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La Chiesa, ultimo baluardo di misoginia. Ex presidente irlandese a un convegno sulle donne

La Chiesa, ultimo baluardo di misoginia. Ex presidente irlandese a un convegno sulle donne

Tratto da: Adista Notizie n° 10 del 17/03/2018

39288 ROMA-ADISTA. Mary McAleese, presidentessa dell’Irlanda dal 1997 al 2011, cattolica molto attiva nella sua battaglia ecclesiale per vedere riconosciuti i diritti delle donne e delle persone Lgbt, ha chiesto a gran voce a papa Francesco di abbattere i «muri di misoginia» ancora esistenti nella Chiesa. Lo ha fatto nella veste di relatrice principale di

un simposio sul tema “Why Women Matters” (Perché le donne contano), promosso dall’organismo “Voices of Faith” (nato per riunire leader vaticani e comunità nella riflessione sulla leadership della donna nella Chiesa; si tratta del quinto appuntamento) e svoltosi a Roma, presso la Curia dei gesuiti, alla presenza di centinaia di intervenuti – soprattutto

religiose - e trasmesso in streaming via web, l’8 marzo, giornata della donna.

L’organizzazione del simposio – che in un primo momento avrebbe dovuto svolgersi all’interno delle mura vaticane – aveva incontrato grosse difficoltà (v. Adista Notizie n. 6/18): a McAleese e ad altre due relatrici, infatti, il cardinale irlandese Kevin Farrell, prefetto del dicastero per i laici, la famiglia e la vita, aveva vietato la partecipazione, cancellandone il nome

dalla lista iniziale dei relatori. Le altre due relatrici bocciate, oltre alla McAleese (persona “non grata” in Vaticano evidentemente per il suo sostegno alle cause Lgbt, come il referendum irlandese per le nozze gay del 2015,

e all’accesso delle donne al sacerdozio), erano state la teologa polacca Zuzanna Radzik, specialista in relazioni ebraicocristiane, e Ssenfuka Joanita Warry, cattolica lesbica attivista per i diritti Lgbt in Uganda.

Ma il gruppo promotore non si è perso d’animo e, per non rinunciare alle relatrici, ha trasferito l’evento presso la Curia dei gesuiti (che di fatto è pur sempre territorio vaticano, benché extraterritoriale), invitando come prima relatrice proprio la McAleese. Tra i partecipanti, la teologa britannica Tina Beattie, la giornalista statunitense Nicole Sotelo, Joana

Gomes, direttrice dei progetti in Ciad del Jesuit Refugee Service, il giornalista gesuita statunitense p. Luke Hansen.

La Chiesa, ultima fortezza della misoginia Nella sua appassionata relazione, Mary McAleese – che sta studiando per un dottorato in Diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana – dopo aver ironizzato sullo spostamento della sede del convegno pochi metri più in là delle mura vaticane («Spero che oggi tutti i loro apparecchi acustici siano accesi!», ha scherzato), ha iniziato sottolineando i diversi ruoli che il Concilio Vaticano II ha riconosciuto ai laici, ma che soltanto in modo marginale hanno accresciuto la visibilità della donna, nulla aggiungendo al loro potere decisionale e alla loro voce. Ha puntato il dito contro «il virus della misoginia» veicolato dalla Chiesa: «Nella Chiesa cattolica non ci sono assolutamente né strategia né struttura in grado di creare uguaglianza», e tocca a papa Francesco sviluppare una «strategia credibile » affinché le donne siano partecipi a ogni livello. Una strategia, ha specificato, «con obiettivi, percorsi e risultati, valutati in modo regolare e indipendente». La mancanza di parità della donna nella Chiesa ha privato quest’ultima

di «un discernimento fresco e innovativo», consegnandolo di fatto «a un pensiero riciclato in una élite maschile e clericale

