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Mons. Zuppi incontra un centro sociale: un progetto culturale trasversale è possibile

Mons. Zuppi incontra un centro sociale: un progetto culturale trasversale è possibile

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 28/04/2018

39336 BOLOGNA-ADISTA. È stata una vera prima volta l’assemblea di lunedì 18 aprile al centro sociale Teatro Polivalente Occupato (Tpo) di Bologna. Innanzitutto, non era mai successo che un vescovo, nella fattispecie mons. Matteo Zuppi, si presentasse in un centro sociale per dialogare con un gruppo storico di antagonisti. Se poi consideriamo che stiamo parlando di una delle diocesi più importanti d’Italia, dal 1968 guidata da una curia di stampo conservatore (Antonio Poma, e poi soprattutto Giacomo Biffi e Carlo Caffarra), e in una città dalla lunga tradizione di sinistra; e se aggiungiamo che lo spunto per il confronto è venuto dai discorsi ai movimenti popolari di papa Francesco (diffusi dal manifesto), allora ci sono tutti gli elementi per parlare di una serata importante. Su Adista (14/04) abbiamo documentato le attese suscitate nelle settimane precedenti sulla stampa locale.

Nei fatti, era stata ideata come una presentazione del volume Terra, Casa, Lavoro, di cui ci siamo più volte occupati, ma era chiaro già da prima che il libro avrebbe dovuto funzionare da innesco per un confronto assembleare sulla trasformazione e sulla crisi del tempo presente, su Bologna e sulle sue emergenze sociali. Tra i relatori, Alessandro Santagata, curatore del libro e giornalista di Adista, Luciana Castellina, giornalista, scrittrice tra i fondatori del manifesto, e Domenico Mucignat, voce storica del Tpo. La speranza degli organizzatori era di avere un momento partecipato, ma neppure nelle loro migliori aspettative si sarebbero immaginati di vedere il capannone del centro sociale pieno di giovani militanti, esponenti dell’associazionismo di base, seminaristi e abitanti del quartiere (insieme a un numero consistente di giornalisti e ad alcuni nomi della politica locale: assessori della giunta comunale, Matteo Lepore e Davide Conte), consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione e altri volti della “sinistra diffusa”. Insomma, un insieme decisamente composito.

Va detto poi che alle spalle dell’assemblea c’era stato un lungo lavoro: i contatti tra gli antagonisti e Zuppi risalgono ad almeno due anni fa, cioè da circa un anno dopo l’insediamento del vescovo venuto dalle periferie romane. «La serata – ha spiegato in apertura Mucignat – è il punto di arrivo di un percorso che ha mosso i primi passi dalla collaborazione tra la diocesi, lo Sportello Migranti del Tpo e il progetto Accoglienza Degna (dello spazio Làbas) per dare una soluzione all’emergenza abitativa di un richiedente asilo di comune conoscenza». Il confronto assembleare ha preso avvio proprio da come le parole di riscatto sociale del papa possano essere tradotte concretamente nel contesto italiano.

I relatori hanno ricordato come quei discorsi abbiano un peso particolare anche per via del quadro in cui sono stati pronunciati, cioè nella rete mondiale dei movimenti che ha riunito in Vaticano (e nel 2015 in Bolivia) centinaia di organizzazioni di diversa estrazione politica e culturale che da anni praticano il conflitto. Non solo teoria dunque, e certo non solamente slogan, come racconta la storia dei Sem Terra brasiliani e del Movimento dei lavoratori esclusi argentino. Un’analisi dei discorsi del papa è venuta da Castellina, che ha sollecitato direttamente l’interlocutore ecclesiastico chiamando in causa la storia del dialogo tra cattolici e comunisti, il contributo del Pci e del gruppo del manifesto.

Attento e dotato di un sostanzioso dossier di appunti, Zuppi ha precisato subito che lo stupore dei media per la sua partecipazione è risultato in effetti del tutto ingiustificato: il dato preoccupante, semmai, è che «parlare faccia notizia». Quindi ha coinvolto l’assemblea con un’analisi puntuale dei discorsi di Bergoglio, mettendo in evidenza i passaggi dai quali si evince che un’azione collettiva è necessaria, così come lo è il rispetto delle diversità d’impostazione. Ha ricordato che i cartoneros in Italia rischiano spesso il carcere e che i movimenti agiscono senza manicheismi e con in testa un’etica. Insomma, una riflessione sgombra dal timore di una reciproca strumentalizzazione, e sostanzialmente incentrata sulla definizione di un umanesimo alternativo al sistema dominato dalla finanza, ma partendo dalle emergenze concrete (migranti, lavoro, ambiente).

Non è possibile restituire le oltre due ore di dibattito assembleare, durante il quale sono risuonate più volte le stesse parole chiave: «ingiustizia», «muri», «conflitto», «dialogo». Non sono mancati appunti sulla distanza notevole che separa la Chiesa cattolica da chi pensa che, senza l’autodeterminazione dei corpi, non ci possa essere una prospettiva di riscatto collettivo. Ma si può dire che, come in occasione degli incontri mondiali dei movimenti, è prevalsa la ricerca di un linguaggio condiviso. Per Gianmarco De Pieri del Tpo, «abbiamo messo a tema come organizzare la resistenza contro l’ingiustizia. Due mondi che da tempo si parlavano, invitano tutti gli altri mondi a parlarsi. Nei periodi più felici – per esempio a Genova nel 2001 – i movimenti sociali hanno camminato insieme. Ricominciamo a farlo». Rimanendo nel terreno della storia, la serata di lunedì fa pensare agli anni Sessanta e agli incontri tra quelli che allora erano detti i “cattolici del dissenso” e i militanti della sinistra, quella vecchia e quella nascente.

I concetti dell’epoca erano simili, quando non gli stessi, ma la sensazione è che siamo, nello stesso tempo, vicini e lontani anni luce dalle dinamiche di allora. Siamo vicini nella misura in cui, dopo decenni nei quali la Chiesa cattolica si è arroccata in una campagna sulla bioetica, Francesco ha compiuto un rinnovamento, con al centro il discorso sociale, che ricorda la stagione di papa Roncalli e del suo Concilio. In mezzo però si è consumata la fine del Novecento, con quell’accelerazione della crisi culturale e politica che obbliga a un ripensamento profondo delle categorie. Un secondo elemento di novità è dato dal coinvolgimento diretto dell’istituzione ecclesiastica in un progetto politico così culturalmente trasversale. L’assemblea di Bologna dunque sembra aver reso palese che è in corso un cambiamento d’epoca e che ci può essere un percorso di movimento da riprendere: per costruire un nuovo «tessuto sociale», parole di Zuppi, per realizzare un’azione comune senza «pasticci ideologici», nella visione di Castellina e degli organizzatori e con la quale anche il vescovo si direbbe d’accordo.

Foto di sferrario 1968 del 2017, tratta da Pixabay, immagine originale e licenza

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