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Crisi a sinistra

Crisi a sinistra

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 44 del 19/12/2015

Sinistra e destra: forse prima era più facile definirle per poter scegliere da che parte stare. Prima in Italia era evidente la separazione tra ricchi e poveri, tra padroni e operai, tra quelli che nascevano ad una facile vita sempre in discesa, e quelli che arrancavano in una difficile vita in salita. E c'era l'emigrazione verso l’estero o il Nord del nostro stesso Paese.

Adesso queste divisioni sono meno nette, indefinite, sembrano essersi dissolte, o almeno così ci raccontano. Ad esempio l’Italia è diventata terra di immigrazione, e questo vuol dire che non solo i ricchi, ma tutti quanti abbiamo briciole a sufficienza da lasciar cadere dalle nostre tavole.

Adesso abbiamo un benessere diffuso da difendere e da coltivare. Siamo un Paese ricco e industrializzato e, anche se in crisi, facciamo parte dei vari G7, G8, G20. Adesso le divisioni non attraversano più da parte a parte il nostro Paese, ma la conflittualità si è spostata altrove: dal piano nazionale a quello internazionale, tra noi dell’Occidente "progredito" e il resto del mondo, soprattutto quello islamico che, per ora, ci distrae da quello cinese o indiano. 

In questo caos occidentale non bisogna meravigliarsi se si va sempre più diffondendo una mentalità di destra, perfino tra gli operai, tra i poveri, tra i giovani che, indecisi e impauriti, si aggrappano alla triste convinzione di essere "migliori" e "diversi" rispetto ai marocchini, ai siriani o ai cingalesi. L'affermazione in Francia del Fronte Nazionale del clan Le Pen, ne è una conferma per l'intera Europa.

Invece la sinistra di governo e dei partiti – almeno quello che ne resta e che ancora si definisce tale – balbetta sulle cause della crisi economica, non si è accorta della «terza guerra mondiale a pezzi», è timida di fronte a proposte di leggi razziste e xenofobe in materia di immigrazione, è silente, per impreparazione o incapacità, di fronte alla devastazione ambientale del nostro pianeta e dei nostri territori; e poi è complice dello smantellamento della sanità, dello Stato sociale e della scuola pubblica, delle politiche di precarizzazione e dell’annullamento delle garanzie e dei diritti acquisiti per quanto riguarda il lavoro; quel che è peggio, si è accodata entusiasta ai neoliberisti che hanno esaltato l'idolo della globalizzazione dei mercati, senza essere capace di prevederne gli effetti nefasti che assomigliano a un ingranaggio folle che esclude, stritola e umilia sempre più esseri umani.

Probabilmente è anche dalle riflessioni e dalle risposte a queste sfide che bisogna ri-partire, ri-cominciare a sinistra. Da sempre il termine sinistra riveste alcuni significati simbolici, legati alla diversità, all’essere fuori standard, al guardare il mondo dal lato da cui la maggioranza non guarda. La sinistra è il lato dei perdenti, dei senza potere, degli esclusi, degli emarginati, dei senza lavoro, dei senza domani. Essere di sinistra non significa ridursi all’appartenenza alla sinistra storica, né ad un partito politico solo perché si dice di sinistra. Vuol dire pacifismo, nonviolenza, ambientalismo, solidarietà. Significa stare dalla parte di tutti coloro per i quali non c’è spazio in un mondo che sembra esistere esclusivamente per produrre. 

La sinistra assomiglia poco a quella che ci sta facendo conoscere Renzi, che vergognosamente insegue, e spesso realizza, quelle politiche che i cosiddetti moderati e la destra non sono mai riusciti ad imporre nemmeno quando hanno governato.

C’è oggi chi farebbe carte false per non essere etichettato come uno "di sinistra" e si affanna a gettare nella spazzatura non solo gli aspetti discutibili del proprio passato, ma anche le utopie, gli ideali, le lotte e le conquiste sociali per le quali altri hanno speso la vita. Molti fanno a gara nel prendere le distanze dalla storia e dalle politiche di sinistra sostenendo, ad esempio, che non si conciliano con la libertà e con il mercato, mentre il mercato sarebbe perfettamente conciliabile, secondo loro, con la libertà. E così, più prendono le distanze dalla sinistra, più aderiscono all’ideologia del capitalismo. Tragicamente questo comporta che per non essere più tacciati di “comunismo” bisogna non vedere che esistono mercati che fagocitano gli esseri umani per salvaguardare i profitti; che in nome del profitto si violano le più elementari libertà; che masse di diseredati sono derubate del diritto ad una vita almeno non indecente. Cioè, per non essere annoverati "tra quelli di sinistra", bisogna negare che esistono ingiustizie strutturali da sovvertire, sistemi di disuguaglianze da rovesciare. 

Non credo che esistano soltanto le due categorie tradizionali, la sinistra e la destra; quest’ultima vincente e l’altra di cui seppellire finanche i più miseri resti. Credo che tra di esse si insinuino, con la forza di cunei, le donne e gli uomini concreti, il cui numero si conta in miliardi, che vivono ricacciati ai margini del sistema mondiale e a cui non è stata riservata alcuna possibilità di futuro. Tra liberisti di destra e sedicenti "di sinistra" convertiti di fresco al neoliberismo, queste donne e questi uomini sono la parte con la quale stare. 

Scriveva don Lorenzo Milani a un giovane comunista: «Hai ragione; tra te e i ricchi sarai sempre te povero ad avere ragione. Ma il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene, quel giorno io ti tradirò». Forse vale la pena riprovare a fare una profonda riflessione su queste parole del priore di Barbiana, per tentare di costruire a sinistra un Fronte Sociale ampio e articolato che, anziché preoccuparsi esclusivamente di istallarsi per restare comodamente nel conquistato Palazzo d'Inverno o nella "reggia del ricco", dimenticandosi del pezzo di Paese dal quale proviene e che dovrebbe rappresentare, si occupi e si preoccupi di difendere i diritti che dovremmo considerare inalienabili per la dignità di ogni donna e di ogni uomo. Diversamente dovremo rassegnarci ad un'affermazione sempre più forte delle destre e ad un astensionismo sempre più diffuso nel campo progressista; ed emergerà la politica che a sinistra siamo più bravi a fare: quella di sbranarci e dividerci all'infinito. 

Vitaliano Della Sala è amministratore parrocchiale a Mercogliano (Av)

* Immagine di Bruno, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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