confortevole e ermeticamente sigillata». Il rifiuto da parte della Chiesa del sacerdozio femminile, ha detto, «ha escluso la donna da qualsiasi ruolo significativo nella leadership ecclesiale, dallo sviluppo dottrinale e dalla struttura dell’autorità», mantenendola in una condizione e in un ruolo subordinato a quello degli uomini: «Siamo qui per gridare, per demolire i muri di misoginia della nostra Chiesa», ha detto, sottolineando che l’opposizione al sacerdozio femminile «ha tenuto Cristo

fuori e ha fatto entrare l’intolleranza». «Per quanto ancora la gerarchia può sostenere la credibilità di un Dio che vuole che

le cose vadano in questo modo, che vuole una Chiesa dove le donne sono invisibili e senza voce nella guida della Chiesa?», ha chiesto. L’esperienza di Chiesa che molte donne hanno è quella di una «fortezza maschile

piena di banalità presuntuose, alla quale papa Francesco ha aggiunto la sua parte».

Per ciò che concerne il sacerdozio femminile, McAleese è intervenuta sul tema anche durante la conferenza stampa che ha preceduto il simposio. «Il papa dice che non è in agenda, va bene, ma cosa c’è in agenda? Come puoi proporre di includere le donne nel processo decisionale se il processo decisionale, il discernimento riguardo alla formazione

religiosa, la prassi e la direzione sono eccessivamente filtrati da una casta completamente maschile?», ha osservato. Secondo l’ex presidentessa irlandese, il divieto di accesso al sacerdozio per le donne è una «fesseria» mascherata da teologia, che fa sì che la Chiesa sia rimasta «uno degli ultimi baluardi rimasti di misoginia».

Alla conferenza stampa era presente anche la teologa Tina Beattie, docente di Studi cattolici presso l’Università di Roehampton. La totale mancanza di discussione sul ruolo delle donne nella Chiesa è un enorme problema,ha detto, invitando le autorità della Chiesa a seguire quanto il papa afferma in Amoris laetitia, nella parte dedicata al dialogo:

«È possibile che dal mio pensiero e dal pensiero dell’altro possa emergere una nuova sintesi che arricchisca entrambi. L’unità alla quale occorre aspirare non è uniformità, ma una “unità nella diversità” o una “diversità riconciliata”», scrive Francesco. Dunque, ha argomentato la Beattie, la Chiesa deve ora affrontare la questione per uscire dal «vicolo cieco catastrofico» in cui l’esclusione delle donne l’ha posta. La proposta concreta di Voices of Faith – elaborata in un documento scritto che è stato presentato al segretario di Stato card. Pietro Parolin – è la creazione di una commissione

ad hoc sulle donne, che superi, in sostanza, il divieto di mettere in discussione la posizione contraria all’ordinazione femminile emanato da Giovanni Paolo II nel 1994 e confermato poi tanto da Benedetto XVI quanto da Francesco stesso, anche se quest’ultimo quantomeno ha messo allo studio la questione del diaconato femminile. Un fronte, ha detto

la McAleese, sul quale occorre essere molto attive. Tina Beattie ha poi inserito la questione femminile all’interno di quella della riforma della Curia, ricordando la frase di Francesco, secondo cui riformare la Curia è come pulire la Sfinge egizia con uno spazzolino da denti. «Dacci uno spazzolino – ha detto la teologa – e la sfinge sarà pulita in un baleno».

Nella Giornata internazionale della donna, la Women Ordination Conference, organismo che promuove l’ordinazione sacerdotale delle donne nel contesto di un più ampio discorso di uguaglianza e inclusione nella Chiesa, ha annunciato l’ingresso, nel proprio board di consulenti, di suor Teresa Forcades, teologa benedettina molto attiva sul terreno del ruolo della donna, che ha più volte messo in luce la struttura patriarcale e la misoginia della Chiesa, e di Jamie Manson, del settimanale National Catholic Reporter. (ludovica eugenio)

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