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Venezuela: la «bella rivoluzione» sempre più in crisi. Opinioni a confronto, per un accompagnamento critico

Venezuela: la «bella rivoluzione» sempre più in crisi. Opinioni a confronto, per un accompagnamento critico

Tratto da: Adista Documenti n° 7 del 24/02/2018

DOC-2895 CARACAS-ADISTA. È talmente complessa la situazione che vive da anni il Venezuela bolivariano che persino tra gli esperti riconducibili allo stesso schieramento altermondialista è possibile incontrare opinioni diverse e addirittura contrapposte. Che direzione ha preso, ci si interroga comunque da una parte e dall'altra, il sogno – anti-imperialista, socialista ed ecosocialista – di Hugo Chávez, quella «bella rivoluzione» che aveva posto il Venezuela al quinto posto, insieme alla Finlandia, nella classifica dei Paesi considerati più felici dai propri abitanti, che aveva permesso la conquista di una nuova consapevolezza da parte del popolo povero, la coscienza della propria insopprimibile dignità?

Per gli uni, quel sogno è rimasto intatto anche sotto il governo Maduro, difeso strenuamente dagli attacchi interni ed esterni: le azioni terroristiche promosse dall'oligarchia; l’assalto all’apparato produttivo – la cosiddetta "guerra economica" – condotto attraverso la speculazione e l’accaparramento dei beni di prima necessità, che spiegherebbero la drammatica scarsità di alimenti e medicine; le sanzioni degli Stati Uniti e dell'Unione Europea; l'assedio dei grandi mezzi di informazione, da sempre impegnati a screditare e demonizzare il governo bolivariano; il sabotaggio dell'Accordo di convivenza democratica tra governo e opposizione, che la destra ha deciso all'ultimo minuto di far saltare, e i segnali sempre più inquietanti di un possibile intervento militare da parte degli Stati Uniti e dei loro vassalli.

Per gli altri, il governo Maduro non è altro che «una caricatura grottesca di quello che è stato il chavismo nei suoi tempi migliori», secondo quanto denuncia per esempio Maristella Svampa (Le Monde Diplomatique, dicembre 2017), la quale pone, tra l'altro, l'accento sulla «logorante lotta per la sopravvivenza» in cui si è ridotta la vita quotidiana dei venezuelani poveri e delle classi medie, per via dell'«incapacità di produrre i beni fondamentali per la popolazione (alimenti e medicine) e persino di importarli in maniera efficiente». Come pure sul fatto che il Venezuela vivrebbe «da due anni in uno stato di eccezione», a causa del disconoscimento, da parte dell'Esecutivo, dell'Assemblea legislativa dominata dal 2015 dalla destra, culminato, secondo un altro chavista dissidente, Edgardo Lander (VientoSur, 28/1), nella convocazione di un'Assemblea Costituente «autoproclamatasi sovracostituzionale e plenipotenziaria», che, invece di dedicarsi al «compito per il quale era stata eletta, quello di redigere un nuovo progetto di Costituzione», ha cominciato a prendere decisioni – in genere «adottate, senza alcun dibattito, per acclamazione o per unanimità» – «relative a tutti gli ambiti dei poteri pubblici, destituendo funzionari, convocando elezioni destinate a impedire o a rendere difficile la partecipazione di chi non appoggia il governo, approvando leggi cosiddette costituzionali con cui si abolisce di fatto la Costituzione del 1999».

Cosa difendere?

Cosicché, secondo Lander, la domanda da porre è se si debba «difendere il governo sempre più autoritario di Maduro» o, al contrario, «il potenziale trasformatore apparso nel 1999», anche considerando che «oggi, per la preservazione del potere da parte del governo giocano un ruolo ben più importante il clientelismo e le minacce di tagliare l'accesso ai beni essenziali sussidiati che l'appello alla partecipazione popolare». A quella democrazia partecipativa, cioè, la cui centralità aveva rappresentato l'elemento più radicale del progetto chavista, malgrado la non irrilevante contraddizione indicata da Aldo Zanchetta, uno degli osservatori più lucidi ed equilibrati sulla situazione venezuelana, il quale sottolinea come Chávez abbia dato vita, da una parte, «alle comunas, un progetto ardito per spostare il potere verso il basso» e, dall'altra, «al PSUV, un partito di governo burocratizzato e verticalizzato, e anch’esso corrotto» (Mininotiziario America Latina Dal Basso, n. 8/17). Non «un partito socialista», ma un mero «strumento di governo» che «non ha mai avuto una vita interna democratica», come sostiene anche Guillermo Almeyra (Rebelión, 27/1), secondo cui il PSUV «non ha mai discusso idee né strategie né i problemi che affrontano i lavoratori nella loro vita quotidiana né come combattere la controrivoluzione sostenuta dall'imperialismo».

Non è stato questo, del resto, l'unico limite del chavismo, come ancora evidenzia Zanchetta, ricordando l'insuccesso di Chávez nel «gettare le basi di un’economia coerente con il progetto», dal fallimento della riforma agraria, «che avrebbe dovuto liberare il Paese dal vincolo della dipendenza del settore alimentare dalle importazioni (il 70%!)» fino alla statalizzazione di alcune grandi industrie «in parte vanificata dalla burocratizzazione e di nuovo dall’onnipresente corruzione».

