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L’essenza della vita è la cooperazione. Ecco perché i geni non sono “egoisti”

L’essenza della vita è la cooperazione. Ecco perché i geni non sono “egoisti”

Tratto da: Adista Documenti n° 6 del 13/02/2016

DOC-2763. MADRID-ADISTA. «La verità, vi prego, sull'amore», invocava il poeta Wystan Hugh Auden: davvero muove il sole e le altre stelle, come cantava Dante, o è piuttosto un concetto privo di senso dal punto di vista dell'evoluzione, come invece sostiene il biologo britannico Richard Dawkins? Siamo realmente solo «macchine da sopravvivenza, robot semoventi programmati ciecamente per preservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni», secondo quanto Dawkins scriveva già nel 1976 nella Prefazione del suo notissimo, ma anche assai criticato libro Il gene egoista?

La teoria del biologo, uno dei maggiori esponenti della corrente del neodarwinismo e del “nuovo ateismo”, è chiara: il protagonista del processo dell'evoluzione, a suo giudizio, non sarebbe la specie e, in definitiva, neppure l'individuo, ma il singolo gene, il cui unico vero “scopo” sarebbe quello di duplicarsi, garantendosi la sopravvivenza. Cosicché non consisterebbe in altra cosa che nell'egoismo la legge fondamentale della vita, e della vita umana. Sono sempre di più, tuttavia, i contributi scientifici che smentiscono con forza tale posizione. Come per esempio ha spiegato più volte l’ecoteologo Leonardo Boff (per esempio nell'articolo “Dall'illusorio gene egoista al carattere cooperativo del genoma umano”, leonardoboff.wordpress.com/2012/03/03), la nuova biologia genetica ha rivelato che «i geni non esistono in maniera isolata, bensì costituiscono un sistema di interdipendenze che dà vita al genoma umano, il quale obbedisce a tre principi di base della biologia: la cooperazione, la comunicazione e la creatività. Pertanto, il contrario del gene egoista». Così, secondo il biologo tedesco Joachim Bauer, autore del libro The Cooperative Gene: Evolution as a Creative Process, la teoria del gene egoista di Dawkins non solo non è fondata su alcun dato empirico, ma è anche servita a legittimare l'individualista e imperialista ordine economico anglo-nordamericano. Ed è curioso – sottolineano Leonardo Boff e Mark Hathaway nel loro libro Il tao della liberazione (Fazi, Roma, 2014) – che si attribuisca «uno scopo a una molecola (Dna) fintantoché esso è basato sull'interesse personale», ma che non appena si faccia «riferimento a qualunque tipo di finalità che indichi una natura più altruistica e collaborativa, anche in organismi complessi con sistemi nervosi molto sviluppati», l'idea di scopo non risulti allora più accettabile per tanti scienziati. Di modo che, sostengono Boff e Hathaway, non è vero che la biologia abbia respinto qualsiasi idea dell'esistenza di una finalità nella natura, «ma solo gli argomenti teleologici non basati sull'egoismo, la competizione e la sopravvivenza: vale a dire che essa accetta quei fini che sono in sintonia con la mentalità del capitalismo, salvo poi rifiutare quelli che non lo sono». Al contrario, la loro proposta è quella di «reinterpretare l'intera idea di “sopravvivenza del più adatto”, che equivale non tanto alla capacità di uccidere e distruggere le altre specie ma a quella di adattarsi e contribuire al resto della comunità biotica. Ciò non vuol dire che la competizione non giochi alcun tipo di ruolo, ma che il suo è un ruolo complementare, e in genere secondario, a quello della cooperazione».

È quanto sostiene in maniera decisa anche il naturalista e scrittore inglese Colin Tudge, che, nel suo libro Perché i geni non sono egoisti (Why Genes Are Not Selfish and People Are Nice, pubblicato in Inghilterra nel 2013 e tradotto in spagnolo nel 2015 con il titolo Por qué los genes no son egoístas), mostra come la tesi dell'egoismo genetico risulti chiaramente superata dai progressi scientifici nel campo della genetica, della biologia molecolare, dell'etologia e dell'ecologia e anche in quello dei comportamenti sociali degli umani, dai quali emerge che, «mentre la competizione è un fatto della vita» più o meno inevitabile, «la collaborazione, la cooperazione, è invece l'essenza della vita».

Vi proponiamo, in una nostra traduzione dallo spagnolo, alcuni stralci della lettura che dell'opera di Colin Tudge traccia Carlos Beorlegui, docente di Antropologia all’Università di Deusto, in un articolo apparso sulla rivista Tendencias 21, nella sua sezione “Tendencias de las religiones” (17/11).

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