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Per un nuovo incontro tra divino e umano. Il futuro del cristianesimo al di là delle religioni

Per un nuovo incontro tra divino e umano. Il futuro del cristianesimo al di là delle religioni

Tratto da: Adista Documenti n° 31 del 19/09/2015

DOC-2734. BELO HORIZONTE-ADISTA. Il tema è di quelli destinati a suscitare reazioni forti, provocando sicuramente riflessioni e approfondimenti, ma anche resistenze e rifiuti: lo ammette la stessa rivista Horizonte (trimestrale di teologia pubblicato dalla Pontificia Università Cattolica di Minas Gerais; n. 37/2015) nella presentazione del suo dossier sul "Paradigma post-religionale" (v. Adista Documenti n. 29/15), un tema - «estremamente polemico e provocativo» - già affrontato dalla Commissione Teologica dell'Associazione Ecumenica dei Teologi e Teologhe del Terzo Mondo (Asett o Eatwot) attraverso una "consultazione generale" promossa nel 2012, tradottasi poi in un numero della rivista Voices dal titolo “Verso un paradigma post-religionale?” (v. Adista Documenti n. 16/12). Il tema, cioè, della presunta morte della religione, intesa come la configurazione storica, contingente e mutevole, che la spiritualità, cioè la dimensione profonda costitutiva dell’essere umano, ha assunto a partire dall’età neolitica. In tal senso, si legge nella presentazione del dossier, che riprende la definizione di tale paradigma offerta dall'Eatwot, «il prefisso "post" non va inteso in senso letteralmente temporale (come un "dopo di")», ma nel senso generico di "al di là di". "Post-religionale", insomma, «non significa "post-religioso" né post-spirituale, ma, in senso stretto, "oltre il religionale", cioè oltre "quello che sono state le religioni agrarie"», significa cioè una «religiosità senza religioni (agrarie)», una spiritualità senza la «configurazione socio-istituzionalizzata propria dell'età neolitica»: senza dogmi, senza miti, senza gerarchie. 

Non tutti gli autori del dossier, composto da quattordici articoli, sette comunicazioni e sette rassegne, sono certi della plausibilità dell'ipotesi: a esprimere dubbi è per esempio il brasiliano Faustino Texeira, che pure riconosce l'importanza della discussione che ne deriva. Richiamando un punto fortemente evidenziato dalla stessa Commissione dell'Eatwot, che, cioè, «possiamo prescindere dalle religioni, ma non possiamo prescindere dalla dimensione della trascendenza dell'essere umano», Texeira riconosce che la proposta di tale paradigma presenta indubbiamente aspetti positivi, come per esempio la critica ad esclusivismi e fondamentalismi o l'enfasi posta sul carattere storico e contingente delle religioni. Ma, afferma, «come è stato un errore in tempi passati decretare la fine della religione a causa della crescita della secolarizzazione, così si corre il pericolo di ripetere qualcosa di simile, evidenziando la crisi della religione in virtù dell'affermarsi della nuova situazione culturale legata alle società della conoscenza»: «Ritengo precipitoso - conclude - decretare la sua scomparsa». 

Amore senza limiti

Convinto invece che la religione tradizionale che abbiamo ricevuto in eredità stia morendo rapidamente, «e ciò per il fatto di trovarsi troppo in disaccordo con quanto ora sappiamo essere vero», è il filosofo della religione inglese Don Cupitt, il quale però si spinge oltre la stessa posizione di molti sostenitori del paradigma post-religionale, giungendo ad escludere la plausibilità anche di concetti - riletti più o meno radicalmente ma conservati nella loro essenza da diversi altri autori - come quello di una vita dopo la morte: «Questo linguaggio che uso, questo mondo che è intorno a me e questa vita che sto vivendo costituiscono nel loro insieme ciò che nel mio modo di parlare definisco "tutto". È tutto quello che c'è per me: e ho 79 anni. Presto smetterò di essere». E ancora: «Non siamo anime immortali, con un futuro a lunghissimo termine: non siamo altro che il nostro vivere le nostre brevi vite». Ma, secondo Don Cupitt, queste «nostre brevi vite» vanno vissute con tutta l'intensità possibile e «soprattutto con generosità, spendendo noi stessi nell'amore come se non ci fosse un domani, perché non c'è». Quell'amore - «l'amore per i nemici, l'amore non corrisposto, l'amore senza limiti» - che ci ha trasmesso il «Gesù originale», il cui insegnameno morale, sottolinea Don Cupitt, «era totalmente centrato sulle relazioni umane e sulla libera auto-espressione umana, o, come la chiameremmo ora, sull'auto-realizzazione».

Diversamente da Don Cupitt, e in maniera simile al teologo belga Roger Lenaers, il cui intervento abbiamo pubblicato sullo scorso numero di Adista Documenti (n. 29/15), il vescovo episcopaliano John Shelby Spong - uno dei teologi più impegnati a riformulare radicalmente l’intera fede cristiana in un linguaggio in cui l’uomo e la donna contemporanei possano riconoscersi - afferma di credere nella vita dopo la morte, tema a cui ha dedicato, nel 2009, un intero libro (con il titolo Vita eterna: una nuova visione e il sottotitolo: Al di là della religione, al di là del teismo, al di là del cielo e dell'inferno), convinto «che la vita eterna debba restare per sempre separata dai concetti di premio e castigo, o di cielo e inferno». Autore, nel 1998, di un appello per una nuova riforma del cristianesimo in 12 tesi, inviate ai principali leader cristiani del mondo, Spong (di cui sono usciti in italiano, per iniziativa della Massari editore, i libri Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo; Gesù per i non religiosi. Recuperare il divino al cuore dell’umano e Il quarto Vangelo. Racconti di un mistico ebreo; v. Adista Documenti nn. 94/10, 28/12 e 35/13) ha accolto l'invito della rivista Horizonte a spiegare «le ragioni per invitare al dibattito intorno a queste 12 tesi», ripercorrendole una ad una nella sua rilettura post-teista del cristianesimo, oltre, cioè, il concetto di Dio come un essere che dimora al di sopra di questo mondo e che interviene in esso al di fuori delle leggi naturali, come una sorta di genitore-giudice da supplicare, obbedire e compiacere. 

Vi proponiamo, in una nostra traduzione, ampi stralci relativi alle prime cinque tesi (sulle restanti sette torneremo nei prossimi numeri di Adista Documenti), e l'articolo di Don Cupitt (una delle sette comunicazioni del dossier), rimandando per la lettura integrale dei due documenti, nella versione originale inglese, al sito della rivista Horizonte.

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