Nessun articolo nel carrello

PRIMO PIANO. Sanremo, drammi sociali e diatribe politiche

PRIMO PIANO. Sanremo, drammi sociali e diatribe politiche

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 8 del 03/03/2018

L’ex direttore direttore de la Repubblica e oggi autorevole voce di tale giornale Ezio Mauro con l’editoriale del 10 febbraio scorso sotto il titolo “La sinistra che dimentica la sua storia” ha affermato che «quando i partiti si riducono a semplici comitati elettorali e non hanno più ideali politici a cui riferirsi… diventano subalterni al senso comune». Si è quindi criticamente chiesto cosa voleva dire l’esortazione di Renzi ad «abbassare i toni dopo Macerata» e ha indicato l’esigenza di testimoniare i valori dell’accoglienza e della responsabilità separando la politica dalla xenofobia. A conclusione del suo intervento Mauro ha chiamato in causa anche la destra affermando che l’ex Cavaliere ha oggi «l’occasione per provare il suo moderatismo» pretendendo «da se stesso, da Salvini e dalla Meloni nei confronti dello sparatore di Macerata una condanna» con i medesimi toni usati nei confronti degli immigrati.    Pochi giorni dopo, nell’ultima serata del Festival di Sanremo l’attore Pierfrancesco Favino, nei panni di un bistrattato profugo e in uno stentato italiano rilevatore di sofferte storie migratorie, ha egregiamente recitato il monologo La notte poco prima delle foreste di Bernard-Marie Koltes e ha così descritto, catturando la coinvolta attenzione di 11 milioni di spettatori ed alzando via via la sua voce sempre più rotta dal pianto, la condizione degli esclusi: «mai visto un posto dove ti lasciano in pace… il lavoro sta sempre da un’altra parte… mi mandano sempre a calci in culo… sarai sempre più straniero e sempre meno a casa tua… mi sdraio e non mi sposto più, mi dovete stare a sentire… almeno avrò detto quello che dovevo dire». E Favino ha poi passato la mano alla Mannoia e a Baglioni che hanno cantato la canzone “Mio fratello che guardi il mondo”, riproponendo una riflessione canora di Ivano Fossati del 1992 che, con lo sguardo rivolto al comune destino dell’umanità («sono nato e ho lavorato in ogni Paese/sono nato e sono morto in ogni Paese») confida in un futuro di pace e di fratellanza («se c’è una strada sotto il mare/prima o poi ci troverà/se non c’è strada nel cuore degli altri/prima o poi si traccerà »). E infine la canzone vincitrice del Festival “Non mi avete fatto niente” tratteggia la drammatica assurdità del terrorismo e di tutte le guerre e confida anch’essa in un futuro migliore («miliardi di persone che sperano in qualcosa/cambiamoci la pelle/in fondo siamo umani»).

Le riflessioni del citato editoriale di Mauro, che per stile e argomenti dovrebbero richiamare l’attenzione del ceto politico, e le cose che sono state recitate e cantate a Sanremo, dotate della capacità di suscitare in milioni di ascoltatori sentimenti di consenso e di partecipazione emotiva, si muovono ovviamente su piani del tutto diversi, ma hanno in comune il merito di aver acceso i riflettori sulla crisi che stiamo vivendo in Italia e nel mondo e sui possibili modi di porvi rimedio. Lo scritto di Mauro quale emblematico esempio di come viene affrontato il problema della crisi nell’ottica del riformismo progressista e le sensibilità etico-sociali espresse durante il Festival concordano in sostanza sulla diagnosi di una crisi che è etica per l’assenza di ideali di riferimento, socio-economica per le disumane esclusioni e disuguaglianze sociali e politica per l’incapacità dei governi di contrastare tali fenomeni per elevare il livello di giustizia sociale.

Ma i due messaggi (se così possono definirsi) smettono di avere qualcosa in comune e nettamente divergono quando dalla “diagnosi” si passa alla “terapia”. Ed infatti il giornalista di Repubblica non spende una parola per condannare la causa primaria della poliedrica crisi che va individuata nell’iniquo sistema economico che da trent’anni governa a suo piacimento l’intero pianeta e quindi anche l’Italia. Egli dice genericamente che la scommessa della sinistra sta tutta nella «capacità di legare insieme la tutela dei cittadini con la solidarietà e la sicurezza con la democrazia ». Per contro gli artisti che nel Teatro Ariston sono stati alla guida dell’annuale appuntamento canoro hanno trovato il modo per toccare il cuore e richiamare l’intelligenza di milioni di italiani sui drammi del nostro tempo e hanno rappresentato col loro volto e le loro voci le vittime di questo modello di economia. Essi hanno recitato brani e cantato motivi che denunciano i rifiuti e i maltrattamenti subiti da tanti reietti e diseredati, che interpretano la loro domanda di interlocuzione e di ascolto, che affermano l’esigenza di contrastare ingiustizie e soprusi con lotte all’insegna della non-violenza e che hanno dato voce alla convinzione per la quale, come dice la canzone vincitrice, «contro ogni terrore che ostacola il cammino/il mondo si rialza/col sorriso di un bambino».

Sorgono allora alcune domande. È mai possibile che le tragedie e le iniquità del nostro tempo trovino spazio in uno spettacolo per sua natura “leggero” come quello sanremese, ma restino sostanzialmente fuori dal dibattito politico anche nella campagna elettorale in corso nel nostro Paese che si sta largamente consumando in reciproci insulti, false promesse e accordi sottobanco per il dopoelezioni? Con quale logica si possono fare dichiarazioni e dare interviste, fra le quali quella di Minniti a Scalfari (la Repubblica del 14 febbraio), nelle quali si parla di diversi fatti e talvolta fatterelli senza alcun cenno all’esigenza di dare una svolta alla politica economica del Paese nella direzione indicata dalla nostra Carta costituzionale? E sempre sul versante dell’economia quale genio maligno suggerisce ad alcune forze politiche, mentre cresce e si rafforza nel mondo la denuncia delle disuguaglianze sociali, di introdurre nel nostro sistema fiscale l’aliquota unica (la flat tax), accantonando il criterio costituzionale di quella progressività che andrebbe invece rafforzata? È proprio vero che “il sonno della ragione genera mostri” ed è anche vero che questi mostri diventano più spaventosi quando nella mente insieme alla ragione si addormenta anche la sfera affettiva e spirituale.   

* Michele Di Schiena è presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione 

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.