo a credere sia La Storia. (valerio gigante) 

 

La campagna contro l’istallazione degli euromissili presso l’aeroporto “Magliocco” di Comiso (Ragusa) ha rappresentato uno spartiacque nella storia dei movimenti. Non si è trattato solamente del battesimo dei nuovi movimenti per la pace, ma di un vero e proprio laboratorio di pratiche che sono giunte a maturazione nel nuovo millennio. Adista è stata parte integrante di un network che alla metà degli anni Ottanta ha visto la bandiera della pace e del disarmo trovare consensi in diverse culture politiche di opposizione. La sociologa Donatella Della Porta ha parlato di un primo «movimento di movimenti» caratterizzato da un approccio pragmatico e meno ideologico, per esempio, delle proteste per il Vietnam; di una campagna comune, ma attraversata con portati diversi sia a livello ideale sia nelle forme di lotte: rifiuto delle violenza, azione diretta, e disobbedienza civile. La presenza dei cristiani di base è stata centrale nel dibattito interno al movimento sulle ragioni della non-violenza e della guerra “senza se e senza”. Attraverso gli articoli, gli appelli e i comunicati pubblicati sull’agenda è possibile ripercorrere i momenti salienti di una vertenza durata circa cinque anni, conclusa con il fallimento dell’istanza di partenza, ma che ha lasciato un segno indelebile nella storia italiana.

Punto di partenza è stata la decisione del governo di Francesco Cossiga di aderire al progetto di riarmo promosso dalla Nato nel dicembre 1979. Dopo che nel 1972 era stato siglato il primo accordo per la limitazione degli armamenti strategici (SALT), il 1975 era stato l’anno della Conferenza di Helsinki, uno di picchi più alti della cosiddetta “distensione”. Pochi immaginavano che, quattro anni dopo, il mondo sarebbe precipitato in una nuova stagione di tensione con l’invasione sovietica dell’Afghanistan e la decisione della Nato, da una parte, e dell’Unione Sovietica, dall’altra, di rafforzare il proprio armamentario missilistico. La scelta assunta dall’Alleanza fu presentata come una dual track decision: al dispiegamento in Europa occidentale di 108 missili Pershing II e 464 missili da crociera (cruise) Bgm-109G Gryphon doveva corrispondere l’avvio delle trattative. Consolidata una posizione di forza attraverso il programma di riarmo, l’Alleanza avrebbe offerto di rinunciarvi se il Patto di Varsavia avesse smantellato gli analoghi Rsd-10 Pioneer. Nonostante i numerosi appelli alla pace del presidente della Repubblica Sandro Pertini, la decisione – definita «riprovevole» da mons. Luigi Bettazzi, allora presidente nazionale e internazionale di Pax Christi (v. Adista, n. 81, 13/12/1979) – veniva ratificata dalla Camera con l’opposizione del Pci. Il 1980 fu l’anno delle più grandi manifestazioni di piazza contro l’atomica dall’inizio del dopoguerra (Amsterdam, Bonn, Bruxelles, Londra e Copenaghen). Per quanto riguarda la componente cristiana, già nel novembre 1979 Adista pubblicava un appello al governo italiano firmato da Acli, Agesci, Movimento dei Focolarini, Azione cattolica, Pax Christi e Manitese, in cui si chiedeva al Parlamento di «uscire dalla spirale del potere distruttivo» e di evitare di arrivare all'anno 2000 «aggrappati ad un missile» (v. Adista, n. 71 del 08/11/1979). Da parte loro, il 9 dicembre le Comunità di Base riunite a convegno a Napoli inviavano un messaggio di adesione alla marcia contro l'installazione dei missili (v. Adista, n. 82, 17/12/1979). Negli stessi mesi uscivano su Avvenire due lettere di analogo tenore sottoscritte anche da Comunione e Liberazione: un segnale in controtendenza rispetto alle dinamiche del periodo e simbolico di un’unità sulla pace in sintonia con le parole d’ordine di Giovanni Paolo II (v. Adista, n. 78, 03/12/1979).

