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IL VESCOVO COL VIZIO DELL’AUTOGOL. LE LUNGIMIRANZE PASTORALI E LE INCREDIBILI GAFFES DI MONS. MATARRESE

Tratto da: Adista Notizie n° 23 del 22/03/2008

34345. FRASCATI (RM)-ADISTA. In procinto di lasciare, forse. Non per raggiunti limiti di età, perché di anni non ne ha ancora compiuti 74. Ma per mons. Giuseppe Matarrese, vescovo di Frascati, la situazione in diocesi si è fatta difficile. Troppi infatti gli episodi e le gaffes di cui si è reso, negli anni, protagonista e che gli hanno ormai definitivamente alienato il sostegno del suo popolo, oltre ad aver creato evidente imbarazzo nelle gerarchie ecclesiastiche, che starebbero già cercando un successore più adeguato ai bisogni della piccola ma storica diocesi tuscolana. Per lui si ventila la possibilità di un buen retiro in una commissione per lo sport creata ad hoc o presso la Cei o presso il Pontificio Consiglio pro Laicis. Magari con i buoni uffici del fratello Antonio, presidente della Figc.

I Matarrese, infatti, sono una piccola dinastia. Il patriarca è Salvatore, che a Bari ha messo su l’impresa edile che ha fatto le fortune della famiglia. I suoi figli - sei - hanno tutti raggiunto posizioni di riguardo: Michele dirige l'impresa di famiglia, divenuta una piccola holding del cemento armato (con i gruppi Andidero e Quistelli, artefice del famigerato complesso Punta Perotti, ecomostro edificato nel 1995 sul litorale barese e abbattuto nell’aprile 2006). Antonio, ex deputato Dc, è stato - ed è di nuovo - presidente della Lega Calcio. Vincenzo è da trent'anni presidente del Bari Calcio. Amato è ingegnere. L'ultimogenita, Carmela, ha sposato Mario Greco, magistrato di Cassazione e senatore di Forza Italia (eletto nel collegio pugliese di Monopoli - Putignano - Casamassima) fino al 2006. E poi, naturalmente, c’è Giuseppe, la cui carriera ecclesiastica - pure non priva di tribolazioni - lo ha portato sino allo zucchetto episcopale.

 


Una vita nei “palazzi”

Ordinato sacerdote il 15 marzo 1959, Matarrese fu dapprima vice parroco a Roma, nella chiesa di Santa Maria Ianua Coeli, quartiere di Montespaccato. Fu poi inviato alla parrocchia dei Santi Patroni d'Italia a Trastevere e, nel 1964, a S. Giovanni Battista De Rossi all'Alberone. Nel 1969 venne assegnato al Tribunale del Vicariato di Roma come scrittore. Nel 1970 arrivò la nomina a parroco, ai Martiri dell'Uganda a Poggio Ameno, sull'Ardeatina.

La carriera ecclesiastica vera e propria inizia nel 1987, quando diventa Presidente dell'Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Roma e Ostia, e tesoriere della fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana, carica che detiene tuttora. Giovanni Paolo II, nel 1990, lo nomimò vescovo di Frascati, su segnalazione dell’allora cardinal vicario Ugo Poletti. Contemporaneamente, uno dei fratelli del neo eletto, considerato benefattore di Avvenire, venne chiamato dallo stesso Poletti a far parte del Consiglio di amministrazione del quotidiano della Cei. I primi passi del vescovo Matarrese nella diocesi suburbicaria furono orientati a normalizzare una diocesi considerata troppo progressista. Del resto, le sue simpatie di destra Matarrese non le ha mai nascoste. Come quando, in piena campagna elettorale per le Regionali del 2005, invita a votare per Francesco Storace, presidente uscente della Regione Lazio e candidato della Casa delle Libertà. Alle polemiche seguite al suo outing elettorale, dichiara serafico a Repubblica (23 febbraio 2005): “Sono un uomo di destra, che male c’è? In famiglia ho anche politici di spicco in Forza Italia”.

