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SINODO: LE ATTESE DEI GAY CATTOLICI. INTERVISTA AD ANDREA RUBERA

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 04/10/2014

37796 ROMA-ADISTA. Il 5 ottobre prenderà il via l’Assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia. Quello delle unioni fra persone dello stesso sesso è uno dei temi all'ordine del giorno. Con Andrea Rubera, presidente del gruppo di omosessuali cristiani Nuova proposta, parliamo delle attese e delle speranze del mondo dei credenti omosessuali. «Le speranze sono moltissime», spiega Rubera: ·«Lo si vede da tanti segnali: dal numero di risposte al questionario propedeutico al Sinodo che sono state inviate dai gruppi di omosessuali cattolici, nonché dal fervore con cui gli stessi gruppi stanno lavorando a produrre documenti e proposte rivolte al Sinodo, perché possa attivarsi una nuova capacità di accoglienza che non faccia più sentire nessuno escluso». (luca kocci)


Speranze e fervore che ci sono anche nel nostro Paese?

In Italia le persone omosessuali credenti per molto, troppo tempo forse, sono rimaste nascoste, in silenzio, aspettando che qualcosa accadesse, che qualcuno facesse qualcosa per loro. Il più delle volte loro stesse hanno creato delle nicchie protette in cui incontrarsi per cercare di coniugare la propria fede e l’omosessualità, al di fuori delle parrocchie e delle comunità che, per problemi di pregiudizio ma anche disinformazione, non sono state in grado di favorire l'inclusione. In questi anni, però, è lentamente maturata una nuova coscienza che va nella direzione di un recupero della partecipazione diretta, dell’affermazione del proprio posto all’interno delle comunità di fede, del proporre la propria esperienza di vita, anche affettiva, come contributo per lo stimolo e la crescita di tutto il popolo di Dio.


L’attesa del Sinodo ha aiutato?

Sì, perché ha fatto scattare un’inedita voglia di parlare di sé, della propria vita, di produrre contenuti da trasmettere al Sinodo stesso. È nata una speranza, ma una speranza agìta, quella che ti fa desiderare un cambiamento cercando di essere al tempo stesso agente e contenuto del cambiamento. Almeno sette gruppi di omosessuali e transessuali cattolici hanno risposto al questionario. E successivamente le persone hanno continuato ad incontrarsi per confrontarsi ed elaborare proposte, fino all’idea di organizzare una conferenza teologica internazionale, il prossimo 3 ottobre, per dare voce al desiderio di avere una pastorale che sia veramente inclusiva delle vite e degli affetti di tutti, persone omosessuali e transessuali comprese. In quell’occasione verrà anche presentato un documento che sarà il contributo delle persone omosessuali e transessuali cattoliche italiane al Sinodo: conterrà i nostri desideri, le nostre speranze, le nostre vite, perché la Chiesa le accolga, le custodisca e ne abbia cura (v. notizia successiva, ndr).


Che ne è dell'affermazione di papa Francesco: «Chi sono io per giudicare?». Senza reali aperture non rischia di essere solo un'affermazione mediatica? O vi pare comunque che il clima sia cambiato, che ora si possa dibattere di quello che prima era «non negoziabile», e quindi nemmeno discutibile?

Papa Francesco ha sicuramente iniziato un percorso di cambiamento partendo dalle parole, come dimostra quell’affermazione che ha sancito un cambio di prospettiva inedito e radicale: passare dal considerare le persone omosessuali come destinatarie solo di divieti, norme, prescrizioni, alla sospensione del giudizio. Il questionario per il Sinodo ha continuato questa rivoluzione “semantica”: per la prima volta, credo, in un documento ufficiale della Chiesa cattolica, si citano esplicitamente non solo le persone omosessuali, ma anche le unioni tra persone dello stesso sesso e persino l’ipotesi che queste coppie possano avere figli. Uno dei fattori che sinora ha impedito una piena accoglienza delle persone omosessuali e transessuali all’interno delle comunità cattoliche è stato proprio l’assenza di “citazione” di tutto ciò che riguardasse l’omosessualità nel quotidiano. Era appannaggio solo delle categorie morali o al limite trattata come “problema sociale”.

Quindi il cambiamento è cominciato?

