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Un convento da salvare e altre cose in pericolo

Un convento da salvare e altre cose in pericolo

Dopo quattro anni la situazione è tornata al punto di partenza: il Capitolo Provinciale dei Frati Domenicani dell’Italia Centrale ha nuovamente deciso, nel luglio 2017, di chiudere il Convento di San Marco a Firenze; rimarrà aperta la parte del convento che è Museo statale e la chiesa, ma non ci sarà piùonvento. Dopo la grande mobilitazione - di popolo, di artisti, di intellettuali - per salvare il convento, concretizzata in varie iniziative e soprattutto nella Petizione su www.change.org, l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori e il Maestro Generale dell’Ordine Domenicano, Padre Bruno Cadoré, avevano stipulato un accordo che impegnava i domenicani a tenere aperto il convento almeno fino al termine del processo di beatificazione di Giorgio La Pira, celebre sindaco di Firenze, legato per tanti motivi al convento di San Marco. Ma la Provincia Domenicana, incurante di questo accordo, ha domandato al Generale di chiudere il convento, proprio come quattro anni fa. Il cardinale Betori ha cercato di rimediare contattando il Generale Cadoré, è nato un dialogo da cui è emersa la disponibilità del Generale a non chiudere il convento. Tale disponibilità però non si è tradotta in decisioni concrete e il convento (e i frati che vi risiedono) permane in una situazione di incertezza totale”.

Ho ricevuto questa petizione con un certo sgomento, dato che Pistoia è nelle stesse condizioni e noi, con p. Alberto, ne sappiamo qualcosa. Oltre data la firma alla petizione, chiedo al generale dei Domenicani: chiudete i conventi senza dire nulla a quello che teologicamente è il soggetto attivo, la comunità dei fedeli che la seguono: come mai? Avete paura di non quadrare i bilanci? di non avere abbastanza seguaci e vocazioni? Certo non sono più i tempi dell'Inquisizione, quando eravate i Domini canes, docili alla volontà del Signore, spesso male interpretata. E nemmeno sembrate consoni ai tempi : oggi dire OP significa dire “cultura”, anche per i molti che non si ricordano che siete, appunto, “predicatori” (anche se non ricorrete alla parola pubblica delle consorelle che pur sono OP anche loro).

Perché non avete scritto voi stessi una petizione per vedere se siamo davvero insieme nella condivisione? Su quali risorse pensate di contare nella chiesa di Francesco che torna alla parola di Gesù che vuole la Chiesa povera e senza compromessi? Il silenzio – tanto peggio se accompagnato da decisioni gravi che porteranno (anche perché si suppone che non abbiate diritto di vendere alcunché) al degrado non solo istituzionale (i fratelli che abitano ancora le strutture hanno diritto a pensione?), ma addirittura dei muri. Succede così che fanno più rumore per gli intellettuali i rischi delle architetture, testimoni di quando non ci trovavamo tra pochi intimi.

E qui allargo il discorso. Papa Francesco sconcerta tutti quelli che hanno paura del Vangelo. Che ha il suo rigore, ma non pretende di condannare nemmeno i giovani ricchi, pieni di buone intenzioni con i quali occorre avere pazienza perché, anche se le buone intenzioni – come diceva don Milani – costituiscono un'aggravante, possono sempre crescere e convertirsi. Non solo se domenicani e nemmeno se fedeli al Papa.

Perché siamo noi laici che non abbiamo saputo far applicare un Concilio che era stato accolto da grande consenso e letizia. Cinquant'anni dopo (e a cinquecento anni dalla Riforma di Lutero e, ahimé, dalla Controriforma) rischiamo di ripetere l'errore. Non possiamo limitarci a dire con rincrescimento che, sì, sulla Rete si leggono accuse di eresia nei confronti di Francesco e perfino le ammissioni di chi si augura prossima una sua scomparsa perché, non essendo riuscito a riformare nessun testo dottrinale e tanto meno linee di comportamento dell'Istituzione, una volta che manchino le sue dichiarazioni sconcertanti, tutto si ricomporrà come prima. Sapere e non fare nulla nei confronti di una chiesa che perde i giovani (e le vocazioni) perché clericale e incapace di reggere il confronto con innovazioni strutturali e culturali che tentano di schiodarci da un passato comodo, ma finito. Chi tiene per la Chiesa gioiosa annunciata da Giovanni XXIII, scritta nelle righe di un Concilio contestato perché pastorale e non dogmatico, e riportata alla luce da Francesco, si allerti. Come hanno fatto quelli che non sopportano la chiusura di San Marco di Firenze (o San Domenico di Pistoia) e hanno denunciato. Almeno oggi non dimentichiamo che “popolo di Dio” sono tutti e precedono la gerarchia che non ha voce esclusiva: talvolta ha perfino bisogno di aiuto.

* foto di Dimitris Kamaras, tratta da Flickr, immagine originale licenza

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