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Congresso africano sulla pena di morte: la Dichiarazione finale per un'Africa abolizioinista

Congresso africano sulla pena di morte: la Dichiarazione finale per un'Africa abolizioinista

Con una “Dichiarazione finale per un’Africa abolizionista” si è chiuso, ad Abidjan, in Costa d’Avorio, il Congresso regionale africano (9 e 10 aprile) organizzato dall’Associazione “Insieme contro la Pena di Morte” (Epcm) in preparazione del 7° Congresso mondiale contro la pena capitale che si terrà a Bruxelles nel febbraio del 2019. Più di 300 i partecipanti, fra attivisti, diplomatici, politici, parlamentari, avvocati, ex condannati a morte.

Il testo – qui in versione integrale in francese – constata, in apertura, che «su 55 Stati africani i 4/5 sono abolizionisti: 20 hanno abolito la pena capitale per tutti i crimini e 22 osservano una moratoria sulle esecuzioni», nel rispetto del «diritto alla vita» che «è protetto da tutti i testi internazionali e regionali sui diritti dell’uomo»; ma deve altrettanto constatare che sono 13 quelli che la mantengono e la applicano spesso in maniera arbitraria (855 condanne sono state pronunciate e 68 eseguite nel 2016 in Africa); che «la lotta contro il terrorismo è diventata per alcuni governi una scusa per estendere il campo dell’applicazione della pena capitale e riprendere le esecuzioni»; che «la pena di morte è praticata in maniera discriminatoria soprattutto in funzione dello status socio-economico e dell’orientamento sessuale»; «che i condannati a morte subiscono, a seconda del loro status, condizioni di detenzione che costituiscono un trattamento crudele, inumano e degradante».

Dopo la sollecitazione ai Paesi non abolizionisti a provvedere ad una moratoria e all’eliminazione della pena capitale, la Dichiarazione invita i Paesi abolizionisti a ratificare il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; a sostenere il Protocollo addizionale alla Carta africana dei diritti dell’uomo specificatamente sull’abolizione della pena di morte; a sostenere gli attori della società civile che operano in favore della sua abolizione. L’invito è rivolto anche ai parlamentari e alla società civile perché amplifichino la loro azione in questo campo con azioni di sensibilizzazione e di educazione presso l’opinione pubblica, presso i politici e i professionisti nel settore giuridico.

«Da dieci anni, ogni anno un Paese africano abolisce la pena di morte», ha spiegato alla France Press il direttore dell’Epcm, Raphaël Chenuil-Hazan, «è una tendenza persistente. Dopo l’Europa e l’America del Sud, l’Africa è il prossimo continente abolizionista». «La pena di morte è discriminatoria, colpisce innanzitutto i poveri, che non hanno i mezzi per difendersi», è la sua constatazione. È una «discriminazione sociale», prima ancora che razziale, come negli Stati Uniti dove sono quasi esclusivamente i neri ad essere condannati.  Ma «la pena di morte è utile anche per sbarazzarsi degli oppositori politici in numerosi regimi».

*Foto tratta da Creative Commons immagine originale e licenza

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