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Il “cuore” dalla parte giusta

Il “cuore” dalla parte giusta

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 14 del 21/04/2018

Oggi c'è chi si affanna a dimostrare di non essere di sinistra, e getta nella spazzatura non solo gli aspetti discutibili del proprio passato, ma anche le utopie, gli ideali, le lotte e le conquiste sociali per le quali altri hanno speso la vita. D’Alema, Veltroni, Renzi e molti altri, in tempi e modi diversi, hanno fatto a gara nel prendere le distanze dagli ideali di sinistra sostenendo, ad esempio, che questi non si conciliano con il mercato, mentre il mercato sarebbe perfettamente conciliabile con la libertà. E così, più prendono le distanze dalla sinistra, e più aderiscono all’ideologia liberista. Tragicamente questo comporta che per non essere considerati più “comunisti” bisogna chiudere gli occhi di fronte alle tante violazioni delle più elementari libertà, occorre tapparsi le orecchie per non udire il grido delle masse di impoveriti derubati del diritto ad una vita almeno decente, bisogna far finta di non vedere che esistono mercati che fagocitano gli esseri umani per salvaguardare i profitti; insomma bisogna negare che esistono ingiustizie strutturali da sovvertire, sistemi di disuguaglianze da rovesciare.

Nel 2001, agli otto cosiddetti “grandi” riuniti a Genova, tantissimi cittadini tentarono di far comprendere che la ricchezza non è equamente distribuita e che l’ordine del mondo, che fa molti poveri e pochi ricchi, è radicalmente ingiusto; la reazione degli otto grandi accoliti dei mercati fu di una violenza inaudita: i dogmi non si discutono, nell'infallibilità dei mercati si crede ciecamente e basta!

I mercati sono entità che rispondono emotivamente a qualunque segnale rischi di turbare la loro degli esseri umani. Pensavamo che il denaro fosse un mezzo e non il fine dell’economia, che fosse il passaporto per un’esistenza più libera, più dignitosa. Ci troviamo invece a fare i conti con una globalizzazione ingiusta, squilibrata e devastante che fatichiamo a mettere in discussione perché non ricordiamo più che è il prodotto di azioni umane e come tale non è inevitabile. Ci dibattiamo in una crisi epocale che sperimentiamo ogni giorno sulla nostra pelle, eppure non abbiamo il coraggio di mettere sotto accusa il modello economico che l’ha generata. Non ricordiamo più che la stessa parola mercato rimanda all’idea della distribuzione e della partecipazione. La merce è la parte di un tutto, quella che va divisa con gli altri. Inoltre lo scambio non si limita alle pure cose materiali, ma investe anche le idee, i servizi, la comunicazione. È intorno ai bazar, ai suq, agli empori che si è sviluppata la civiltà. I mercati economici e finanziari sono determinati dagli esseri umani, non hanno un’esistenza a sé stante, non sono divini. Allora un altro mondo è realmente possibile, ed è possibile, evidentemente, un altro modo di fare economia, se teniamo a mente il fatto che essa è al nostro servizio e non viceversa.

Da sempre il termine "sinistra" riveste alcuni significati simbolici, legati alla diversità, all’essere fuori standard. Oggi, concretamente, vuol dire pacifismo, nonviolenza, ambientalismo, solidarietà, accoglienza, disobbedienza alle leggi ingiuste, lotta contro la globalizzazione squilibrata dei mercati. La sinistra è il lato dei "perdenti", dei senza potere, degli esclusi, dei senza domani. Essere di sinistra significa stare dalla parte degli scartati: di tutti coloro per i quali non c’è spazio in un mondo che vive per produrre.

Dal Chiapas ci arriva l'eco di quanto dicono gli indios: «Fratelli l’umanità vive nel petto di tutti noi e, come il cuore, preferisce il lato a sinistra». Ripartire dal cuore significa saper navigare tra le "piazze virtuali" senza abbandonare quelle reali; significa uscire dalla depressione di essere pochi e tentare di coinvolgere altri accorgendosi dei loro bisogni, discutendo con loro e proponendo e pretendendo insieme soluzioni. Significa – parafrasando il papa – costruire un movimento, un partito "in uscita" e non ripiegato su se stesso, che si piange addosso, e dà segni di vita solo quando si tratta di spartirsi poltrone e strapuntini. Occorre riaprire immediatamente sezioni, circoli, luoghi di aggregazione nei territori, soprattutto nelle periferie. Sembra l'ovvietà, ma bisogna far nascere nuove classi dirigenti dai territori, che siano preoccupate di rispondere ai bisogni delle persone più che alla carriera.

Forse è più semplice di quanto vogliono farci credere: incontrarsi, confrontarsi, accettare le critiche, cercare di comprendere, evitare l'arroganza di chi sa tutto, ascoltare, invece, chi non conta niente, condividere i problemi, infondere speranze, percorrere insieme soluzioni possibili; soprattutto mostrarsi ed essere credibili e... guardare il mondo dalla parte dalla quale la maggioranza non guarda, per ribaltare le ingiustizie a cui sembriamo essere condannati. olimpica esistenza. Sono sensibili ai cambiamenti. Sanno e vedono cose che sfuggono alla nostra limitata percezione di esseri umani. I mercati, come divinità terribili, esigono vittime umane a decine, a migliaia. I loro disegni imperscrutabili vanno ben oltre il limite delle nostre povere vite. Le reazioni dei mercati sono imprevedibili, le loro vendette si abbattono sull’intero pianeta con un’onda d’urto di proporzioni titaniche. È inutile tentare di capire quale progetto abbiano in serbo per noi, perché i mercati non ammettono ingerenze. L’ontologia dei mercati è una nuova forma di religione che fa vacillare la nostra presunzione di essere dotati di libero arbitrio. Di fronte ai mercati ci siamo scoperti inermi, impreparati. Pensavamo di essere il centro di un universo creato per noi, perché potessimo, come dice Pico della Mirandola, «ammirarne la bellezza». Si chiamava umanesimo quel sogno che svegliava l’Europa agli inizi del 1400 e predicava con limpidezza il credo dell’Humanitas, cioè della dignità. 

* Vitaliano Della Sala è amministratore parrochiale a Mercogliano (AV)

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