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Adista  e i Cristiani per il Socialismo

Adista e i Cristiani per il Socialismo

Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 06/05/2017

(Per l'introduzione a questo articolo, clicca qui)

I Cristiani per il Socialismo (Cps) hanno rappresentato l’espressione politica più rilevante della contestazione cattolica post-conciliare. Certo, all’epoca questa affermazione sarebbe stata seccamente rigettata dai militanti dei Cps, impegnati in una riflessione a tutto tondo su fede e scelta di classe, una dialettica di tipo nuovo che, a loro giudizio, aveva lasciato alle spalle la stagione del cosiddetto “dissenso”. Adista è stata osservatrice partecipe della nascita dell’organizzazione in una sorta di continuità con il ruolo di coordinamento dei “gruppi spontanei” che aveva svolto nel biennio 1967-1968. Al tempo del battesimo dei Cps, il convegno di Bologna del 21-23 settembre 1973, siamo ormai nel pieno del dibattito sul “compromesso storico” lanciato da Enrico Berlinguer in risposta al colpo di Stato in Cile dell’11 settembre. Proprio a Santiago, nell’aprile 1972, si era tenuta la prima assemblea dei “Cristianos para el Socialismo”, con la quale gli animatori dell’incontro di Bologna intendevano mettersi in collegamento nel segno dell’opposizione al regime di Pinochet e al fascismo.

Stando al resoconto di Adista (v. Adista n. 34 del 24/09/1973), il convegno coinvolse più di 2mila partecipanti da tutte le regioni d’Italia: un dato che aveva superato di gran lunga le aspettative degli organizzatori (più del doppio dell’incontro nazionale dei gruppi che si era svolto sotto le due Torri nel febbraio 1968). Non bisogna dimenticare, del resto, che nel corso dei pochi anni che separavano i due eventi si era consumata la frattura tra i gruppi legati alle correnti politiche di Wladimiro Dorigo e Corrado Corghi e le formazioni che avevano dato vita nel settembre 1969 (sempre a Bologna) alla rete nazionale delle Comunità di Base. Le divisioni riguardavano il rapporto con il Pci, ma soprattutto il rapporto tra fede e politica e l’interpretazione della costituzione conciliare Gaudium et spes: militare nella sinistra senza più richiami all’ispirazione cristiana o militare per riformare Chiesa e società? Primato del temporale o impegno ecclesiale mai slegato da quello politico? Se queste erano le grandi domande che agitavano la galassia della sinistra cattolica, una sostanziale unità si poteva riscontrare invece nella denuncia del magistero di Paolo VI, dopo la repressione dell’Isolotto e l’uscita dell’enciclica Humanae vitae. In questo quadro, segnato dal protagonismo operaio del 1969 e dall’acutizzarsi della crisi economica, la fondazione dei Cristiani per il Socialismo si poneva non tanto come una risposta organica, quanto come uno spazio per continuare l’approfondimento.

Tornando alla ricostruzione di Adista, erano presenti a Bologna «tutte le realtà del cambiamento operanti nel vasto mondo cattolico: comitati di base, circoli periferici di impegno politico ed altri ancora che non hanno scelto una milizia partitica ma operano ugualmente nel sociale» (v. Adista n. 34 del 24/09/1973). Erano presenti intellettuali cattolici del rango di Ernesto Balducci e Giuseppe Alberigo – entrambi concordi nel mettere alcuni paletti ideologici all’operazione che ne impedisse una deriva di tipo “integrista” – insieme a esponenti del Pci come Lombardo Radice, della sinistra extra-parlamentare (Lotta continua, Il Manifesto), dell’ex-Mpl (il movimento nato dall’iniziativa di Livio Labor, il presidente delle Acli che aveva portato l’associazione a fare, nel 1969, la “scelta socialista”), dei gruppi valdesi e di Gioventù evangelica. Non potevano certo mancare i militanti delle Cdb, i preti solidali del movimento “7 novembre”, e una sezione importante dei quadri della sinistra aclista, della Fim, e della Cgil. Il movimento raccoglieva quindi anime diverse che condividevano però alcuni obiettivi comuni: l’emancipazione delle masse cattoliche (in prima istanza con la fine dell’unità politica nella Dc e, più in generale, con il superamento di un cristianesimo sociologico), la liberazione della Chiesa dall’alleanza con i poteri forti, (e per la maggioranza dei convenuti) la realizzazione di una società socialista. Nella relazione introduttiva, dopo le parole di Roberto De Vita, segretario del Comitato organizzativo, Giulio Girardi illustrava i punti fondanti dell’iniziativa.