A questo proposito, occorre tenere presente che, a differenza di quella del suo predecessore, nella pastorale di Wojtyla l’elemento “profetico” era presente e ben marcato, ma non del tutto scevro dai condizionamenti della tradizione e della politica. Si spiega così la natura dei suoi appelli nei primi anni Ottanta, divisi tra il “segno”, ovvero il rifiuto della guerra e del riarmo (si veda il messaggio per la Giornata della pace del 1980, il discorso pronunciato davanti al “Peace Memorial” di Hiroshima del 1981), e la politica, ovvero l’opposizione all’Unione Sovietica e il sostegno al blocco occidentale e alla deterrenza come tappa sulla via di un disarmo progressivo. La stessa dicotomia attraversava ovviamente il mondo cattolico e minava, ancora una volta, i rapporti con la Cei e la Democrazia cristiana. Al contrario di quanto sarebbe accaduto in altri Paesi, la Chiesa italiana aveva deciso di non prendere pubblicamente posizione sulla questione dei missili preferendo limitarsi a fare da ripetitore degli interventi del papa. Questa posizione si può spiegare alla luce delle problematiche legate alla vicenda: dalla presenza della sinistra nel movimento, alle critiche che venivano alla dottrina cattolica sulla guerra e a quella più recente sulla deterrenza. A pesare fu però soprattutto il problema politico, quello dei rapporti del movimento della pace con la Dc. Come si è detto, contro la politica del “realismo” stava prendendo forma un fronte cattolico pacifista “di base” più ampio di quello degli anni del Vietnam, trasversale alle diverse anime della Chiesa e in sintonia con le parole d’ordine del Pci, il primo a scendere in piazza già nel febbraio 1980 dietro alla slogan “prima di tutto la pace”. Tale sintonia si rafforzò nel corso del biennio 1980-1981 quando le più importanti città italiane furono attraversate da imponenti cortei contro la decisione del governo di Giovanni Spadolini, il primo della formula del “pentapartito”, di fare di Comiso l’arsenale atomico italiano.

Censite a campione da Adista, le manifestazioni dei primi mesi del 1980, dietro alle quali operavano circa seicento comitati pacifisti sparsi per l’Italia, erano interpretate da Raniero La Valle, direttore della rivista Bozze, come la reazione a una crisi dai contorni epocali. Tra i cortei più numerosi – «con la partecipazione di organizzazioni e di movimenti cattolici di base, delle federazioni giovanili (e non) dei partiti di sinistra, dei radicali e dei repubblicani, dei movimenti femminili, dei sindacati e dei consigli di fabbrica» – l’agenzia menzionava quelli di Torino, Potenza, Reggio Emilia e Siracusa. (v. Adista, n. 2, 14 gennaio 1980). Tornando alla valutazione di La Valle, questa era condivisa da ampi settori del mondo cattolico: lo testimonia una serie di dichiarazioni pubbliche rilasciate dopo il via libera del governo nell’agosto 1981. In un’intervista al quotidiano Paese sera Balducci aveva rilanciato l’appello del senatore della Sinistra Indipendente Mario Gozzini a una «obiezione di coscienza collettiva»; la presidenza nazionale delle Acli aveva diffuso una nota di preoccupazione per il rischio di una possibile guerra atomica; la rete nazionale delle Comunità di Base si era detta a disposizione del movimento pacifista e al meeting di Rimini i giovani di Cl avevano ribadito la loro contrarietà alla decisione del governo italiano (v. Adista, n. 53, 01/11/1981). A queste testimonianze si può aggiungere l’appello per l’organizzazione della marcia del 24 ottobre 1981 lanciato da esponenti di primo piano del Pci (Tom Benetollo, Lucio Lombardo Radice) e dalla rivista Com-Nuovi Tempi. Tra i firmatari: Pax Christi, Movimento cristiano della pace, Arci, Lega per il disarmo nucleare, Comitato nazionale per il controllo delle scelte energetiche, Movimento non-violento Federazione giovanile comunista, Partito radicale, Pdup, Democrazia proletaria (v. Adista, n. 58, 24/09/1981, e n. 66, 22/10/1981).

