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Adista, cinquant'anni fra... Alle radici del futuro. Memoria, Storia, Vita. Adista, le questioni etiche, la fine del ruinismo

Adista, cinquant'anni fra... Alle radici del futuro. Memoria, Storia, Vita. Adista, le questioni etiche, la fine del ruinismo

Tratto da: Adista Notizie n° 36 del 21/10/2017

«Il tempo, infatti, voi non l’afferrate né lo trattenete, o riuscite a far sostare quella che è la realtà più veloce di tutte, ma lasciate che se ne vada come cosa superflua e che si possa riavere». Lo scrive Seneca, nel De brevitate vitae. Il tempo trascorre, e con esso perdiamo ogni giorno qualcosa di noi. Ma l’essere umano ha la memoria, per ricordare, elaborare, dare senso a ciò che è e ciò che fa. E ha la storia, che sola è capace di ricostruire quel filo rosso che lega assieme avvenimenti e persone; popoli e classi, culture e civiltà; tempi e luoghi lontani; che racconta di vittorie che parevano inimmaginabili e tragiche sconfitte; che celebra i vincitori ma rende al contempo onore ai vinti che hanno combattuto la giusta battaglia. 

Dentro questa Storia, con la S maiuscola, c’è anche la storia, rigorosamente minuscola, di Adista, che quest’anno compie 50 anni e che tanti altri intende ancora compierne. Attraverso questo ulteriore inserto di quattro pagine e il prossimo, che sarà l’ultimo della serie, non vogliamo però celebrare noi stessi, esercizio narcisistico che troppe volte caratterizza il contesto atomizzato ed individualistico del nostro vivere presente. Raccontando Adista vogliamo piuttosto ripercorrere con voi che ci avete accompagnato e sostenuto in questi anni le tappe fondamentali attraverso le quali si è evoluta la società italiana e con essa la coscienza ecclesiale e politica di questo Paese, e non solo di esso. Affinché tutti recuperiamo dal nostro passato, dalle nostre lotte, da quelle dei nostri padri, il senso stesso del nostro stare al mondo. Da trasmettere, tramite informazioni, documenti e riflessioni, a chi verrà dopo di noi, per continuare quel lungo cammino di emancipazione e di liberazione che – ostinatamente – noi continuiamo a credere sia la Storia.

Adista, le questioni etiche, la fine del ruinismo

Le drammatiche vicende di Piergiorgio Welby e Eluana Englaro hanno segnato una pagina decisiva nella storia recente della Chiesa italiana. Adista non ha solamente registrato la frattura generatasi nel pieno della stagione ruiniana, ma è stata, ancora una volta, un voce protagonista del dibattito e dell’opposizione. Nell’ultimo dei nostri excursus nella storia della rivista avevano affrontato la cosiddetta “svolta di Loreto” che avrebbe aperto le porte al governo della Cei del card. Ruini, nel 1986 come segretario e dal 1991 al 2007 come presidente. La ricostruzione può riprendere il suo corso con l’anno 2005, quando gli italiani furono chiamati alle urne per il referendum promosso dai Radicali per abrogare la legge 40 del febbraio 2004 recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. Questa legge, varata sotto il secondo governo Berlusconi, poneva una serie di limiti alla procreazione assistita, che hanno formato oggetto di diverse sentenze di incostituzionalità. Per quanto riguarda Adista, la vicenda ha assunto da subito i tratti di un’importante battaglia di laicità che sarebbe proseguita, tra le altre, sulle questioni del fine-vita e delle “unioni di fatto” (etero e omosessuali), e che il nostro settimanale ha portato avanti insieme a numerosi esponenti del cattolicesimo di base.