 

Gli ergoniani sbarcano a Frascati

Ma quelli sulla politica non sono gli unici scivoloni collezionati dal vescovo Matarrese. C’è, ad esempio, il caso di don Franco Natangeli, che sul sito del vicariato di Roma (www.vicariatusurbis.it) compare ancora come “Parroco di Cristo Re della Diocesi Suburbicaria di Frascati”. Ma che, già dal novembre del 2007, parroco non lo è più. Il vescovo Matarrese, infatti, per anni suo mentore e protettore, è stato alla fine costretto a rimuoverlo dall’incarico. Al suo posto, un amministratore parrocchiale, p. Thomas Edassery, religioso della Congregazione dei Missionari della Fede.

Quella di Franco Natangeli è una vicenda significativa per comprendere la gestione della diocesi di Frascati portata avanti in questi anni da mons. Matarrese. La rimozione di Natangeli non avviene infatti all’interno di un normale avvicendamento tra parroci. Da anni la comunità di Morena era in subbuglio a causa di don Franco e ne chiedeva l’allontanamento. Alla base di tutto, ragioni fondamentalmente economiche. Notangeli chiedeva spesso soldi. Con diversi pretesti, raccoglieva cifre ingenti che non restituiva e non utilizzava per gli scopi che dichiarava. Nei mesi scorsi, molti parrocchiani gli avevano dato soldi per la riparazione del tetto della chiesa. Il tetto è rimasto com’era, ma i soldi sono spariti. Da un giovane parrocchiano noto per la sua ingenuità, Natangeli si fece affidare 30mila euro. Una cifra enorme, che il parroco riuscì ad assicurarsi promettendo al ragazzo che avrebbe investito quei soldi per lui, facendoli fruttare. Ma di quei soldi Natangeli non ha restituito un solo euro. Quest’ultimo grave episodio ha indotto Matarrese a correre finalmente ai ripari. Il parroco è stato allontanato, il ragazzo risarcito a spese della diocesi, onde evitare una denuncia penale che avrebbe sollevato lo scandalo. Ma alla fine la vicenda è venuta fuori. Anche perché, nella lunga biografia di Natangeli, ci sono diversi altri episodi controversi. E, nel 1994, una condanna penale a 1 anno e 10 mesi di reclusione, di cui il vescovo Matarrese era perfettamente a conoscenza quando affidò a don Franco la parrocchia di Morena. Il prete è stato riconosciuto colpevole di associazione a delinquere “allo scopo - si legge nella sentenza di condanna - di commettere più delitti (e, tra gli altri, quello, reiteratamente, di truffa e falso)” a Frascati ed altrove, negli anni 1991 e 1992: “Con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso”, Natangeli aveva messo in atto “artifizi e raggiri vari – tra l’altro consistiti nel promettere assunzioni di lavoro presso enti diversi (tra i quali la Bnl, la Banca di Roma e l’Alitalia) e nel garantire il risultato, vantando conoscenze influenti ed altolocate” ed inducendo “numerose persone a versare, quale compenso per il loro interessamento (ovvero al fine di compensare gli intermediari), somme elevate”. Cifre cioè che andavano dai 2 ai 20 milioni di lire. Insieme a don Franco furono condannate anche altre 3 persone. Tra queste, quella che per diversi anni era stata la compagna del sacerdote, Maria Ferrini. Conosciutisi nel 1977, all’epoca in cui Natangeli era vice parroco presso la chiesa del Ss. Sacramento di Frascati, Ferrini e don Franco erano stati insieme 18 anni. Fino all’inizio del 1997, quando la Ferrini scoprì che don Franco intratteneva una relazione anche con un’altra donna e - dopo un litigio - lo costrinse ad abbandonare la casa di Frascati che avevano acquistato assieme. Nonostante la sua relazione fosse di dominio pubblico (ad un paio di tempestosi litigi tra i due furono presenti diversi parrocchiani di Morena) e nonostante Matarrese sapesse della condanna penale (cui non fu mai fatto ricorso), Natangeli venne comunque nominato, nel 1997, parroco a Morena.