Le correnti cattoliche che avevano aderito alla grande manifestazione di Roma (circa 500 mila partecipanti) – da cui sarebbe nato il “Comitato 24 ottobre” presso la sede di Com-Nuovi Tempi – erano quindi parte, a loro volta, di un insieme più ampio. Avevano trovato nella “profezia” della pace – contrapposta tanto alla diplomazia vaticana tradizionale, quanto alle concezione della guerra anti-imperialista o di classe – e nello sforzo per evitare l’apocalisse atomica un obiettivo comune reso ancora più urgente dalla notizia dell’ok del presidente Usa Ronald Reagan alla costruzione della bomba al neutrone (v. Adista, n. 53, 01/09/1981). Come si dirà meglio più avanti, è significativo notare la distanza tra queste posizioni e quella della Cei, e soprattutto della Conferenza episcopale siciliana. Intanto, montava la mobilitazione a Comiso con i primi cortei locali, la dichiarazione delle “zone denuclearizzate”, l’arrivo del monaco buddista Jinyu Morishita e di numerosi militanti stranieri; la nascita dell’International Peace Camp, del campo femminista “La Ragnatela”, di “Verde Vigna” dei nonviolenti e di quello degli ecologisti dell’International Meeting Against Cruise. Proseguivano anche i sabotaggi dei lavori della base con i primi scontri con la polizia. Ma come coinvolgere nella campagna l’intera Chiesa italiana?

A questa e altre domande sulla natura del pacifismo si proponeva di rispondere il convegno di Testimonianze del novembre 1981, dal titolo emblematico: “Se vuoi la pace, prepara la pace”. Erano presenti, tra gli agli, il valdese Valdo Spini, vice-segretario del Psi, Lombardo Radice, Livio Labor, il teologo Italo Mancini, Rossana Rossanda del manifesto e Pietro Pinna. Nella stessa direzione si sarebbe mosso anche il convegno di Ragusa (“Invece dei missili”) organizzato dalla rivista Bozze. Di questo secondo incontro di maggio, celebrato a un mese di distanza dal primo grande corteo contro la base, va registrato, innanzitutto, il successo ottenuto negli organi di stampa dell’epoca della decisione dei convegnisti di inviare un messaggio a tutti i vescovi di Sicilia (v. Adista, n. 32, 03/05/1982, n. 36, 20/05/1982). Tensioni con la Chiesa locale si sarebbero verificate anche alla fine del convegno, a causa del pellegrinaggio davanti al cancello centrale dell'aeroporto Magliocco, dove si sarebbe svolta una veglia per la pace introdotta dalla “Salmodia della penitenza” di David Maria Turoldo. Non meno dibattute saranno la proposta di attivare un referendum popolare, avanzata al Senato il 18 novembre 1982 per iniziativa dei senatori della Sinistra Indipendente (v. Adista, n. 79, 22/11/1982), e la bozza della lettera pastorale dei vescovi americani, “La sfida della pace”.