Veniamo ai fatti. Nel marzo 2005, alla vigilia della consultazione, il cardinale presidente faceva sentire la sua voce invitando i cattolici ad astenersi per fare mancare il quorum al referendum abrogativo della Legge 40. Tra le reazioni contrarie dei partiti (Ds e Radicali) e nell’opinione pubblica rientra l’appello che Adista diffondeva in aprile «per il rispetto della sacralità della coscienza» (v. Adista Notizie, n. 38/05). La rivista dava poi spazio a tutte le voci contrarie all’astensione in un mondo cattolico sempre più disciplinato dalla politica della Cei: quella dei Beati i costruttori di pace, per esempio, che lanciavano un appello contro lo slogan del manifesto con cui il Comitato "Scienza & Vita" stava tappezzando i muri di tutt'Italia, «la vita non si può mettere ai voti» (v. Adista Notizie, n. 41/05); e poi la voce di don Andrea Gallo alla tribuna politica referendaria su Rai3, che gli sarebbe costata la reprimenda della diocesi di Genova. Don Gallo aveva preso parte alla tribuna 'ospitato' dalla Lista Pannella, che aveva ceduto il suo spazio ai firmatari del suddetto appello di Adista, sottoscritto da oltre mille tra sacerdoti, suore, religiosi e laici cattolici. In trasmissione, don Gallo aveva rivendicato la libertà di coscienza dei cattolici contro le imposizioni provenienti dalla Cei, senza entrare nel merito dei singoli quesiti e senza fornire alcun suggerimento di voto. Opinione interpretata dall'arcivescovo di Genova come «disobbedienza al Magistero della Chiesa» (v. Adista Notizie n. 43/05). Arrivato il momento della consultazione, questi sforzi non si sarebbero rivelati però sufficienti per raggiungere il quorum, con un’affluenza attestatasi solamente al 25,9%. Vittoria dunque dei teo-con in salsa italiana? Non secondo Adista, che opportunamente riportava le analisi di Salvatore Vassallo, vicedirettore dell'Istituto Cattaneo, in un incontro organizzato dall'associazione "Dialogando" (v. Adista Notizie n. 53/05). A votare erano andati, in sostanza, «più o meno tutti quelli che ci si poteva aspettare», senza un allargamento significativo dell’area del non-voto come auspicato dal Comitato Scienza&Vita. Restava il fatto che la campagna referendaria non aveva sfondato, complici anche le indicazioni contrastanti dei partiti del centro-sinistra, e che, giocando su uno scarso senso civico diffuso, Ruini aveva portato a casa il suo più grande successo.

Facciamo ora un ulteriore salto di un anno e arriviamo al settembre 2006, quando Piergiorgio Welby – attivista e giornalista, affetto da distrofia muscolare e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni – inviava una lettera toccante al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiedendo il riconoscimento dell’eutanasia. Si apriva un dibattito che avrebbe infiammato la società italiana fino al giorno della morte di Welby, il 20 dicembre, arrivata per la sospensione del sostegno respiratorio. Tramite Adista è possibile seguire l’evoluzione della vicenda e delle discussioni che l’accompagnarono. Il 5 dicembre Barbara Pollastrini, ministro per i Diritti e le Pari Opportunità del governo Prodi, chiedeva «rispetto, comprensione e pietà» nei confronti di Welby. Il ministro della Sanità Livia Turco auspicava un intervento del Consiglio superiore di sanità che chiarisse se nel trattamento medico a cui era sottoposto Welby fosse ravvisabile accanimento terapeutico. Il Consiglio esprimeva un parere negativo, mentre il Tribunale di Roma respingeva la richiesta dei legali di Welby dichiarandola “inammissibile”, per via del vuoto legislativo in materia. Intanto, la commissione Sanità del Senato, presieduta da Ignazio Marino, avviava le audizioni in vista dell’elaborazione di un testo di legge da portare in aula per la discussione entro il marzo del 2007. Come riferiva Adista (n. 69, 07/10/2006), a rendere complicata la situazione era il caos dei ddl in discussione, inconciliabili tra loro (da quello dei Radicali al ddl presentato da Paola Binetti dell’area cattolica della Margherita). Per quanto riguarda le reazioni assunte dalla Chiesa italiana, Valerio Gigante parlava dell’eutanasia come della “linea del Piave” della Cei: «La gerarchia, attraverso i media ufficiali, sull'argomento ha espresso giudizi tranchant e chiuso ogni possibilità di interlocuzione con il pensiero laico. Del resto, come ha detto il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, card. Raffaele Renato Martino, «L'Italia è la terra della vita e non della morte», e la dottrina tradizionale della Chiesa, cioè «la difesa della vita dal suo concepimento fino alla morte naturale» è un confine che la Chiesa ritiene non oltrepassabile (v.Adista Notizie n. 60/06). Gigante riferiva anche dell’intransigenza assunta su questa posizione da Avvenire, mentre completamente diverse nei toni e nei contenuti erano le posizioni dei rappresentanti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. Affermava Gianni Long: «Come cristiani che credono nel dono divino della vita avvertiamo la delicatezza del problema e ci confrontiamo con diverse sensibilità teologiche e pastorali. Tuttavia come evangelici italiani siamo uniti nella convinzione che il problema debba essere affrontato in sede pubblica, con serietà e attenzione alle diverse posizioni, nel rispetto della laicità e del pluralismo culturale e religioso della società italiana. I protestanti italiani intendono contribuire con convinzione a un dibattito di così alto rilievo etico e politico» (v. Adista Notizie n. 60/06).