Il sacerdote salesiano era già un nome noto per la sua riflessione teologica sul rapporto tra marxismo e cristianesimo e per il lungo impegno nel dialogo con i comunisti; un’attività svolta a livello internazionale che gli era costata nel 1969 l’allontanamento dall’ateneo salesiano per “divergenze ideologiche”. Racconta Adista: Girardi, «dopo una rapida sintesi storica sul comportamento politico della Chiesa ufficiale in seguito alla scelta costantiniana, ha rifiutato l'aggettivazione di contestatari, critici, di dissenzienti dei cristiani» e ha concluso affermando che «il convegno non intende fondare né un nuovo partito né una nuova Chiesa, ma affermare la presenza, di fatto di diritto, della scelta socialista nel mondo cristiano e della scelta cristiana nel mondo socialista. Quindi ha messo in evidenza la necessità di affermare l'importanza dell'azione organizzata dei cristiani a livello locale, nazionale e internazionale, e la necessità di un'articolazione più organica tra le lotte specifiche dei cristiani e quelle dei lavoratori per rilanciare il problema dell'unità della sinistra».

Già da queste poche battute si evince chiaramente quanto il rischio di replicare l’errore pre-conciliare di una giustificazione religiosa delle scelte politiche – denunciato da Corghi (v. Adista n. 33, 17/09/1973) e dall’Osservatore Romano (v. Adista n. 39, 25/10/1973) – fosse assolutamente chiaro agli organizzatori del convegno. Nel documento finale si parlava di creare una felice contaminazione tra impegno ecclesiale e politico contro le connivenze dell’istituzione ecclesiastica con la classe dominante e l'interclassismo cattolico che trova la sua espressione politica nella Democrazia Cristiana e negli organismi ad essa collaterali. Scrivevano gli estensori: «L'accento posto a tale impegno ci sembra opportuno e necessario data la specifica situazione italiana, fortemente influenzata dal ruolo svolto dalla Chiesa. Un ruolo volto a fornire una copertura culturale ed ideologica alla DC, ad assicurare quanto più possibile che la presa di coscienza dei lavoratori della loro condizione non si traducesse in ribellione ed antagonismo ma rimanesse allo stadio di semplice sensazione di disagio» (v. Adista n. 34 del 24/09/1973). Contro il Concordato e per la legge sul divorzio veniva alzata la bandiera della laicità dello Stato. Sul piano della politica niente sarebbe stato possibile senza il coinvolgimento nelle lotte della classe operaia.

Va sottolineato che nel documento non si faceva mai riferimento al Pci, ma si chiedeva ai compagni di militare nelle «organizzazioni del movimento operaio» per «aprire, nelle rispettive sedi, la "questione cattolica", come nodo centrale di una strategia che passi per la ricomposizione unitaria della classe». A rimanere problematico non era quindi il piano organizzativo quanto quello delle ragioni della scelta socialista. Se, infatti, i Cristiani per il socialismo motivavano le loro posizioni sulla base di un’analisi di classe – «non intendiamo trasformare il cristianesimo da strumento di legittimazione dell'ordine costituito a giustificazione della rivoluzione» – dall’altro lato affermavano l’esigenza di un confronto anche con il fatto religioso sempre dal punto di vista di un’analisi di classe: «Coloro che rifiutano la politicizzazione della fede in nome della sua trascendenza, rifiutano di fatto una politicizzazione aperta in nome di una politicizzazione mascherata. Il nostro convegno intende proclamare solennemente questa nostra convinzione comune maturata in molteplici esperienze di lotta: al di là delle contraddizioni di cui non sottovalutiamo la gravità emerge oggi una convergenza profonda tra le esigenze della nostra fede e quelle dell'impegno rivoluzionario, unite in un rapporto dialettico, di reciproca critica e fecondazione». In altre parole, I Cps non solamente non intendevano affatto slegare fede cristiana e pensiero marxista, anche se questa lettura non era considerata l’unica legittima, ma ne facevano un punto di forza richiamandosi a livello teorico al laboratorio latinoamericano post-conferenza di Medellín (1968).

La consultazione dell’archivio di Adista ci permette di seguire le evoluzioni principali dell’esperienza. Il 6 ottobre si riuniva a Firenze la prima Segreteria nazionale composta da: Arrigo Colombo, Roberto De Vita, Angelo Gennari, Ghibellini, Marco Ingrosso, Domenico Jervolino, Franco Leonori, Raffaele Morese, Romano Paci, Franco Passuello, Paolo Pioppi, Ernesto Balducci, Filippo Gentiloni, Gabriele Gherardi, Marco Rostan, Marco Bisceglia, Michele Giacomantonio, Giorgio Girardet, Arnaldo Nesti, Giuseppe Morelli, Peppino Orlando, Pier Giuseppe Sozzi e Marcello Vigli. La presenza nel gruppo di Leonori, storico direttore della testata, ci conferma il coinvolgimento diretto del gruppo di Adista, che dal 1° al 4 novembre 1974 forniva una cronaca dettagliata del II Convegno nazionale, questa volta a Napoli e dal titolo “Movimento operaio, questione cattolica, questione meridionale”. Come per la volta precedente, l’agenzia pubblicava una rassegna stampa dell’evento dando spazio anche alle numerose voci critiche dentro il mondo cattolico. Seguiva una riflessione sul contributo dato dalle Cdb meridionali e sulla maturazione di queste forme di vita religiosa. Quindi, la redazione evidenziava come la dialettica tra “religiosi” e “politici” fosse ancora decisiva all’interno del movimento: «Si era dato troppo presto per scontato il rapporto tra Fede e Politica ed ecco che una marea di applausi accoglie un La Valle che ricorda l'esigenza di non ridurre la fede alla politica, e Cristo alla stregua degli altri profeti. Prima, Giulio Girardi aveva cercato di dimostrare la convergenza dinamica tra fede e marxismo e il recupero della morale (se non si fa la rivoluzione con la morale ha detto non la si fa senza) come un momento di sintesi tra applausi forse maggiori […] Esiste una via d'uscita a questa esasperazione del problema? I tentativi ci sono; di sicuro c'è che la maggioranza dei credenti impegnati ne è ancora alla ricerca, per lo meno in Italia. Cristiani per il Socialismo, potrebbe per questo essere il luogo ideale per un confronto allargato e costruttivo»  (v. Adista n. 402, 06/11/1974).

