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Il Parlamento acceleri sul biotestamento. l’accorato appello di Michele Gesualdi, malato di SLA

Il Parlamento acceleri sul biotestamento. l’accorato appello di Michele Gesualdi, malato di SLA

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 18/11/2017

39134 FIRENZE-ADISTA. «Mi chiamo Michele Gesualdi, vi scrivo per implorarvi di accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico, con la dichiarazione anticipata di volontà del malato, perché da tre anni sono stato colpito dalla malattia degenerativa Sla e alcuni sintomi mi dicono che il passaggio al mondo sconosciuto non potrebbe essere lontano».

Comincia così la lettera che Michele Gesualdi, il più noto degli allievi di don Lorenzo Milani a Barbiana (ma anche presidente della provincia di Firenze dal 1995 al 2004, prima di essere sostituito da Matteo Renzi), ha scritto ai presidenti di Senato a Camera – Piero Grasso e Laura Boldrini – e ai capi dei gruppi parlamentari di tutte le forze politiche per chiedere loro di approvare il più presto possibile il Disegno di legge sulla Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento), ovvero il cosiddetto testamento biologico, già votato a Montecitorio nello scorso aprile (326 sì, 37 no, 4 astenuti) ma fermo da mesi a Palazzo Madama, e a rischio di decadere a causa dell’ormai prossimo scioglimento del Parlamento in vista delle elezioni politiche previste per la primavera 2018.

«La Sla è una malattia spaventosa, al momento irreversibile e incurabile», scrive Gesualdi nella sua lettera terribile e appassionata. «Avanza, togliendoti giorno dopo giorno un pezzo di te stesso: i movimenti dei muscoli, della lingua e della gola, che tolgono completamente la parola e la deglutizione, i muscoli per l’articolazione delle gambe e delle braccia, quelli per il movimento della testa, e respiratori e tutti gli altri. Alla fine rimane uno scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento. Solo il cervello si conserva lucidissimo, insieme alle sue finestrelle, cioè gli occhi, che possono comunicare luci ed ombre, sofferenza, rammarico per gli errori fatti nella vita, gioia e riconoscenza per l’affetto e la cura di chi ti circonda. Se accettassi i due interventi invasivi (la tracheotomia, per le crisi respiratorie, e la Peg, gastrotomia endoscopica percutanea, per le difficoltà a deglutire, ndr), mi ritroverei uno scheletro di gesso con due tubi, uno infilato in gola con attaccato un compressore d’aria per muovere i polmoni e uno nello stomaco attraverso il quale iniettare pappine alimentari».

Sollecitato dai familiari, Gesualdi ha accettato la Peg («quando mia moglie e i miei figli mi anno visto ridotto ad uno scheletro dovuto alla difficoltà di deglutire, mi hanno implorato di ccettare almeno l’intervento allo stomaco per essere alimentato artificialmente, perché sarebbestato un dono anche un solo giorno in più che restavo con loro. Questo mi ha messo n crisi e ho ceduto anche per sdebitarmi un po’ nei loro confronti»), ma non vuole andare oltre: «ho scritto la mia decisione, chiedendo a mia moglie (anche lei una ex allieva di Barbiana, ndr) di mostrarla ai medici affinché rispettino la mia volontà». 

I motivi del suo rifiuto sono chiari. Non si tratta, spiega, di «interventi curativi, ma solo finalizzati a ritardare di qualche giorno o qualche settimana l’irreparabile, che per il malato, significa solo allungare la sofferenza in modo penoso e senza speranza». Sostenuti anche da ragioni di fede, anche se in molti, nel mondo cattolico, si oppongono fermamente al testamento biologico. «C’è chi sostiene che rifiutare interventi invasivi sia una offesa a Dio che ci ha donato la vita – scrive Gesualdi –. La vita è sicuramente il più prezioso dono che Dio ci ha fatto e deve essere sempre ben vissuta e mai sprecata. Però accettare il martirio del corpo della persona malata, quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio. Lui ti chiama con segnali chiarissimi e rispondiamo sfidandolo, come se si fosse più bravi di lui, martoriando il corpo della creatura che sta chiamando, pur sapendo che è un martirio senza sbocchi. Personalmente vivo questi interventi come se fosse una inutile tortura del condannato a morte prima dell’esecuzione». Tanto più che, aggiunge, «come tutti i malati terminali, negli ultimi cento metri del loro cammino, pregano molto il loro Dio, e talvolta sembra che il silenzio diventi voce e ti dica: Hai ragione tu, le offese a me sono altre, tra queste le guerre e le ingiustizie sociali perpetuate a danno della umanità. Chi mi vuole bene può combatterle con concrete scelte politiche, sociali, sindacali, scolastiche e di solidarietà».

«Per l’insieme di questi motivi – conclude la sua lettera Michele Gesualdi – sono a pregarvi di calarvi in simili drammi e contribuire ad alleviarli con l’accelerazione della legge sul testamento biologico. Non si tratta di favorire la eutanasia, ma solo di lasciare libero, l’interessato, lucido cosciente e consapevole, di essere giunto alla tappa finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato e di levare dall’angoscia i suoi familiari, che non desiderano sia tradita la volontà del loro caro. La rapida approvazione delle legge sarebbe un atto di rispetto e di civiltà che non impone ma aiuta e non lascia sole tante persone e le loro famiglie».

* Chiesa di Barbiana (Vicchio - Firenze), foto di Horcrux92, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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