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A 40 anni dalla 194

A 40 anni dalla 194

Tratto da: Adista Notizie n° 20 del 02/06/2018

Possiamo incominciare ricordando Adele Faccio? Quando l’interruzione volontaria di gravidanza comportava la condanna da 7 a 12 anni per il medico che la praticava, e decine di migliaia di donne potevano anche morire per ferri da calza e prezzemolo tossico, Adele creò il Cisa e, a Firenze, un ambulatorio di aiuto alle donne. Quando, nel 1975, vi fecero irruzione i carabinieri, scoppiò lo scandalo: i cattolici e la Dc si stracciarono le vesti, ma scandaloso era il buco nero delle decine di migliaia di casi che nella clandestinità e nella vergogna si verificavano in Italia. La sentenza della Corte che consentiva alla donna il ricorso in casi gravi all’IVG aprì la via alla legge, poi sottoposta al referendum ma mantenuta da un'altissima maggioranza contro le previsioni della Chiesa in primo luogo, ma anche della sinistra diffidente delle donne. Per questo siamo grati alle donne che seppero esporsi per liberare le altre.

Nonostante i cattolici intransigenti abbiano minacciato sfracelli in “difesa della vita” e a Roma siano ricomparsi i tristi bambolotti “scampati al feticidio” e le scritte sull’aborto come “la prima causa di femminicidio nel mondo”, non ci sono state manifestazioni. Effetto della crisi di governo? Probabilmente no: Salvini – che, rosario in mano, ha già sponsorizzato un’iniziativa antiabortista – vuole certamente la famiglia “secondo natura”. D'altra parte per i diritti delle donne non tira buona aria, scomparsi dalla recente campagna elettorale. Si spera, tuttavia, che nessuno/a abbia mandato il cervello in vacanza e che il Paese si ricordi che il valore della vita è al sicuro non solo nell’utero, ma nella mente e nella coscienza delle donne, consapevoli di poter essere, tutte, potenziali madri.

È tempo di giocare al rialzo e di eliminare l’obiezione di coscienza: in troppe strutture pubbliche la legge viene disapplicata per il numero delle obiezioni. Se le leggi vanno “tutte” applicate e se l’analogia con l’obiezione al servizio militare obbligatorio è solo apparente, perché questa riguarda un principio costituzionale, perché non deve avere forza di legge la libertà delle donne nelle scelte che riguardano la loro persona? Andrebbe anzi cancellata la 194 che obbliga una donna a dovere, in qualche modo, chiedere l’autorizzazione allo Stato per scelte che riguardano il suo corpo e la sua libertà. Ancora una volta le donne possono voler proporre la loro etica ad una società che ricorre alla politica dei divieti per rimuovere le proprie responsabilità. Davanti alla prevista escalation farmacologica che ha portato dalla contraccezione alla pillola del giorno dopo e alla pillola abortiva è tempo di aprire una diversa campagna per impiantare una cultura della nascita e della famiglia che distingua il valore della sessualità dalla genitalità biologica e che promuova, nel matrimonio o in qualunque libera unione, la buona convivenza a partire dalla libera responsabilità della scelta genitoriale. Quando fu votata la 194 tutti si impegnarono a modificare la cultura che ne è causa: “Per non abortire”. Data per scontata l’ipocrisia umana, oggi è bene cercare almeno di discutere la possibilità che un uomo possa chiedere alla donna di ricorrere un paio di volte all’anno alla pillola.

L’educazione sessuale nelle scuole fa ancora paura alle anime belle che vogliono tenere al riparo dai pericoli i loro bambini; che a nove anni corrono pericoli davvero perché si informano sui siti porno di internet forniti anche di inviti e indirizzi. Questo genere di privatizzazione rischia di sostituire la vecchia clandestinità, mentre solo la conoscenza dà dignità alle relazioni e ai sentimenti umani consapevoli e, perciò, liberi.

* Giancarla Codrignani è una scrittrice e giornalista, dal 1976 al 1987 in Parlamento con la Sinistra Indipendente, impegnata sui temi della questione di genere, della pace e della giustizia internazionale

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