Nessun articolo nel carrello

UN CRISTIANO IRRIDUCIBILE

Tratto da: Adista Documenti n° 60 del 17/07/2010

José María Díez-Alegría, uno dei grandi teologi spagnoli, ci ha lasciato. Avrebbe compiuto ad ottobre 99 anni. È stato un gesuita irriducibile, obbligato dagli inquisitori del Vaticano a lasciare l’ordine di Ignazio di Loyola per il fatto di non accettare silenzi, compromessi o censure. Per quanto non abbia mai smesso in realtà di vivere nella (e con la) Compagnia di Gesù. “Sono un gesuita clandestino”, era solito ironizzare.

Nato il 22 ottobre del 1911 nella succursale del Banco de España di Gijón, di cui suo padre era direttore, passò presto dalla parte dei minatori, iniziando ad avere problemi con la dittatura franchista, poco incline ai preti battaglieri. Solo il cognome Díez-Alegría, reso illustre da due generali, lo salvò dal carcere, anche se non da emarginazione e da offese. Una volta gli chiesero come poteva un banchiere essere cattolico e Díez-Alegría rispose con questo aneddoto brechtiano. Andò un banchiere a confessarsi e gli disse: “Padre, io sono un banchiere”. Ed egli rispose: “Cominciamo male!”. Il ricco penitente si arrabbiò e se ne andò.

Alegría (tutti lo chiamavano così) era uno stimato professore dell’imponente Università Gregoriana a Roma quando, nel Natale del 1972, pubblicò senza il nihil obstat obbligatorio il libro Yo creo en la esperanza (Credo nella speranza), che in qualche settimana fece il giro del mondo.

Uscito dalla Compagnia di Gesù per evitare  danni maggiori con il Vaticano, ritornò un anno dopo a Madrid e andò a vivere in una baracca al Pozo del Tío Raimundo, suburbio in cui un altro gesuita, il famoso padre Llanos, ex cappellano della Falange ed ex amico del dittatore Francisco Franco, portava avanti una radicale Teologia della Liberazione dal 1955. Alegría, il cui umorismo e la cui pazienza evangelica non avevano limiti, si fece allora stampare questo biglietto da visita: “José María Díez-Alegría. Dottore in Filosofia. Dottore in Diritto. Teologo. Ex professore di Scienze Sociali all’Università Gregoriana. In pensione per meriti di guerra incruenta. Calle Martos, 15. Pozo del Tío Raimundo”.

 

Una vita al Pozo del Tío Raimundo

Al Pozo del Tío Raimundo, Llanos e Alegría portarono avanti nel modo migliore una vera Teologia della Liberazione, entrando nella mitologia popolare. La loro sensibilità per le vittime di un sistema economico disumano era ontologica. Una volta, durante una conferenza alla Camera di Commercio di Madrid, Alegría disse, incurante delle conseguenze: “La classe dirigente vive in situazione di peccato”. Díez-Alegría non smise mai di proclamare la sua convinzione che, se un socialismo dal volto umano era molto difficile, un capitalismo dal volto umano era impossibile.

Alegría è scomparso nella residenza dei gesuiti di Alcalá de Henares. Decine di discepoli, amici e ammiratori vi si recavano con frequenza per godere della sua conversazione saggia, santa e irriverente, senza peli sulla lingua, di una bellezza incomparabile. Da alcuni mesi aveva iniziato a consumarsi. “Ci si sta spegnendo Alegría”, correva voce. L’altro ieri già non ci si aspettava altra notizia che quella della sua morte, avvenuta stamattina 25 giugno alle cinque.

Quando 37 anni fa venne espulso dalla Compagnia di Gesù in seguito alla pubblicazione di Yo creo en la esperanza, Alegría viveva a Roma ed era un brillante professore della Gregoriana, cioè un intellettuale lanciato verso la notorietà. Erano i tempi del postconcilio, per quanto già si intravedessero nuvoloni in quella primavera ecclesiale. Díez-Alegría chiese il permesso di pubblicare il suo libro. Glielo negarono. E allora prese una decisione che avrebbe cambiato la sua vita. Il libro apparve nel 1972 per i tipi della Desclée de Brouwer di Bilbao e ne furono venduti 200.000 esemplari in varie lingue. Il suo salto nella notorietà fu fulminante. Quindici giorni più tardi, il quotidiano più venduto a Roma, Il Messaggero, e il più importante degli Stati Uniti, The New York Times, proclamarono: “Il best seller di un gesuita spagnolo acclama Marx e attacca Roma”.

