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CONTESA SALESIANI-GERINI: LA CASA GENERALIZIA VA ALL’ASTA. MA LA VICENDA RESTA APERTA

Tratto da: Adista Notizie n° 6 del 15/02/2014

37503. ROMA-ADISTA. La casa generalizia dei salesiani andrà all’asta a fine aprile per ordine del Tribunale civile di Roma. Si aggiunge così un nuovo atto – che però non è ancora l’ultimo – alla lunga e complessa vicenda giudiziaria che da oltre vent’anni contrappone gli eredi del marchese Alessandro Gerini – senatore democristiano nelle prime tre legislature della Repubblica, uno dei più importanti “palazzinari” romani degli anni ’50-’70, ribattezzato il “costruttore di Dio” proprio per i suoi rapporti con diversi istituti ed enti religiosi –, da una parte, e la Fondazione ecclesiastica marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini insieme ai salesiani, dall’altra.


Un’asta da 65 milioni di euro

Ad essere messo forzosamente in vendita, con un’ordinanza della IV sezione civile del Tribunale di Roma, è il “Salesianum”, ovvero l’intero quartier generale dei salesiani, situato in via della Pisana, all’estrema periferia occidentale della città, pochi chilometri oltre il Grande raccordo anulare. Entro il 29 aprile gli eventuali compratori dovranno far pervenire le buste con le offerte alla Cancelleria del Tribunale. Il giorno dopo, ammesso che delle proposte di acquisto siano arrivate, si procederà all’apertura delle buste ed eventualmente, nel caso ci siano più offerte, alla gara al rialzo. Se l’asta «senza incanto» (ovvero immediatamente e irrevocabilmente impegnativa per chi la presenta che, se rinuncia, perde l’intera cauzione versata, nella fattispecie fissata al 10% dell’offerta) andrà deserta, è già fissata una nuova data, il 17 settembre, quando si procederà alla vendita «con incanto» (se l'unico offerente non si presenta all'udienza per la gara perde “solo” un decimo della cauzione versata).

Ad essere messi in vendita sono tre lotti. Un edificio di cinque piani dove ci sono uffici, sale riunioni, archivi, biblioteche, mense, camere ed altri ambienti di lavoro e di servizio (28mila metri quadri e 8mila di terrazzi) più un appartamento di tre camere e cucina (109 metri quadri più 75 metri di corte esterna) e «un vano ripostiglio abusivo» di 13 metri quadri (il tutto costituisce il lotto A, base d’asta fissata a 48 milioni e 700mila euro, in caso di gara al rialzo l’offerta minima è di 40mila euro). Un altro edificio di cinque piani «utilizzato come struttura di accoglienza e alberghiera» in cui ci sono 169 camere con bagno, aula magna, sale conferenze, salette per incontri e sala mensa per un totale di 10mila metri quadrati e 2mila di terrazzi (lotto B, base d’asta fissata a 16milioni e 500mila euro, con rialzo minimo di 30mila euro). Un edificio in disuso di due piani, un «fatiscente manufatto utilitaristico di tipo agricolo», due campi sportivi polivalenti e una pista da bocce, per 13mila metri quadrati totali (lotto C, base d’asta a 500mila euro, rialzo minimo fissato a 10mila euro).


Salesiani senza casa? Difficile ma possibile

Tuttavia che questo sia l’ultimo atto di una vicenda che si trascina da oltre due decenni e che i salesiani ad aprile si ritrovino senza casa è poco probabile. Aste giudiziarie di questa entità solitamente vanno deserte alla prima convocazione e anzi spesso si trascinano per molti anni, riferiscono ad Adista fonti del Tribunale. E nel frattempo potrebbe arrivare la sentenza di appello alla decisione di primo grado che, se fosse favorevole alla Fondazione, annullerebbe tutto il procedimento. Anche se resta tecnicamente possibile che il 30 aprile ci sia un’offerta valida e che la casa generalizia dei salesiani venga immediatamente acquistata. In tal caso anche una sentenza di appello di segno opposto al primo grado non potrebbe più annullare la vendita. I prossimi mesi, quindi, saranno decisivi.

Salesiani-Gerini: lunga storia di una contesa

La vicenda prende avvio nel 1990, quando il marchese Alessandro Gerini muore celibe e senza figli, ma con quattro nipoti, e lascia gran parte del proprio patrimonio – poi stimato in quasi 660 milioni di euro in beni mobili e immobili – in eredità alla Fondazione marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini, un ente ecclesiastico fondato nel 1963 e nel cui Consiglio di amministrazione siede anche l’economo generale dei salesiani, con i quali il marchese aveva un saldissimo legame affettivo ed affaristico fin dagli anni ‘50.

Ma i nipoti di Gerini non ci stanno, ritengono che nel lascito ci siano delle irregolarità e così, con la mediazione del faccendiere siriano Carlo Moisé Silvera – misterioso personaggio coinvolto anche in altre inchieste giudiziarie di natura patrimoniale e finanziaria, che avrebbe acquistato i diritti ereditari di uno dei quattro nipoti –, denunciano la Fondazione. La questione è opaca. Silvera e uno degli avvocati che allora curava gli interessi dei salesiani, Alberto Pappalardo – come rivela un appunto di mons. Renato Dardozzi, alto funzionario dello Ior fino alla fine degli anni ‘90, pubblicato nel libro-inchiesta di Gianluigi Nuzzi Vaticano Spa che alla vicenda dedica un capitoletto titolato “Il costruttore di Dio e il ricatto siriano” –, lasciano intendere che convenga raggiungere un accordo con i Gerini per evitare che possano venire alla luce attività finanziarie poco trasparenti della Fondazione e «informazioni pericolose e anche compromettenti per le Autorità religiose», compreso lo stesso Ior. Si pensa ad un bluff, o ad un ricatto, e non se ne fa nulla. Fino all’8 giugno 2007, quando Silvera, don Giovanni Mazzali (allora economo generale dei salesiani, che intanto pochi giorni prima hanno inspiegabilmente firmato un impegno a farsi carico di tutti gli adempimenti patrimoniali e finanziari della Fondazione Gerini) e l’avvocato milanese Renato Zanfagna (uomo di fiducia di don Mazzali) sottoscrivono un accordo: Silvera accetta il 15% del patrimonio Gerini lasciato alla Fondazione (ovvero 99 milioni, di cui 16 come anticipo), rinunciando a qualsiasi ulteriore pretesa sul resto delle proprietà del costruttore defunto.