È un fatto, sostiene Lander, che «negli anni del processo bolivariano non solo non è stata alterata la struttura produttiva del Paese, ma questo è diventato ancor più dipendente dalle esportazioni petrolifere»: non a caso, «le politiche pubbliche rivolte ai settori popolari hanno sempre avuto un carattere distributivo, con un assai limitato impulso ai processi produttivi alternativi all'estrattivismo petrolifero».

Un limite, questo, ulteriormente aggravatosi in seguito alla proclamazione, da parte del governo Maduro, di un nuovo motore dell'economia, quello legato all'attività mineraria, con la creazione di una Nuova Zona di Sviluppo Strategico Nazionale nel cosiddetto Arco Minero del Orinoco, che apre quasi 112mila chilometri quadrati, pari al 12% del territorio nazionale, allo sfruttamento di oro, diamanti, coltan, ferro e altri minerali, in tal modo autorizzando, in cambio di entrate monetarie a breve termine, la devastazione di una significativa porzione del territorio nazionale, coperta da foreste tropicali e savane e caratterizzata da una straordinaria biodiversità.

Quale atteggiamento tenere, dunque, nei confronti del processo bolivariano? Difenderlo incondizionatamente dagli aggressori imperialisti oppure, come, suggerisce Zanchetta, «denunciare ciò che non va per appoggiare coloro che in Venezuela cercano di ripristinarlo, magari correggendolo nei suoi limiti»? È anche l'invito del filosofo della liberazione argentino Henrique Dussel (citato proprio da Zanchetta), il quale chiede «rispetto» per il processo venezuelano - «in questo momento bloccato, come fu bloccata, per oltre 50 anni l’esperienza cubana» - in modo da «consentire che questo governo giovane possa crescere» e «continuare a imparare».

Di certo non mancano segni di vitalità, come indica il recupero dell'iniziativa politica attraverso la pur assai contestata Assemblea Costituente, a cui è seguita la vittoria alle elezioni regionali e a quelle municipali, in attesa di affrontare con rinnovata fiducia le presidenziali anticipate al 22 aprile, proprio per sfruttare il momento elettorale favorevole e approfittare della disorganizzazione di un'opposizione screditata dalle azioni terroriste e dalle invocazioni all'intervento straniero oltreché profondamente divisa al suo interno.

Potere al popolo

Ma se dalla sua il governo ha ancora una considerevole parte della popolazione che, per quanto sempre più scontenta e più critica, non vuole consegnarsi nelle mani della destra, la ricetta, a giudizio di Almeyra e di tanti chavisti critici, non può che venire dal rilancio del «potere popolare oggi asfissiato e burocratizzato». Non è un caso che, rispetto al drammatico tema dell'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, il governo abbia preferito, come evidenzia Guillermo Cieza (Resumen Latinoamericano, 14/1), accordarsi con gli imprenditori (peraltro senza alcun esito) piuttosto che «prestare attenzione alle esperienze produttive comunali e alle opinioni espresse dalle organizzazioni popolari», per esempio promuovendo l'articolazione dei piccoli produttori contadini.

Così, di fronte agli immani sacrifici a cui la popolazione è costretta per ottenere cibo e medicine, fino al punto di dover rovistare tra i rifiuti, e dinanzi all'aumento della diserzione scolastica, della mendicità e dell'insicurezza, il coordinatore di Luchas (Liga Unitaria Chavista Socialista) Stalín Pérez Borges rivolge al presidente un messaggio preciso: «È arrivata l'ora che si presti ascolto alle critiche del popolo combattivo, di chi continua a difendere il processo bolivariano. La rivoluzione riguarda tutti e tutte e non solo un piccolo gruppo che decide ciò che la maggioranza deve dire e fare». Un piccolo gruppo che ha, per esempio, deciso in solitudine anche la ricandidatura di Maduro, poi proclamata dal congresso straordinario del Psuv (comunque non rinnovato da quattro anni), senza alcuna discussione previa da parte della militanza. Una decisione che non tutta la base ha gradito, considerando le critiche rivolte da più parti a Maduro, accusato di essersi distanziato dal progetto di Chávez, di scendere a patti con la borghesia, di cedere le ricchezze del Paese alle transnazionali mediante una contestata legge per la protezione degli investimenti stranieri, di presentare una visione falsata della realtà e persino di perseguitare i dissidenti.

Quanto il clima sia polarizzato, lo mostrano anche i due articoli che seguono (in una nostra traduzione dallo spagnolo), entrambi relativi alle dichiarazioni anti-governative di due vescovi, commentati in maniera diametralmente opposta da suor Eugenia Russian, coordinatrice della Comunità di teologia della liberazione Juan Vives Suria, e dal gesuita Miguel Matos, prima grande sostenitore di Chávez e oggi fortemente critico nei riguardi di Maduro, al punto da auspicare l'unione di tutte le forze di opposizione per sconfiggere il presidente. In conclusione, una riflessione di Aldo Zanchetta, apparsa sul Mininotiziario America Latina Dal Basso n.1/2018.  

Bandiera venezuelana in una foto di jeanmanzano del 2014 tratta da Pixabay, immagine originale e licenza 

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