Polemiche contro la linea dura della Cei di Ruini, che sarebbe stata confermata dal Consiglio permanente del 21 novembre, erano anche le Comunità cristiane di Base, riunite a Frascati per il 30° Incontro nazionale. Giorgio Tonini, senatore dei Ds-Cristiano sociali e presente in qualità di ospite, relazionava sul recente convegno ecclesiale di Verona, che denunciava il dirigismo dell’assemblea imposto da Ruini. A rompere il muro dei cattolici ci provava invece Welby con una nuova lettera resa pubblica l’8 dicembre dai toni decisamente amari: «Addio, signori che fate della tortura infinita il mezzo, lo strumento obbligato di realizzazione o di difesa dei vostri valori!». Quasi immediata, per quanto indiretta, la replica di Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale della pace: «Per quanto concerne il diritto alla vita, è doveroso denunciare lo scempio che di essa si fa nella nostra società: accanto alle vittime dei conflitti armati, del terrorismo e di svariate forme di violenza, ci sono le morti silenziose provocate dalla fame, dall'aborto, dalla sperimentazione sugli embrioni e dall'eutanasia» (v. Adista Notizie n. 89/06).

Questo messaggio di Ratzinger arrivava a tre giorni dalla morte di Welby e nuove polemiche, ancora più dure, si sarebbero sviluppate attorno alla decisione della del Vicariato di Roma di negare i funerali religiosi, perché – recitava un comunicato – «a differenza dei casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del dott. Welby di porre fine alla propria vita». Luca Kocci scriveva su Adista di una decisione che aveva spaccato il mondo cattolico: «Da una parte la quasi totalità dei cattolici di base – compreso il ‘popolo delle parrocchie', solitamente silente – contraria alla decisione del Vicariato, dall'altra pochi vescovi e qualche teologo (che hanno trovato spazio sulle colonne di Avvenire e dai microfoni di Radio Vaticana) a difendere la scelta del card. Camillo Ruini». «Di questi – proseguiva Kocci – il più autorevole ad esprimersi è stato il rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, che, in una lunga intervista al Tg1 delle 20 dello scorso 22 dicembre, ha ribadito la posizione del Vicariato» (v. Adista Notizie n. 4/07).

Adista dava poi spazio a numerose voci critiche autorevoli tra le quali: Antonio Padellaro, Adriano Sofri, Enzo Mazzi, etc. In questo contesto sarebbe emersa, suscitando non poco rumore, la decisione di dom Franzoni di commemorare Welby alla comunità di San Paolo invitando la moglie a partecipare. Questo mentre al Consiglio permanente di febbraio Ruini tornava a ribadire la linea e le sue richieste alla politica sui valori definiti “non negoziabili”: no alle unioni di fatto, all’eutanasia e alle modifiche alla legge 40 (v. Adista Notizie n. 9/07).