E il suo operato fu sempre difeso dal vescovo di Frascati. Anche quando seppe del coinvolgimento di don Franco all’interno di una setta religiosa, quella degli “Ergoniani”. Così, in un rapporto del Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell'Interno inviato alla Commissione affari costituzionali, il Viminale descriveva, nell’aprile 1998, questo gruppo, classificato all’interno di 15 “psico-sette” o “autoreligioni” che “nella fase di proselitismo e in quella di indottrinamento usano sistemi scientifici studiati per aggirare le difese psichiche delle persone irretite, inducendole ad atteggiamenti acritici e ad obbedienza cieca”. Nonostante Natangeli nella parrocchia di Morena avesse ospitato in più occasioni riunioni con altri adepti della setta (e scritto la prefazione di un libro sull’argomento, pubblicato dalle Edizioni Mediterranee) non accadde nulla. Accadde, semmai, che don Franco ospitasse in parrocchia un finto vescovo - un tale che si presentava come mons. Melani - al quale don Franco consentiva la celebrazione di riti sacri e la raccolta di fondi per missioni in Africa rivelatesi poi inesistenti.

Una segnalazione a mons. Matarrese non produsse nulla; la segnalazione di un parrocchiano ai carabinieri produsse invece l’arresto del finto vescovo, avvenuto all’interno della sacrestia della parrocchia di Natangeli.

Una gaffe dietro l’altra

E poi ci sono le innumerevoli gaffes di cui lo stesso Matarrese si è reso protagonista. Come quando, in una singolare catechesi fatta nel maggio 2007 ai ragazzi che si preparavano alla cresima nel Duomo di Montecompatri, il vescovo di Frascati, illustrando le virtù della famiglia, affermò che “i gay non possono essere considerati cristiani”. Parole che furono puntualmente contestate da alcuni ragazzi presenti. Suscitando l’ira di Matarrese, il quale apostrofò una ragazza che aveva avuto l’impudenza di contraddirlo con l’appellativo di “scema”, mentre a una sua compagna, che aveva preso la parola per difenderla, rispose bruscamente: “Hai una capoccia vuota!”.

Ma la gaffe più eclatante di cui mons. Matarrese si è reso protagonista è forse quella del dicembre 2007. Il vescovo di Frascati si trovava in visita alla parrocchia del Sacro Cuore a Rocca di Papa, nella zona dei Campi di Annibale, dove è parroco don Franz Vicentini, che in diocesi ricopre anche il ruolo di responsabile delle Comunicazioni Sociali. In quell’occasione mons. Matarrese, durante l’omelia, lesse pubblicamente il contenuto di una lettera anonima che gli era stata inviata qualche tempo prima. Si parlava delle relazione tra don Franz ed una parrocchiana, di cui l’ignoto mittente faceva nome e cognome. Ebbene, Matarrese lesse a voce alta - e a tutta la comunità - la lettera, compresa la parte in cui si facevano le generalità della donna. L’intento del vescovo era quello di mostrare di quante maldicenze siano vittime gli uomini di Chiesa. Ma la donna chiamata in causa di fronte a tutta l’assemblea, non pare abbia apprezzato la pubblicità procuratale dalla maldestra iniziativa del vescovo.

Si sarebbe perciò rivolta ad un avvocato con l’intenzione di denunciare Matarrese per aver pubblicamente leso la sua reputazione. Anche in questo caso, pur di evitare il procedimento penale (e le conseguenti ripercussioni mediatiche), il vescovo di Frascati si sarebbe dichiarato disponibile a versare un congruo risarcimento economico alla donna. (valerio gigante)

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