Díez-Alegría impiegò poco a ritornare in Spagna e a prendere “la migliore decisione” della sua vita, come avrebbe detto più tardi. Si recò a El Pozo del Tío Raimundo, si tolse il berretto da gesuita, indossò il basco da prete e mise in pratica la teologia che aveva insegnato a Roma. Quando arrivò a Madrid, il 24 febbraio del 1974, “una nube di giornalisti lo assediava come fosse un famoso attore cinematografico”, ricorda il suo biografo Pedro Miguel Lamet (Díez-Alegría. Un jesuita sin papeles. Editorial Temas de Hoy. 2005).

A 90 anni, Díez-Alegría pubblicò la seconda parte del suo famoso libro, questa volta con il titolo Yo todavía creo en la esperanza (Credo ancora nella speranza), ma prima di questa vi sono molte altre opere di grande rilievo, come Actitudes cristianas ante los problemas sociales (1967), Cristianismo y revolución (1968), Yo creo en la esperanza (1971), Teología en broma y en serio veras (1977), Rebajas teológicas de otoño (1980), La cara oculta del cristianismo (1983), ¿Se puede ser cristiano en esta iglesia? (1987) o Cristianismo y propiedad privada (1988). Egli stesso si considerava uno dei membri della Teologia della Liberazione, orgoglioso che padre Ignacio Ellacuría, assassinato dal fascismo clericale in El Salvador, Jon Sobrino o Gustavo Gutiérrez lo considerassero “un vecchio compagno”. Ha sempre sostenuto che nel fragore dell’ingiustizia in cui vive questo mondo globale non c’è altro posto che per la militanza sociale.

Díez-Alegría aveva ammiratori anche tra gli esponenti della gerarchia del cattolicesimo perché era un cristiano irriducibile, malgrado le sue gustose impertinenze nei confronti del potere. In questo assomigliava a Gesù, il fondatore, crocifisso perché diceva quello che pensava. In un mondo di ecclesiastici addomesticati dal potere politico ed economico, che poco usano il nome di Cristo perché preferiscono i riferimenti teneri ma pacifici e melliflui a Maria, o a papi lussuosamente installati nella sovranità vaticana, Díez-Alegría consigliava umiltà, suggerendo piuttosto di tornare a Cristo. “Bisogna citare più i Vangeli che il papa”, diceva. Nella sua ultima conversazione con El País, sosteneva che tra venti o trent’anni si ammetterà il matrimonio dei preti e, poco più avanti, il sacerdozio della donna.

 

“Squatter dell’Universo”

Quando, all’età di 94 anni, cominciava a sentirsi “un okupa del Universo” (gli “Okupas” spagnoli sono un movimento attivo nella riappropriazione di spazi abitativi e di socialità dentro e fuori i tessuti urbani, ndt), malgrado fosse ancora un monello, Díez Alegría ricevette un omaggio dai suoi amici nell’Aula Magna della Casa de América, affollatissima. Venne accolto con lunghissimi applausi, la gente in piedi per vederlo scendere le scale verso il palco, come fosse un profeta o una stella del cinema. L’incaricato della laudatio, quel giorno, fu l’allora ministro della Difesa José Bono, aspirante gesuita da piccolo. L’occasione servì inoltre per presentare la biografia di Alegría scritta da un altro illustre gesuita, saggio e ribelle, Pedro Miguel Lamet.

La gerarchia ecclesiastica ha sopportato la notorietà e la voce di Alegría con sorpresa o panico. Per esempio, il 28 maggio del 1977, El País pubblicava in prima pagina una grande fotografia del gesuita Llanos che salutava con il pugno alzato le 60.000 persone riunite nello stadio di Vallecas (Madrid). “L’incontro comunista di ieri ha potuto contare su due protagonisti d’eccezione, tanto interni alla logica della storia della Chiesa spagnola quanto fuori dal coro: i padri gesuiti Díez-Alegría e Llanos. Padre Llanos - nella fotografia - saluta, pugno alzato, il suo popolo di El Pozo. In qualche modo, ciò viene a simboleggiare l’impegno storico di certa Chiesa passata dolorosamente dal nazional-cattolicesimo al saluto di identificazione marxista”, recitava la didascalia.

