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I nostri leader devono “guarire”: la proposta dei vescovi del Sud Sudan

I nostri leader devono “guarire”: la proposta dei vescovi del Sud Sudan

Insoddisfazione totale è stata espressa dai vescovi del Sud Sudan in chiusura dell'Assemblea plenaria che si è tenuta nella capitale Juba: I leader politici di governo e opposizione – si legge nel messaggio che l'arcivescovo di Juba, mons. Paulino Lukudo Loro, ha letto nella cattedrale di Santa Teresa e che è stato successivamente diffuso dall'agenzia Fides – «non sono stati in grado finora di mettere da parte i propri interessi e di fare la pace per il bene del popolo del Sud Sudan». L'impressione dei prelati è che i capi politici non siano in grado di fare la pace, perché sono «militari che vedono il mondo attraverso la lente della violenza. Hanno bisogno di aiuto, non tanto di dettagli tecnici e politici, ma per avere il coraggio spirituale e morale di fare la pace».

Dopo oltre 4 anni di guerra civile dai pesanti connotati etnici, nata dal conflitto per il controllo del potere tra il presidente Salva Kiir (rappresentante dell'etnia Dinka) e l'ex vicepresidente Riek Machar (Nuer), a nulla sono valsi i tentativi di mediazione dei leader religiosi del Paese e gli accordi promossi dalla comunità internazionale.

Intanto il più giovane Stato africano è ormai allo stremo: «Decine di migliaia di morti, milioni di persone sfollate; saccheggi, stupri, fame, collasso economico, violazione dello Stato di diritto, distruzione delle infrastrutture della nazione, bambini ai quali è stata negata l'istruzione e famiglie prive all'assistenza sanitaria. Questo rappresenta un fallimento come Paese», denunciano i vescovi nel documento.

L'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) ha denunciato che quella sudsudanese, dopo il genocidio in Ruanda, rappresenta la più grande crisi di migranti africani. Secondo i calcoli, entro fine 2018, lasceranno il Paese oltre 3 milioni di rifugiati.

Rimanendo sempre in casa Onu, la commissione incaricata dal Consiglio dei Diritti Umani per fornire prove al cosiddetto “Tribunale Ibrido” (una Corte ad hoc composta da giudici dell'Unione Africana e del Sud Sudan) ha identificato come colpevoli di crimini contro l'umanità e crimini di guerra 33 generali, 5 colonnelli e 3 governatori statali. La commissione parla di brutalità inenarrabili che, a detta del vicedirettore regionale di Amnesty International, Seif Magango, dovrebbero «scuotere il mondo» e spingerlo a «un'azione rapida per affrontare le orribili violazioni dei diritti che continuano senza sosta in quattro anni di conflitto nel Sud Sudan».

In vista del terzo round del forum per il ripristino dell'accordo di pace 2015 – naufragato per il riacutizzarsi degli scontri e conclusosi con l'esilio di Machar nell'estate 2016 – i vescovi propongono ai capi politici in lotta «un ritiro spirituale di guarigione» guidato dai leader religiosi del Paese, «che porterà alla trasformazione personale per preparare i partecipanti ad affrontare la via della pace». La pace nel Sud Sudan lacerato da anni di guerra civile ci sarà «solo se i leader saranno pronti a cambiare i loro cuori e ad essere trasformati».

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