Il 1983 ha segnato l’apice del movimento contro i missili e l’inizio della sua crisi. Per quanto riguarda l’anima cattolica, il colpo di Stato in Polonia contro Solidarno?? del dicembre 1981 aveva già contribuito a rianimare le tensioni con i comunisti ridando fiato ai critici dell’unità pacifista. In più occasioni il papa aveva biasimato «le strumentalizzazioni di parte» a cui andava soggetto un certo pacifismo: un invito al “realismo” condiviso dall’assemblea plenaria della Cei. Se a questi eventi si aggiungono la stasi delle trattative di Ginevra tra Yuri Andropov e Reagan, il fallimento della raccolta di firme e gli scontri con le forze dell’ordine nel luglio-agosto e poi di nuovo (e più duramente) nel mese di settembre, si comprende come esistessero tutte le condizioni per rompere l’alleanza per la pace. A farsene carico fu Cl, prima utilizzando i fatti polacchi come elemento divisivo, poi denunciando le proteste del Pci contro decisione del governo di Bettino Craxi di completare entro l’anno il processo di installazione. Il momento della rottura fu il 22 ottobre, la giornata mondiale per la pace indetta dall’Onu e della più imponente delle manifestazioni contro i missili con oltre mezzo milione di persone a Roma, ma disertata dai radicali di Francesco Rutelli, dalla Cisl e appunto da Cl (v. Adista, n. 70, 20/10/1983). Pochi giorni dopo, quest’ultima scendeva in piazza a Milano insieme al Movimento popolare e a numerosi esponenti della Dc dietro lo slogan “L’altra faccia della pace”. (v. Adista, n. 74, 03/11/1983). In dicembre scoppiava un polverone attorno alle decisioni del vescovo di Ragusa, mons. Angelo Rizzo, di dissociare la diocesi dalla manifestazione Milano-Comiso e, soprattutto, di benedire la prima pietra dell’erigenda chiesa della base (v Adista”, n. 1, 02/01/1984, n. 3, 12/01/1984). Adista ricordava ai lettori come posizioni diverse e apertamente vicine alla causa pacifista fossero state espresse invece dal card. Carlo Maria Martini di Milano e da mons. Antonio Bello, vescovo di Molfetta in sintonia con le dichiarazioni degli episcopati belga, giapponese e francese.

Tornando alla mobilitazione generale, dopo gli scontri dell’estate, condannati duramente dal presidente Craxi, che aveva parlato di infiltrazioni terroristiche nella protesta, erano arrivati a Comiso i primi mezzi per il trasporto dei missili e nella base di Sigonella alcuni esemplari di Cruise. Tra il 14 e il 16 novembre il Parlamento italiano discuteva e approvava la decisione di procedere con l’installazione: sebbene montasse nuovamente la protesta della sinistra, la battaglia poteva dirsi persa. Dopo l’ultima importante manifestazione pacifista contro Reagan nell’ottobre 1985, si scioglieva ufficialmente il Coordinamento nazionale dei comitati per la pace (ex comitato 24 ottobre). Sarebbe interessante entrare maggiorante nel dettaglio di questo ultimo biennio di mobilitazione e, soprattutto, di repressione da parte delle forze dell’ordine. Volendo tirare una prima (e sommaria) conclusione, si può sostenere che la mobilitazione di Comiso, seguita passo dopo passo dal collettivo di Adista, ha rappresentato un passaggio fondamentale per i cristiani di base e per tutto il movimento pacifista, in cui determinate parole d’ordine e pratiche hanno acquistato per la prima volta un ruolo di primo piano: per i cristiani non bastava più proclamarsi a favore della pace, ma bisognava tradurre tali dichiarazioni nella prassi, per tutti gli altri la vera sfida posta dai gruppi del cattolicesimo di base consisteva nel rifiutare alla radice la natura violenta della politica. La campagna contro gli euromissili può essere considerata dunque come un importante laboratorio teorico sulla pace dopo il “riflusso” dei movimenti degli anni Settanta e negli anni della genesi di nuovi filoni di pensiero radicale (da quello ecologista a quello antinuclearista). Una campagna perdente, ma che influenzerà in maniera significativa la cultura e le pratiche della sinistra e dei movimenti degli anni Novanta e Duemila: dalla mobilitazione contro la guerra del Golfo ai No global, al movimento per la pace “senza se e senza ma” del 2003.

* Foto di  www.terrelibere.org tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

 

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