Sì, però ora deve tramutarsi in qualcosa di concreto. La sospensione di giudizio da sola non basta. Deve diventare accoglienza, pastorale, formazione e informazione di educatori, catechisti, preti, religiosi e religiose. Solo così si potrà impedire quella forza centrifuga che, troppo spesso, spinge via le persone omosessuali cattoliche dalle comunità di appartenenza perché non ci si sente previsti, si pensa che non ci sia posto per immaginare, in quelle comunità, un percorso di vita ricco di progettualità, incluso un percorso di affettività per chi senta di desiderarlo. I passi da compiere sono molti, però la rivoluzione “semantica” ha fatto sì che di omosessualità si possa parlare con più facilità, anche da parte di diversi preti che sembrano avere meno paura. È difficile immaginare tempi e contenuti di un eventuale cambiamento, noi però ci siamo, siamo dentro la Chiesa, ci sentiamo parte del popolo di Dio in cammino e dall’interno vogliamo proporre le nostre vite, i nostri affetti, mostrandone la verità e la bellezza, perché l'incontro sia fonte di conoscenza e di fraterna vicinanza.


Il 3 ottobre, a Roma (aula magna della Facoltà valdese di Teologia, via Pietro Cossa 40, dalle ore 14), si svolgerà la conferenza teologica internazionale “Le strade dell'Amore: per una pastorale con le persone omosessuali e transessuali”. Di cosa si tratta?

È un appuntamento promosso da vari gruppi e movimenti cattolici italiani ed internazionali per proporre, attraverso gli interventi di importanti relatori provenienti da varie parti del mondo (il vescovo emerito australiano Geoffrey Robinson, i teologi James Alison e Antonietta Potente, la pastora valdese Letizia Tomassone e Joseanne Peregin, una mamma cattolica maltese di un figlio omosessuale), risposte alla domanda: «Quale pastorale con le persone omosessuali e transessuali?». Perché non si può parlare di famiglia senza parlare di tutte le famiglie, incluse quelle che hanno dovuto, che devono e che dovranno confrontarsi con l’omosessualità. Si parlerà dei genitori delle persone omosessuali, che sono chiamati a vivere un percorso di accettazione in cui, spesso, “si deve diventare genitore per una seconda volta”; delle persone omosessuali che vedono la loro vita realizzata in un progetto d'amore e di coppia e che sentono estranea l'unica strada sinora prevista per loro dalla Chiesa, la castità; dei tanti omosessuali e transessuali che non sono riusciti a costruire relazioni di coppia stabili e che sentono il peso della loro solitudine affettiva; dei figli delle persone omosessuali, frutto a volte di un matrimonio precedente o della scelta di vivere un’esperienza omogenitoriale. Vogliamo offrire ai padri sinodali proposte concrete al cammino che la Chiesa cattolica deve percorrere, per accogliere le persone omosessuali e transessuali con «rispetto, compassione, delicatezza», evitando «ogni marchio di ingiusta discriminazione», come è scritto anche nel Catechismo.


Il 4 e 5 ottobre, sempre a Roma, si svolgerà il III Forum dei cristiani lgbt…

È un incontro (presso il Centro pellegrini Santa Teresa Couderc, via Vincenzo Ambrosio 9) che vedrà la partecipazione di molte persone, provenienti da varie regioni italiane, per confrontarsi sui vari cammini di accoglienza, sostegno e conciliazione tra fede e omosessualità, attorno al tema “Testimoniamo la nostra speranza”. Ci sembra un’edizione particolarmente importante perché cade nell'anno del Sinodo, in coincidenza con la sua apertura, e costituirà un'occasione preziosa per riflettere sul cammino dei vari gruppi nei prossimi 12 mesi, quelli che ci separano dall’Assemblea ordinaria del Sinodo del 2015 che produrrà la tanto attesa nuova pastorale che si spera finalmente inclusiva.


L'11 ottobre un terzo appuntamento: la conferenza “Quando l'identità diventa crimine. La criminalizzazione dell'omosessualità nel mondo”, organizzata ancora dal Forum europeo dei gruppi cristiani lgbt e da alcuni gruppi italiani come Nuova Proposta e Progetto Gionata...

Sì, perché in circa 80 Paesi del mondo l'omosessualità è un crimine e la prigionia o le punizioni corporali sono le sanzioni previste. In sette Paesi è anche prevista la pena di morte. Uganda e Nigeria sono stati precursori di una nuova ondata repressiva tra i Paesi africani prevedendo l’ergastolo come pena. E solo nell'ultima settimana altri due Paesi, Gambia e Chad, hanno deciso di seguire questo stesso percorso. Tutto ciò costringe le persone lgbt ad una vita di paura e disperazione, molto spesso non avendo altra scelta che fuggire e diventare rifugiati. Nella conferenza (presso la sala Pietro da’ Cortona, in piazza del Campidoglio 1, dalle ore 16,30), a cui parteciperanno attivisti per i diritti umani di Uganda, Camerun e di organismi internazionali, verrà presentata la situazione a livello globale e si solleciterà l‘impegno della società, degli Stati e delle comunità cristiane ad assumere una posizione chiara e unitaria contro la criminalizzazione delle persone lgbt in tutto il mondo. (l. k.)

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