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La linea di Francesco sulle traduzioni liturgiche piace ai vescovi tedeschi

La linea di Francesco sulle traduzioni liturgiche piace ai vescovi tedeschi

Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 28/10/2017

Berlino-ADISTA. È stato immediatamente messo in pratica, in Germania, il «grande principio» affermato dal motu proprio di papa Francesco sulle traduzioni dei testi liturgici (Magnum principium), con cui il pontefice chiama tutto il popolo della Chiesa a partecipare all’azione liturgica restituendo «competenze alle Conferenze episcopali, riabilitando l’esperienza periferica e culturale in materia di traduzione» (Andrea Grillo, v. Adista Notizie n. 32/17) , e con cui ristabilisce la necessità di una “interpretazione” ridimensionando la letteralità della traduzione. Un motu proprio che è stato accolto con «enorme sollievo», ha affermato il presidente dei vescovi tedeschi card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e stretto collaboratore del papa. Anche in Germania, infatti, come altrove, la nuova traduzione in lingua tedesca del Messale voluta dal Vaticano non è mai piaciuta, sia da un punto di vista formale che sostanziale e teologico. Nel 2013 lo avevano affermato con forza, ad esempio, circa 500 parroci tedeschi in un appello ai membri della Conferenza episcopale tedesca, timorosi che questa traduzione venisse approvata e definitivamente adottata. A costituire il maggiore problema, le parole che il prete pronuncia al momento della consacrazione eucaristica: «Questo è il mio sangue, versato per voi e per molti». La modifica al testo era stata annunciata ai vescovi germanofoni da Benedetto XVI nell’aprile 2012, causando reazioni di scontento. 

Finalmente libertà e autonomia

Ora che ne hanno la possibilità, i vescovi tedeschi, riuniti nella loro assemblea plenaria d’autunno (25-28/9), ringraziano sentitamente il papa per aver conferito alle Conferenze episcopali maggiore autorità sulle traduzioni liturgiche e per aver sollecitato, nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013, una maggiore elaborazione della loro «autentica autorità dottrinale». Le commissioni liturgiche di tutte le varie Conferenze dei vescovi germanofoni, hanno annunciato, cominceranno a discutere il motu proprio e le sue conseguenze. Nel corso di una conferenza stampa, il card. Marx si è detto convinto che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, capitanata dal card. Robert Sarah, avesse una visione troppo ristretta sulle traduzioni liturgiche nelle norme emanate nel 2001 con il documento Liturgiam authenticam, e ha fatto riferimento alle annose controversie senza fine sulle traduzioni, anche in ambito anglofono, e all’«eccessiva» insistenza vaticana sulla resa letterale del latino, responsabile di aver creato molte difficoltà ai vescovi dei diversi Paesi: «Il linguaggio è semplicemente inaccettabile», ha affermato, definendo Liturgiam authenticam un «vicolo cieco». Ora, invece, con Magnum principium i vescovi hanno una maggiore libertà; «Roma ha il compito di interpretare le questioni dottrinali – ha aggiunto Marx –, non quelle di stile. Ora, grazie a Magnum principium, le Congferenze episcopali godono di una maggiore libertà». Nel caso delle Chiese tedesche, questa libertà significherà, molto probabilmente, scegliere, almeno per ora, di non precipitarsi a elaborare una nuova traduzione del Messale, dal momento che quella in uso, risalente al 1976, certamente meno letterale nella sua aderenza al latino, «non è così male», ha spiegato. 

La risposta piccata del card. Sarah

Pronta la risposta a Marx del prefetto della Congregazione per il Culto divino: l’autorità definitiva, ha detto il card. Sarah, spetta ancora in ogni caso al Vaticano, che deve approvare tutte le nuove traduzioni e può mettere il veto a proposte che non siano aderenti al testo originale. Il motu proprio del papa, ha ribadito, non riduce la Congregazione a un organismo che mette timbri automaticamente. Il compito della confirmatio, di competenza del dicastero, «è tutt’altro che una formalità», ha detto: «Al contrario, presuppone e implica una revisione scrupolosa da parte della santa Sede», la quale può negare l’approvazione se non vengono apportate determinate modifiche alla traduzione. Secondo il cardinale, dunque, il senso del motu proprio di Francesco risiede essenzialmente e semplicemente «nel fatto di rendere la collaborazione tra Sede apostolica e Conferenze episcopali più facile e più utile».

Chiesa tedesca in conflitto con Roma

I vescovi tedeschi sono sempre stati favorevoli a che l’ultima parola sulle traduzioni spettasse alle Conferenze nazionali, persino il card. Joachim Meisner, già arcivescovo di Colonia, deceduto qualche mese fa (uno dei quattro cardinali che hanno espresso dubbi sull’ortodossia del papa), che presiedette la Commissione episcopale liturgica dal 1989 al 2014 nonché la commissione responsabile della revisione della traduzione tedesca del Messale. Meisner, vicino a Benedetto XVI, si scontrò apertamente con il Vaticano nel 2009 a proposito della traduzione dei riti funebri pubblicata da quest’ultimo nel 2009, ritenuta inutilizzabile per la eccessiva adesione al testo latino, e annunciando che i vescovi tedeschi avrebbero continuato a utilizzare quella precedente.

In ogni caso, la preghiera eucaristica con il suo contestatissimo pro multis (“per molti” al posto di “per tutti”) non è stata mai approvata dalle Conferenze episcopali benché compaia nel Libro degli inni noto come Gotteslob (“Lode di Dio”). Come ricostruisce La Croix International, già nel 2012 l’allora presidente dei vescovi tedeschi mons. Robert Zollitsch se ne era lamentato con Benedetto XVI, temendo una divisione tra chi si adeguava al nuovo uso e chi non lo accettava; il papa, per tutta risposta, scrisse una lettera ai confratelli tedeschi spiegando perché avrebbero dovuto conformarsi al pro multis, preparando preti e laici alla nuova traduzione. Qualche mese dopo, il card. Karl Lehmann di Mainz (ex presidente della Conferenza episcopale) e mons. Alois Kothgasser di Salisburgo misero sotto accusa l’ingerenza vaticana; ad aprile 2013 i vescovi austriaci pubblicò una chiarificazione, affermando che l’unica traduzione ammessa di pro multis era “per tutti” e dichiarando che l’unico messale autorizzato ufficialmente era quello del 1975. Nel Libro degli inni, tuttavia, il “per molti” ricomparve, creando confusione tra i fedeli e non solo. Si dovette aggiungere una nota: la traduzione di quell’espressione non era legittima. Ora, il motu proprio del papa fa respirare i vescovi. 

* Foto di Iwan Gabovitch, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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