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Messico, la guerra invisibile. Testimonianze dal regno dell’impunità

Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 02/05/2015

DOC-2710. ROMA-ADISTA. Era dedicato alla drammatica situazione messicana l'ultimo articolo, apparso su Página 12 lo scorso 4 dicembre, del celebre scrittore Eduardo Galeano, «cronista dei nessuno», secondo la bella definizione di Raúl Zibechi, scomparso il 13 aprile scorso, all'età di 74 anni, per un tumore ai polmoni. I familiari dei 43 studenti della scuola Normale Rurale di Ayotzinapa scomparsi il 26 settembre scorso – evidenziava lo scrittore «uruguaiano di nascita, caraibico e latinoamericano per opzione di vita e per militanza politica», nelle parole del Movimento dei Senza Terra del Brasile – «non sono soli nell'ostinata ricerca dei loro cari perduti nel caos delle discariche date alle fiamme e delle fosse clandestine cariche di resti umani. Li accompagnano voci solidali (...) in tutto il Messico e oltre, compresi i campi di calcio in cui i giocatori festeggiano i gol disegnando con le dita in aria il numero 43». E ricordava, Galeano, la sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli sul Messico, pronunciata al termine di tre anni di sessioni e di migliaia di testimonianze: «In questo regno dell'impunità vi sono omicidi senza assassini, torture senza torturatori e violenza sessuale senza stupratori». 

Che il Messico sia un Paese «di stragi, di omicidi, di barbarie inaudita», un Paese in guerra devastato dalla criminalità organizzata, dai cartelli di narcotrafficanti, dal connubio tra narcos e potere politico, dalla corruzione dilagante, dal totale discredito di una classe politica impegnata a «negare l'evidenza, nascondere, occultare», lo chiarisce molto bene la campagna “Pace per il Messico - Mexico por la paz”, lanciata dall'associazione Libera allo scopo di chiedere al governo messicano e alla comunità internazionale di promuovere e sostenere iniziative di prevenzione e politiche sociali ed educative per costituire un'azione di antimafia sociale internazionale e una cooperazione giudiziaria e investigativa efficace (www.messicoxpace.it). Le cifre lasciano senza parole, oscurando persino «quelle del conflitto afghano»: secondo il dossier di Libera “Messico, la guerra invisibile: le cifre, le storie e gli affari dei cartelli dei narcotrafficanti”, dal 2006, in Messico, si registra una media di 53 morti al giorno, di 1.620 al mese, di 19.442 all'anno, per un totale di 136.100 persone uccise (di cui 116mila vittime della guerra con la criminalità organizzata). Sempre dal 2006, sono stati uccisi 56 giornalisti e 16 sono quelli scomparsi e, solo tra il gennaio del 2008 e il dicembre del 2011, le persone sparite senza lasciare traccia sono circa 15mila, «e si parla solo di quelle sparizioni denunciate alle Forze dell'Ordine». Si calcola, in realtà, che, dal 2006 ad oggi, siano più di 30mila i desaparecidos in tutto il Paese: non solo attivisti e militanti politici, ma anche “persone comuni”, la cui sparizione sembra rispondere all'obiettivo di seminare il terrore nella popolazione, in vista del controllo di territori strategicamente ed economicamente importanti. Un processo in cui lo Stato è pienamente coinvolto, direttamente, come nel caso di Ayotzinapa, in collusione con il crimine organizzato, o indirettamente, per omissione, tentando per esempio di ridurre i casi di scomparsa forzata a reati comuni e scaricando ogni responsabilità sul narcotraffico. Ed è proprio di questo immenso dramma che ci hanno parlato Yolanda Morán e María Antónia Melo, madre e sorella di due degli innumerevoli giovani scomparsi, in visita in Italia con una delegazione di famiglie delle vittime invitata da Libera, raccontandoci, nell'intervista che segue, il loro interminabile calvario, ma anche la loro ferma volontà di resistere e lottare, di costruire reti e di sfidare lo Stato esigendo risposte. 

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