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Lecce contro il gasdotto: protestano anche vescovo e parroci

Lecce contro il gasdotto: protestano anche vescovo e parroci

Tratto da: Adista Notizie n° 43 del 16/12/2017

39173 LECCE-ADISTA. Viene dalla diocesi di Teramo-Atri, che ha guidato per 11 anni, il nuovo vescovo di Lecce, mons. Michele Seccia, 66enne. Nominato il 29 settembre da papa Francesco a capo della diocesi del Salento, mons. Seccia ne ha assunto il governo il 2 dicembre scorso, sostituendo mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, che ha rinunciato per raggiunti limiti di età già nel 2016 ma che era stato incoraggiato dal papa a mantenere l’incarico ancora per qualche tempo.

Contrario alla Tap

La diocesi di Lecce si trova in una zona caldissima: quella della Tap (Trans-Adriatic Pipeline), il progetto di costruzione di un nuovo gasdotto che, lungo circa 870 km (di cui 104 offshore nell’Adriatico), dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia (60 km di tracciato, da San Foca, Lecce, a Mesagne, rete Snam), allacciandosi a un altro gasdotto che parte dall'area del Mar Caspio (Azerbaigian), il ‘Corridoio Sud’, lungo quasi 4mila chilometri, che parte dal giacimento azero di Shah Deniz 2. Non si tratta, tuttavia, di gas che servirà al fabbisogno italiano, già abbondantemente coperto dall’attuale rete, ma a quello dei Paesi a nord dell’Italia (anche se i 60 km italiani del gasdotto, per accordi tra i governi, saranno a carico della fiscalità italiana). Progetto imposto dall’alto, è fortemente contestato soprattutto da chi nel Salento vive (v. Adista Notizie n. 15/17): interessa un’area instabile dal punto di vista geologico e attraversa sotto terra votata al turismo (unica fonte di reddito di quel territorio), rendendo di fatto inutilizzabili le meravigliose spiagge e il tratto di mare antistante; la pesca sarà interdetta e 11mila alberi di ulivo, molti dei quali secolari e quindi patrimonio protetto, dovranno essere espiantati; una centrale di pressurizzazione che emetterà polveri sottili e scorie sarà collocata in un’area che tocca tre paesi (Melendugno, Calimera, Vernole), i cui 25mila abitanti sono già sotto osservazione delle autorità sanitarie in quanto area cluster per il tumore ai polmoni.

Insomma, la Tap non s’ha da fare, e la comunità si è organizzata nel Movimento No Tap, che ha vissuto diversi momenti di protesta, come la manifestazione del 6 dicembre scorso, a Melendugno, e quella contestuale nella “zona rossa” di San Foca, ossia l’area attorno al cantiere Tap, in cui è vietato l’accesso a chiunque, tranne che ai proprietari di abitazioni e terreni con pass forniti dalla Prefettura di Lecce, ma anche a parlamentari e giornalisti, che hanno ottenuto il permesso di entrarvi a seguito dell'intervento di Ordine e Assostampa. "Chiudo per dignità" è stato lo slogan scelto dai commercianti, che hanno abbassato le saracinesche, affiggendo alle vetrine manifesti a lutto. «Oggi il Salento si è alzato in piedi», scrive su Facebook Luigi Russo, giornalista, del Forum Terzo Settore. «Popolo degli ulivi, movimento territoriale… chiamiamolo come vogliamo ma prima di tutto mettiamoci in ascolto di questa scesa in strada a Melendugno, per gridare, ancora una volta, il No alla costruzione del gasdotto Tap, No alla dittatura del denaro, No alla mercificazione della terra». Si è trattato di una «protesta pacifica, competente, informata, che non cede di fronte alle lusinghe del denaro, né di fronte alla forza dello Stato e alla violenza. Respinte al mittente – media prezzolati, finti associati, imprenditori con la sindrome di Stoccolma – anche tutte le mistificazioni delle fake news messe in giro ad arte e prontamente amplificate sui media. Questa protesta popolare – uomini e donne, giovani e anziani e bambini – è esattamente nel solco della Costituzione della Repubblica Italiana, come hanno di recente confermato Paolo Maddalena e Ferdinando Imposimato e uno stuolo di costituzionalisti».

La Chiesa contro la Tap

Pochi giorni dopo il suo insediamento, il neovescovo di Lecce si è espresso sulla questione, esplicitando la propria posizione No Tap: «Sì, perché salvaguardiamo questo bel pezzo di natura che abbiamo», ha detto ai microfoni dell’emittente locale Telerama. «Se ci sono dei pericoli… i tecnici dicono sempre che è tutto garantito». «Quello che dico è anche in virtù della Laudato si’ di papa Francesco. Le trivelle a mare sono state il problema nostro, due anni fa in Abruzzo, e come vescovi ci siamo espressi chiaramente. Rendo nota la mia mail perché chiunque voglia scrivere al vescovo possa farlo e il vescovo risponde personalmente: misec@tiscali.it». E il 6 dicembre, ai manifestanti è arrivato un messaggio di vicinanza dei parroci di Melendugno, Borgagne e Vernole, don Salvatore Scardino, don Elio Quarta e don Leonardo Giannone. «Siamo presenti in questa giornata particolare per esprimere condivisione nei confronti di tanti provati dalla sofferenza dell'oggi e preoccupati per il domani del nostro territorio», hanno scritto i sacerdoti nel messaggio letto dal sindaco Marco Potì. «Esprimiamo la speranza di un futuro – scrivono i parroci – che restituisca centralità alle persone, tenendo conto non solo degli equilibri economici ma soprattutto del rispetto dell'ambiente, secondo i criteri indicati da papa Francesco». «Questa presenza dice la vicinanza di tutta la Chiesa locale, secondo quanto espresso dall'arcivescovo, monsignor Michele Seccia, di recente e seguendo il suo invito a stare accanto alla gente». «Ho sentito i parroci a proposito del gasdotto – ha detto il 7/12 il vescovo Seccia a Repubblica – e credo che ci si dovrebbe porre ben più di un interrogativo. Non entro in merito alle valutazioni di carattere tecnico-economico, ma parlo in ragione della mia esperienza in Abruzzo. Due anni fa a Pineto, nel Teramano, c’è stato un incidente nel gasdotto: un’esplosione che ha ferito otto persone e sventrato delle case. A fronte di questo dato di fatto, viene da chiedersi quanto la tecnologia possa realmente assicurare sicurezza per Tap». Per mons. Seccia, insomma, «la tutela del territorio e della salute di chi vi abita dovrebbero essere care a tutti quanti noi. Non voglio essere disfattista né una cassandra, ma sono problemi che dobbiamo porci anche perché l’Adriatico è una bacinella e qualsiasi disastro ambientale per il gasdotto Tap o le trivelle avrebbe delle conseguenze ancora più catastrofiche».

Trans Adriatic Gas Pipeline Map di Genti77, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza 

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