Arriviamo così al terzo e ultimo blocco di articoli di questa ricostruzione. Al centro nuovamente la questione del fine-vita riproposta in tutta la sua drammaticità negli ultimi giorni di Eluana Englaro, dopo 17 anni in stato vegetativo a seguito di un incidente stradale. Non è possibile ricostruire il complicato percorso giuridico della vicenda e gli sforzi della famiglia per ottenere l’autorizzazione ad interrompere l’alimentazione forzata. Relativamente ad Adista, va segnalato l’appello firmato da venti personalità del mondo cattolico alla vigilia del pronunciamento della Cassazione sul ricorso presentato dalla Procura Generale di Milano contro la sentenza del luglio 2008 che autorizzava l’interruzione delle cure. «Non possiamo che esprimere il nostro sconcerto e la nostra amarezza – si legge nel testo dell’appello – per quanto riguarda la posizione dei vertici ecclesiastici che contribuisce a suscitare un grande e inopportuno clamore mediatico intorno ad una persona crocifissa su un letto da sedici anni». «Ci sembra che ci si accanisca nei confronti di Eluana e che non si rispettino le sue le sue precedenti accertate dichiarazioni di volontà prima dell’incidente, secondo la testimonianza dei genitori e di altri, e che non si prenda atto della sua attuale perdita definitiva della coscienza». Il documento si chiudeva condannando la concezione «meccanicistica e materialista» dei vertici ecclesiastici, «ben diversa da quella fondata sui sentimenti e sui valori spirituali vissuti coscientemente che caratterizza la visione cristiana della persona umana». Il testo dell’appello era sottoscritto da Vittorio Bellavite, Paolo Farinella, Giancarla Codrignani, Giovanni Avena, Grazia Villa, Enzo Mazzi, Teresa Ciccolini, Albino Bizzotto, Giovanni Sarubbi, Lisa Clark, Alberto Simoni, Rosa Siciliano, Giovanni Franzoni, Carla Pessina, Marcello Vigli, Andrea Gallo, Margherita Lazzati, Piero Montecucco, Gustavo Gnavi, Domenico Basile, Chiara Zoffoli, Catti Cifatte (v. Adista Notizie n. 71/08). Il mese precedente era intervenuto anche il presidente della Cei card. Angelo Bagnasco, che nel marzo 2007 aveva sostituito Ruini, affermando nella sede del Consiglio permanente che «dichiarazioni inequivocabili» di trattamento, «rese in forma certa e esplicita» e pur con «valore legale» qualora l’iter parlamentare a questo conducesse, «non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione, universalmente riconosciute ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie. Una salvaguardia indispensabile, questa, se non si vuole aprire il varco ad esiti agghiaccianti anche per altri gruppi di malati non in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi». Nelle parole di Bagnasco tornava lo spettro dell’eutanasia nella «forma mascherata dell’abbandono terapeutico», un problema sul quale – faceva notare Eletta Cucuzza su Adista – a essere discutibile era soprattutto la definizione di quale trattamento fosse definibile come “accanimento terapeutico”, di per sé considerato erroneo anche dal Catechismo (v. Adista Notizie n. 77/08).

Nel mese di novembre arrivava la sentenza della Cassazione che accoglieva la richiesta del padre di Eluana provocando le reazioni dei settori teo-con e un intensificarsi degli interventi dei vescovi sui media. Su Adista, Valerio Gigante faceva notare che, persa la partita in Cassazione, la battaglia si stava spostando in Parlamento: «E se la gerarchia prima remava contro l’approvazione di una legge sul testamento biologico, ora, di fronte al vuoto legislativo ed al rischio che il caso di Eluana Englaro faccia giurisprudenza, i vertici della Chiesa invocano unanimemente l’approvazione di un provvedimento ad hoc» (v. Adista Notizie n. 83/08). Da parte sua, il nostro settimanale dava spazio alle voci contrarie a tale campagna, molte di più che ai tempi della mobilitazione per Welby. “Noi Siamo Chiesa” diffondeva un appello sottoscritto da diversi preti e religiosi, come don Andrea Gallo, don Paolo Farinella, don Albino Bizzotto e padre Alberto Simoni. Su altri canali si levavano gli appelli delle Chiese evangeliche, di don Aldo Antonelli e don Enzo Mazzi, che su il Tirreno dichiarava: «Anch’io veglierò. Ma non andrò alla veglia annunciata. Veglierò per accompagnare Eluana e i suoi genitori nel percorso che hanno liberamente scelto di amore alla vita. E lo farò in comunione spirituale e di fede con il cardinale Carlo Maria Martini e con una parte non indifferente della Chiesa cattolica la quale, piuttosto che emettere spietati giudizi, si lascia interrogare dalla testimonianza di Eluana e di suo padre». (v. Adista Notizie n. 83/08). La vicenda e la vita di Eluana Englaro si concludevano il 9 febbraio 2009, dopo una serie di tentativi da parte del governo Berlusconi per impedire la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione dei pazienti, bloccati di fatto dal presidente della Repubblica. Alessandro Speciale faceva presente su Adista che l’atteggiamento della Chiesa sembrava ora finalizzato a ricucire la frattura con il Quirinale provocata dal tentativo del governo di assecondare i desideri della Cei, mentre non si placava l’ira di Avvenire contro Beppino Englaro (v. Adista Notizie n. 19/09). Si chiudeva così una storia che avrebbe continuato nel tempo a riecheggiare nei dibattiti che hanno accompagnato fino ai nostri giorni il dibattito sul fine-vita con una legge ancora oggi oggetto di un braccio di ferro sul quale non mancano le pressioni da parte cattolica. All’interno della storia di Adista, le battaglie per la libertà di voto al referendum sulla procreazione e per un intervento politico sul testamento biologico e il fine-vita rappresentano due momenti alti di un percorso coerente per una Repubblica laica e una Chiesa diversa da quella di quei lunghi anni.

