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La riforma di Lutero, 500 anni dopo. Una lettura

La riforma di Lutero, 500 anni dopo. Una lettura "post-religionale"

Tratto da: Adista Documenti n° 40 del 25/11/2017

DOC-2880. roma-ADISTA. È una riflessione decisamente peculiare quella avviata dall'Associazione dei Teologi e delle Teologhe del Terzo Mondo (Eatwot o Asett) nell'ambito delle celebrazioni del quinto centenario della Riforma: più che soffermarsi sul passato, infatti, l'ultimo numero di Voices, la rivista teologica dell'Eatwot, preferisce rivolgere lo sguardo al futuro, commemorando l'anniversario non solo in una prospettiva di «diversità riconciliata» e a partire dall'impegno prioritario con gli impoveriti del mondo, ma anche e soprattutto «alla luce di una ecumenicità laica e pluralista e anche sempre più frequentemente post-religionale». Da qui la domanda posta nella presentazione del numero da Marcelo Barros e José María Vigil: «La figura di Lutero e la sua proposta teologica e spirituale conservano ancora oggi una profetica e rilevante attualità? La linfa che viene da questa radice del Cristianismo occidentale resta ancora viva o, dinanzi ai tanti problemi che ci interpellano ogni giorno, è diventata sterile?». Ciò di cui si tratta, insomma, è capire «se lo spirito che ha animato Lutero» - e, prima di lui, un movimento di riforma le cui radici affondano nel Medioevo», risalendo a Jan Hus, a João Wyclif e persino a Pietro Valdo, Gioacchino da Fiore e San Francesco - susciti oggi «una riforma permanente nelle Chiese e nel cuore delle persone che credono nel Vangelo».

Se oggi esiste un certo consenso tra gli studiosi sul fatto che Lutero non intendesse dividere la Chiesa, ma puntasse solo a una riforma basata sul recupero dello spirito evangelico originario - come scrive il vescovo emerito della diocesi anglicana di Recife dom Sebastião Armando Gameleira Soares, «per quanto strano possa sembrare, le proclamazioni centrali della Riforma non facevano altro che enfatizzare elementi cattolici lasciati in ombra per secoli - è evidente che, a partire dal Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica ha incorporato vari elementi di quella visione. Basti pensare alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione firmata il 31 ottobre del 1999 dal Consiglio Pontificio per l'Unità dei Cristiani e dalla Federazione Luterana Mondiale («Ora, la Giustificazione mediante la fede - commenta dom Sebastião Soares - è stata la chiave dottrinale della Riforma. Un colossale equivoco di cinque secoli»). E non ci sono dubbi sul fatto che, come evidenziano Barros e Vigil, «in un mondo che ha perso l'orientamento e in una società basata sulla competizione e sulla ricerca del profitto», risulti ancora attuale il messaggio contenuto nella teologia di Lutero sulla grazia e sulla croce, quella croce a partire dalla quale, scrive il pastore e teologo luterano Roberto E. Zwetsch, egli rileggeva «Dio, la creazione e l'umanità» e nella quale pensava si potesse incontrare Dio, «nascosto nella debolezza, nella sofferenza e nella morte». Che è poi, nota Zwetsch, quanto ha fatto la teologia della liberazione ponendo «l'incontro con il Cristo crocifisso nel povero, nelle persone vulnerabili e senza fama», e cioè, secondo quanto ha scritto Boff, cercando Dio «sub contrario», perché è «là dove sembra non esserci Dio, là dove sembra che egli se ne sia andato, è proprio là che massimamente lo si trova». 

È chiaro, però, che, come sottolineano ancora Barros e Vigil, «vi sono punti nei quali la riforma luterana non è più attuale» e riconoscerlo aiuterebbe le diverse Chiese a superare «una cultura teologica e spirituale agostiniana basata più sulla coscienza del peccato che sulla gioia della salvezza, più centrata sul sangue redentore di Gesù che sulla bontà fondamentale della creazione». E, in particolare, «la dottrina sulla giustizia divina e sulla predestinazione eterna meriterebbe una profonda revisione alla luce della rivelazione di un Dio che è amore e che, come evidenziava frère Roger della comunità di Taizé, "può solo amare"».

Ma, in ogni caso, la sfida che siamo davvero chiamati a raccogliere è il progetto di una riforma permanente in linea con il principio dell'Ecclesia reformata semper reformanda: in un mondo ormai chiaramente pluralista e in una società sempre più permeata dalla conoscenza scientifica, quello che è in gioco - è l'interrogativo posto dalla rivista - non sarà forse una riforma tale da investire il significato stesso della religiosità, una riforma a confronto della quale quella luterana del XVI secolo apparirà del tutto ridimensionata? È la questione di ciò che viene definito come “tempo assiale”, inteso come una nuova configurazione religiosa e culturale dell’umanità, un tempo di rotture radicali e di prospettive inedite che la teologia sarebbe necessariamente chiamata ad affrontare.

Ed è proprio su questo tema che è centrato l'intervento di José María Vigil, che pubblichiamo qui di seguito insieme a quello di José Arregi sulla necessità di una profonda riforma del papato, entrambi in una nostra traduzione dallo spagnolo, rimandando, per la lettura integrale del numero, al sito dell'Eatwot (http://eatwot.net/VOICES/). 

* Foto di Falco, tratta da Pixabay, immagine originale e licenza

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