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Dalla guerra giusta alla pace giusta

- Dichiarazione finale

Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 27/04/2013

È necessario rilanciare, specie nella delicata congiuntura storica, politica ed economica che stiamo attraversando, i contenuti della Pacem in Terris, importantissimo testo che resta un canone interpretativo privilegiato per la comprensione e l’attuazione del Vaticano II e per la promozione della pace e della “dignità umana”, elemento costitutivo e peculiare di ogni uomo, donna, popolo e nazione, e per il superamento del divario Nord/Sud, ricchi/poveri, distruzione/salvaguardia del creato.
È necessario continuare ad interrogarci insieme, credenti e non credenti, sulle vie oggi da percorrere, nella Chiesa, nella politica e nel diritto per passare dalle armi alla nonviolenza, dal domino alla libertà e instaurare la pace in ogni nazione e tra tutti i popoli della terra.
Alla luce della Pacem in Terris e dell’art. 11 della Costituzione repubblicana, non è più tollerabile alcuna forma di silenzio, reticenza o diplomazia sull’invio e sulla presenza di truppe italiane in quelle missioni militari all’estero che si configurano come vere  guerre di aggressione; sulla diffusione del modello della guerra preventiva come strumento “ordinario” della politica estera degli Stati; sull’esportazione della “democrazia” occidentale con mezzi militari; sull’insistenza a ritenere i conflitti come scontri di civiltà; sulla dissennata crescita delle spese militari che in Italia vede da tempo il movimento per la pace contro l’acquisto degli F35.
Tali situazioni devono diventare oggetto primario di ogni azione pastorale e preoccupazione prioritaria di ogni singolo credente, ma anche delle comunità cristiane, dei vescovi e del magistero ecclesiastico. Ora il nuovo vescovo di Roma Francesco alimenta speranze e attese che dovranno trovare piena realizzazione.
Tutti noi guardiamo con grande attenzione alle tante occasioni in cui negli ultimi anni, credenti e non credenti, si sono trovati assieme per testimoniare un modello diverso di convivenza civile, opponendosi alla costruzione della nuova base militare USA “Dal Molin” a Vicenza, alla presenza delle testate atomiche sul nostro territorio, all’aumento delle spese militari, alla vendita di armi italiane all’estero soprattutto ai Paesi in guerra, alla partecipazione diretta o indiretta del nostro Paese ai tanti conflitti che attraversano lo scacchiere mondiale.
Questi movimenti e le tante iniziative diffuse sul territorio esigono una parola di maggiore chiarezza da parte dei pastori: però ciò non può avvenire finché l’istituzione ecclesiastica continua a vivere la contraddizione degli Ordinariati militari e di preti e vescovi inquadrati nelle gerarchie militari. Per questo è necessario che la cura pastorale del personale militare venga affrontata in modo diverso da quello attuale di cappellani con lo stipendio, le stellette e l’inquadramento nelle Forze Armate.
Allo stesso modo è necessario un maggiore impegno delle gerarchie cattoliche nel promuovere un vero, fecondo, orizzontale cammino ecumenico ed un vero dialogo interreligioso. Solo se le Chiese cristiane e le confessioni religiose procederanno verso l’unità sarà possibile che i credenti levino una sola altissima voce per abolire la guerra e prevenire ogni tipo di violenza contribuendo a un possibile nuovo ordine mondiale. E ciò per realizzare l’intuizione che concludeva il Decennio per il superamento della violenza (2000-2010) indetto dal Consiglio Ecumenico delle Chiese all’inizio del nuovo millennio: quello del passaggio dalla “guerra giusta” alla “pace giusta”.

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