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La legge 194 sta per compiere 40 anni. Di laicità, progresso e liberazione delle donne

La legge 194 sta per compiere 40 anni. Di laicità, progresso e liberazione delle donne

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 28/04/2018

39338 ROMA-ADISTA. Si avvicina il 40.mo anniversario di una delle leggi più significative della storia dell’età repubblicana. Quella che segnò, assieme alla legge sul divorzio, in maniera definitiva l’inizio del processo di secolarizzazione delle istituzioni italiane (dentro la società tale processo era stato avviato diversi anni prima); ma anche di una legge tuttora sotto attacco da parte delle forze politiche reazionarie e di un fronte politico-culturale, oltre che confessionale, più ampio che in passato.

Si tratta della legge 194 del 22 maggio 1978, quella che liberalizzò in Italia l’interruzione di gravidanza. Una legge alla cui stesura diede un contributo determinante anche l’area del cattolicesimo progressista che ebbe un importante ruolo nel momento in cui la legge arrivò alla discussione del Senato. Nel dibattito alla Camera aveva avuto un peso determinante la cultura radicale, socialista e femminista. Il gruppo della Sinistra Indipendente cercò di saldare una prospettiva non più esclusivamente legata al diritto individuale delle donne, ma anche al modo con cui la Repubblica poteva farsi carico della questione, “socializzandola”. Lo ricordava alcuni mesi fa (MicroMega n. 3/2017) Raniero La Valle, già senatore della Sinistra indipendente ed estensore dell’articolo 1 della 194. «Per noi la questione non era tanto nei termini di pensare il diritto all’aborto come un diritto di libertà, come una conquista civile, anche se cercammo di capire senza astio questa posizione; piuttosto ci angustiava il trattamento penale e il carcere per le donne e ci sembrava ormai improcrastinabile realizzare (tanto da cominciare a dibatterne prima ancora di entrare in Parlamento) una regolamentazione condivisa dell’interruzione di gravidanza, sottraendola alla clandestinità ed ai rischi per la salute delle donne. Al di là dei casi di aborto strettamente terapeutico, la decisione su una eventuale interruzione di gravidanza doveva ovviamente spettare alla madre stessa, ma a nostro giudizio ella andava aiutata in questa scelta da un consultorio pubblico o convenzionato, cosa per la quale si doveva lasciare un periodo di riflessione di 10-12 giorni prima dell’intervento. Questo aspetto della legge è stato spesso trascurato, ma per noi aveva una importanza fondamentale, perché in questo modo l’aborto non era più un fatto esclusivamente individuale, ma veniva socializzato, in quanto l’istituzione si poneva accanto alla madre e si faceva carico delle ragioni per cui ella intendeva abortire. La socializzazione del problema, secondo la nostra idea, avrebbe comunque promosso una crescita di solidarietà Il consultorio avrebbe dovuto garantire un’adeguata offerta di sostegno reale da parte delle istituzioni. Si trattava di una costruzione estranea all’ideologia abortista che aveva trovato espressione nelle proposte formulate dai movimenti radicali, femministi e in parte dai socialisti; la legge non ammetteva che l’aborto fosse usato ai fini della limitazione delle nascite, ma non si intrometteva nel rapporto tra la donna e il concepito, riconoscendole il potere della decisione».

Il Guttmacher Institute (una delle principali organizzazioni di ricerca e politica impegnata a promuovere la salute, i diritti sessuali e riproduttivi negli Stati Uniti e in tutto il mondo) ha recentemente pubblicato un rapporto sull'accesso all'interruzione di gravidanza nel mondo (https://www.guttmacher.org/report/ abortion-worldwide-2017), nel quale si parla della legge 194 come di una delle più efficaci che siano state approvate nel mondo anche perché, nonostante quello che ripete il senso comune (orientato da una campagna di attacco indiscriminato a questa legge), ad un maggiore proibizionismo non corrisponde affatto un tasso minore di aborti, tutt’altro. Nei Paesi dove l’interruzione di gravidanza è illegale, infatti, lo studio del Guttmacher Institute parla di una media di 37 aborti ogni mille donne in età fertile; mentre dove l’interruzione di gravidanza viene tutelata dalla legge gli aborti sono 34 ogni mille. Insomma, le politiche proibizioniste avrebbero solo l'effetto di aumentare il rischio di aborto non sicuro. In Italia, i dati parlano attualmente di circa di 6,5 aborti ogni mille donne in età fertile, con un trend in continuo calo. Katrine Thomasen del Center for Reproductive Rights, una delle autrici del rapporto pubblicato dal Guttmacher Institute, ha però dichiarato alcune settimane fa all’Ansa (25/3) che nonostante la legge 194 imponga un obbligo legale alle autorità di garantire alle donne l'accesso ai servizi, «nella pratica spesso le donne hanno grandi difficoltà, perché in molte regioni e strutture c'è un numero insufficiente di personale non obiettore». 

Manifestazione a favore della legge 194 a Bologna - foto (del 2008) di Antonella Beccaria, tratta da Flickr, immagine originale e licenza

 

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