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Lettera ai cardinali

Lettera ai cardinali "dubbiosi". Il divorzio è sempre un peccato?

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 22/07/2017

Alle Loro Eminenze, i cardinali Carlo Caffarra, Walter Brandmüller, Raymond L. Burke e Joachim Meisner (quest’ultimo deceduto il 5 luglio scorso, v. Adista Notizie n. 26/17, ndr).

Non sono un teologo, ma solo un vecchio giudice che per tutta la sua lunga vita (ho 93 anni) ha cercato di fare giustizia fra avversi contendenti ed ha acquisito una somma di esperienze sulla vita delle persone. 

Ho letto le Loro obiezioni alla Amoris laetitia e mi stupisce il fatto che le Loro Eminenze non abbiano letto e meditato gli ultimi atti della Tradizione della Chiesa ed in particolare i documenti del Concilio Vaticano II e gli atti del Sinodo sulla famiglia (di cui Amoris laetitia riassume i risultati) nei quali è chiaramente contenuta la risposta che Loro chiedono. 

Il Concilio infatti ha fatto piazza pulita di tutti i pseudo-matrimoni che infestavano la Chiesa; ha dichiarato che i matrimoni che aspirano alla qualità di “sacramento” non sono quelli stipulati per interessi economici, per erotismo, per temporanea infatuazione, ad pompam, ecc. e ha dichiarato che il matrimonio dei cristiani deve essere fondato sull’amore reciproco, amore che investe tutta la “persona” degli sposi e deve avere caratteri di verità, di lealtà, di fedeltà, che importa la reciproca e definitiva donazione delle due persone, corpo, intelligenza, carattere, ecc. 

Per tali matrimoni l’indissolubilità è intrinseca e non v’è bisogno di ricorrere alla pretesa (impossibile per ogni coppia umana) di significare l’amore di Cristo per la Chiesa. 

Per contro, il ricorso al divorzio significa che quel matrimonio era mera apparenza, era un nulla per la Chiesa e tanto meno un sacramento. Il matrimonio apparente avrà pure i suoi effetti civili fra la stipulazione ed il divorzio, ma è inesistente per la Chiesa. 

Qui subentra il dovere di “discernimento”, perché il divorzio non sempre è consensuale, ma è spesso voluto da uno solo dei coniugi che costringe l’altro ad accettare una situazione del tutto simile alla vedovanza. Il divorzio, che è un atto umano ben situato nel tempo, elimina gli effetti propri del matrimonio civile dal momento della sua operatività; in campo religioso, invece, il divorzio elimina ab imis il carattere sacramentale del matrimonio, perché dimostra nel modo più palese che il presunto amore degli sposi, ancorché allegato al momento della celebrazione, non aveva il requisito fondamentale della fedeltà per aspirare alla dignità sacramentale.

Il divorzio, che è un atto umano momentaneo, ma ha effetti permanenti, è sempre un “peccato”? Lo è se ricorrono tutte le condizioni (piena conoscenza, libertà di decidere, ecc.) e se è peccato può essere oggetto di perdono? Certamente, come può essere perdonato l’omicidio che è esso pure un atto umano con effetti permanenti.

Secondo punto: ammissibilità dei divorziati risposati (ma io direi, di tutti i peccatori non pentiti) all’Eucarestia. Si tratta di un falso problema: invero, la liturgia eucaristica premette all’inizio della cerimonia una assoluzione generale anche per peccati commessi per gravissima colpa. Questa assoluzione non è un flatus vocis, ma una manifestazione della volontà divina che purifica i battezzati per renderli degni di invocare lo Spirito affinché renda presente nell’assemblea sacerdotale Gesù con il suo corpo e il suo sangue e di partecipare alla Santa Cena. 

* già presidente di Corte d’Appello e membro di Gruppi di Spiritualità Familiare

 

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