Trascorre del tempo, e i salesiani – che sono diventati “garanti” della Fondazione – non pagano quanto pattuito: ritengono infatti di essere stati truffati poiché frattanto emerge che la Corte di Cassazione, con una sentenza dell’1 marzo 2007 (quindi precedente alla firma dell’accordo), aveva estromesso dall’asse ereditario i nipoti di Gerini, diseredati dallo stesso marchese Alessandro. Silvera denuncia la Fondazione per il mancato pagamento e il Tribunale gli dà ragione: anche se i nipoti di Gerini erano stati esclusi dall’asse ereditario – questa la sostanza della sentenza di primo grado –, l’impegno sottoscritto da Silvera, Mazzali e Zanfagna nel 2007 “supera” questa estromissione, risulta vincolante e quindi i salesiani devono pagare. A questo punto Silvera ottiene prima un decreto ingiuntivo, poi il sequestro dei beni per un valore 130 milioni di euro (dal momento che è possibile bloccare fino al 50% in più della somma pretesa dal creditore) ed ora la vendita all’asta della casa generalizia, fissata per il prossimo 30 aprile.

A meno che prima non arrivi la sentenza di appello che, in tal caso, bloccherebbe l’asta. Il ricorso della Fondazione si basa sul presupposto che don Mazzali, per firmare l’accordo del 2007, avrebbe avuto bisogno di una autorizzazione previa da parte della Santa Sede, essendo i salesiani una Congregazione religiosa sottoposta all’autorità del Vaticano. Questa autorizzazione c’era per i 16 milioni di euro di “anticipo”, ma non per l’intera somma dei 99 milioni. Pertanto, sostiene la difesa, quell’atto non è valido perché l’economo generale dei salesiani non aveva titolo per sottoscriverlo.

La parola finale, quindi, resta ai giudici. E anche al calendario, perché, ammesso che sia favorevole alla Fondazione e ai salesiani, dovrebbe arrivare prima dell’eventuale vendita. Se invece arrivasse dopo, la casa generalizia sarebbe definitivamente persa.


Truffa?

Sulla vicenda è in corso anche un’inchiesta penale. La Fondazione Gerini accusa di truffa Silvera, l’avvocato Zanfagna e un religioso che avrebbe messo in contatto il faccendiere siriano con l’ex segretario di Stato, il card. Tarcisio Bertone, salesiano, perché intervenisse nella questione, convincendo l’economo generale della congregazione, don Mazzali, a chiudere l’accordo del giugno 2007, snodo decisivo e ancora non chiarito dell’intera vicenda. «La nostra tesi è che quell’accordo è frutto di un delitto, di una truffa», spiega ad Adista Michele Gentiloni Silvieri, avvocato della Fondazione. È stato lo stesso Bertone a raccontare ai giudici di essersi attivato per una «composizione pacifica ed equa» fra Fondazione Gerini ed eredi Gerini, ma di essere stato truffato: il valore del patrimonio sarebbe stato «gonfiato  a dismisura per aumentare la somma destinata a Silvera».

Nel novembre 2012 la Procura di Roma decide l’archiviazione (nessuna truffa, si sostiene, anzi «emerge una gestione concordata degli interessi in campo, alla quale si perviene dopo una transazione voluta dalle parti, certamente in grado di valutare gli operatori cui si affidavano e la portata nonché la convenienza dell’accordo»). Ma all’inizio del 2013 il caso viene riaperto in virtù del sopraggiungere di nuovi elementi precedentemente non vagliati dai magistrati (essendo l’inchiesta giudiziaria in corso, non possono essere rivelati). «Le indagini preliminari condotte dalla Procura della Repubblica circa il detto atto di transazione dell’8 giugno 2007 sono sì state archiviate nel novembre 2012 per poi essere subito riaperte, su rituale istanza del pubblico ministero, nel gennaio 2013», conferma una nota dell’avvocato Gentiloni (inviata al sito Dagospia che in un articolo pubblicato lo scorso 3 febbraio aveva dato per definitivamente chiuso il procedimento) e della Congregazione salesiana. «Ad oggi, il sig. Carlo Moisé Silvera ed altri presunti concorrenti rivestono tuttora la qualità di persone sottoposte ad indagini preliminari nel procedimento n. 3497/2013 r.g.n.r. per fatti di truffa, estorsione, associazione per delinquere commessi in danno degli Enti suddetti» (ovvero la Fondazione Gerini e i salesiani). Entro l’estate 2014 potrebbe arrivare il pronunciamento del giudice: nuova archiviazione oppure rinvio a giudizio delle persone coinvolte (anche se questo non avrebbe alcuna influenza sulla questione dell’asta giudiziaria della casa generalizia, essendo quello un diverso procedimento, per di più civile).

In qualsiasi modo si concluda la vicenda, sembra tutto molto lontano dal desiderio della «Chiesa povera e dei poveri» annunciata nel Vangelo e sognata dal Concilio Vaticano II. (luca kocci)

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