L’articolo si soffermava poi sui nodi politici del convegno, celebrato a pochi mesi dalla vittoria del referendum sul divorzio, e elogiava l’atteggiamento assunto da Lotta Continua contro i tentativi del Manifesto-Pdup di strumentalizzare l’incontro. Infine, faceva notare come sul “compromesso storico” si fossero registrate posizioni diverse e tensioni con i militati del Pci. Non bisogna dimenticare, infatti, che la prima metà degli anni Settanta segnava il momento di maggiore tensione dovuto alla possibilità di un sorpasso comunista alle elezioni. Da parte loro, i Cps proseguivano nell’attacco alla Dc con la celebrazione di un’assemblea romana sui “mali di Roma” (14 marzo 1976), di cui Adista ricostruiva lo svolgimento con la relazione introduttiva di Antonio Parisella della segreteria romana (v. Adista n.  573 del 17/03/1976). Lo stesso anno si svolgeva l’assemblea nazionale di Rimini che, in sostanza, confermava la linea del convegno precedente, ma apriva anche al confronto interno in vista della partecipazione al convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana” allargato da mons. Enrico Bartoletti alle aree del dissenso (v. Adista n. 575 del 24/03/1976). Una nuova assemblea si svolgeva il 3 giugno 1977 a Santa Severa (Roma), chiamata a definire le linee politiche del movimento e ad eleggere il nuovo comitato nazionale. L’organizzazione viveva ormai una crisi manifesta che i delegati riconducevano principalmente alla crisi della sinistra dopo le elezioni politiche del 20 giugno (si veda l’intervista a Filippo Gentiloni su “Adista” n. 894 del 03/06/1977).

In un breve testo che si può leggere online, scritto per ricordare Girardi e l’esperienza dei Cps (http://host.uniroma3.it/docenti/girardi/convegni/Antonio%20Parisella_1.pdf), Parisella ha scritto che non ci fu un momento ufficiale di scioglimento del Cps. Lo studioso e ex-militante ha esortato ad approfondire la storia di questa breve, ma intensa, esperienza politico-religiosa, attraverso una serie di fondi archivistici, la cui consultazione degli inventari online è stata molto utile anche per la scrittura di questa breve ricostruzione. L’ultima assemblea nazionale di cui si hanno notizie risulta essere quella del 10-11 marzo 1979 ad Arezzo e di cui possediamo anche la cronaca di Adista (v. Adista n. 22 del 19/03/1979; in seguito il movimento farà ancora due seminari internazionali, alcune iniziative promosse dalle strutture territoriali e collaborerà all’organizzazione di alcuni convegni e dibattiti assieme ad altre realtà ecclesiali di base).

Nella relazione letta ad Arezzo da Nino Lisi (della Segreteria nazionale) si delineavano i tratti di una ripresa dell’organizzazione in contrapposizione ai tentativi di «ricompattamento del mondo cattolico» sotto l’egida del nuovo pontificato di Giovanni Paolo II. Si stava chiudendo un’epoca, quella della contestazione post-conciliare nel lungo ’68 italiano, una stagione che aveva visto nei Cps dei protagonisti in prima linea nelle principali battaglie per la laicità e la maturazione di una presenza dei cristiani nella sinistra. Come è stato sottolineato anche nelle precedenti puntate di questo nostro excursus nella storia politico ecclesiale italiana attraverso la lente di Adista, la testata è stata una componente attiva e partecipe di quel grande dibattito sui rapporti tra fede e identità politica, tra liberazione cristiana e emancipazione di classe, che ha accompagnato almeno un ventennio di storia religiosa italiana e che ha attraversato nel suo piccolo la storia dell’agenzia. Una storia fatta di laboratori, di tentativi, di sforzi teorici e pratici per lanciare sempre la palla in avanti e tenere insieme le contraddizioni – prime tra tutte quelle derivanti dal ribaltamento del primato dello spirituale – di un cristianesimo inconciliabile con gli assetti della Chiesa italiana e sostanzialmente non integrabile negli equilibri della “Repubblica dei partiti”.

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