CRONOLOGIA 

19 febbraio 2004 Viene approvata dal Parlamento la legge n. 40 recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita".

13 gennaio 2005 La Corte Costituzionale dichiara ammissibili 4 referendum di abrogazione parziale della legge, promossi da una coalizione composta da Radicali Italiani, Associazione Luca Coscioni, Democratici di Sinistra, Socialisti Democratici Italiani, Partito della Rifondazione Comunista e membri di vari partiti.

17 gennaio A Bari, il card. Ruini lancia la campagna per l’astensione al voto referendario.

Febbraio 2005 Nasce il comitato "Scienza e vita per la legge 40/2004" che raccoglie personalità del mondo scientifico, culturale professionale, politico e associativo a sostegno dell’astensione al referendum.

Maggio 2005 Adista lancia un appello contro l’astensione. Aderiscono diverse personalità del mondo cattolico.

12 e 13 giugno 2005 Si vota per i quattro referendum parzialmente abrogativi della legge 40. Oltre il 74% degli aventi diritto non si reca a votare. Il quorum non viene raggiunto.

16 dicembre 2006 Il tribunale di Roma respinge la richiesta dei legali di Welby di porre fine all'accanimento terapeutico, dichiarandola «inammissibile», per via del vuoto legislativo su questa materia.

20 dicembre 2006 Piergiorgio Welby si è congedato dai parenti ed amici riuniti al suo capezzale; viene sedato dal dott. Mario Riccio e gli viene staccato il respiratore. 

1 febbraio 2007 L'Ordine dei medici di Cremona dichiara che il dottor Mario Riccio ha agito nella piena legittimità del comportamento etico e professionale, chiudendo la procedura aperta nei suoi confronti. 

8 giugno 2007 Il giudice per le indagini preliminari chiede al pm l'imputazione del medico per omicidio del consenziente, respingendo la richiesta di archiviazione del caso.

23 luglio 2007 Il GUP di Roma, Zaira Secchi, proscioglie definitivamente il dott. Riccio perché il fatto non costituisce reato.

24 dicembre 2006 Il vicario del papa per la diocesi di Roma, card. Camillo Ruini, nega a Welby la funzione secondo il rito religioso come nei desideri della famiglia.

24 dicembre 2006 in piazza Don Bosco nel quartiere Tuscolano a Roma, di fronte alla chiesa dove avrebbe dovuto svolgersi la funzione religiosa, si celebra il funerale laico di Piergiorgio Welby.

9 luglio 2008 la Corte d’Appello di Milano accoglie il ricorso di Beppino Englaro e lo autorizza ad interrompere l’alimentazione artificiale di Eluana. La procura di Milano fa ricorso in Cassazione contro questa decisione. 

11 novembre 2008 La Corte di Cassazione pronuncia la parola definitiva sul caso. Respinge il ricorso della Corte di Appello, denuncia il vuoto legislativo sulla materia, chiede al Parlamento di rimediare.

3 febbraio 2009 La famiglia Englaro decide di lasciare la regione Lombardia e di portare Eluana nella clinica “La Quiete” di Udine. 

7 febbraio Il governo tenta di bloccare la famiglia con un decreto legge, approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri. L’allora premier, Silvio Berlusconi, spiega il decreto in una conferenza stampa in cui dà credito ad alcune tra le teorie più bizzarre su Eluana, come ad esempio l’idea che potesse avere ancora dei figli. Accusa Beppino Englaro di volersi semplicemente «liberare di un fastidio». Il 6 febbraio i medici della clinica “La Quiete” avevano comunque già interrotto l’alimentazione e l’idratazione artificiale di Eluana.

9 febbraio 2008 Eluana Englaro viene dichiarata clinicamente morta.

Novembre 2009 Il tribunale di Udine archivia il procedimento contro Beppino Englaro e il personale della clinica “La Quiete” per omicidio volontario.

* Foto di Giuseppe Ruggirello, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza 

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