Díez-Alegría raccontò più tardi che padre Llanos aveva la tessera del Partito Comunista e della Confederación Sindical de Comisiones Obreras, per quanto apprezzasse più la seconda che il primo “quando vide che non era tutto oro quello che luccicava in quell’idillico eurocomunismo”. Lui no. “Io ero hegelianamente anti-antimarxista”, spiegò sulla base della famosa teoria del filosofo tedesco su tesi, antitesi e sintesi. “Io non sono marxista, ma neppure antimarxista. Prendo sul serio il marxismo. La critica che Marx fa del capitalismo è valida. Non ho mai letto Il capitale, ma altre sue opere sì, e nel mio libro Rebajas teológicas de otoño ho scritto un capitolo intitolato Recuerdos a Marx de parte de Jesús, in cui raccontavo un sogno in cui Gesù mi si presentava dicendomi: ‘Senti, ma questo Karl Marx di cui tanto si scandalizzano i miei attuali discepoli, che mi dici di lui?’. Allora io gli ripetevo alcuni testi di Marx e dopo Gesù mi diceva: ‘beh, se vedi Karl Marx salutalo da parte mia e digli che non è lontano dal Regno di Dio. Perché questo era un po’ il nostro marxismo”.

Malgrado il castigo per Yo creo en la esperanza sia giunto presto, Díez-Alegría non ebbe altri problemi con il Sant’Uf-fizio. Altri teologi ne hanno avuti pur dicendo cose meno coraggiose o meno forti. La spiegazione è che Alegria e Llanos facevano molte precisazioni e usavano la Bibbia con grande competenza. “C’era sempre un Padre della Chiesa che aveva detto prima quello che loro sostenevano”, dice Pedro Miguel Lamet, che ha lavorato molte volte a El Pozo.

Neppure ebbero problemi con la severa dittatura franchista e nazionalcattolica, che pure aveva aperto a Zamora un carcere destinato solo ai preti. La spiegazione risiede nelle origini dei due protagonisti. Llanos era figlio di un generale e Díez-Alegría di un banchiere di Gijón, oltre che fratello dei generali Luis Díez-Alegría, capo della Casa Militare di Franco ed ex direttore generale della Guardia Civile, e Manuel, ex capo dell’Alto Stato Maggiore dell’Esercito. Un giorno, il generale Luis commise un’infrazione stradale e l’agente che lo stava multando, leggendo il suo nome sulla patente, gli chiese se era parente del “famoso teologo Díez-Alegría”. E non lo multò.

Inoltre, quando arrivarono a evangelizzare e, soprattutto, a prestare soccorso e compagnia ai baraccati di El Pozo, i due teologi erano già famosi per proprio conto: Llanos per i suoi articoli e Díez-Alegría perché veniva da Roma dove era stato coinvolto in un clamoroso scandalo editoriale. Il sanguinario dittatore Franco evitava di punire o reprimere chi avrebbe potuto ricevere un qualche appoggio internazionale.

Nella biografia di Alegría, Lamet racconta aneddoti e fatti deliziosi, che spiegano coma mai Alegría fosse un gesuita “clandestino”. Ecco qui una delle storie che raccontava Díez-Alegría per armonizzare la sua radicale Teologia della Liberazione con la fede cattolica. Un catechista di un gruppo di donne in Andalusia si imbatté in una giovane molto povera, sposata e con figli, che era andata a vivere con un vecchio.

- Donna, devi tornare, non puoi continuare a stare con il vecchio.

- Certo che posso. Il vecchio morirà presto, e a me resta una buona casa, ci porto mio marito e i miei figli e il problema è risolto.

- Ma questo va contro la legge di Dio.

La donna, con convinzione: “No, con il Signore non ho problemi. Io gli dico: Signore, tu perdomi me e io perdono te [“per essere tanto povera”, precisò Alegría], e siamo in pace”.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.