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Curia: Francesco prepara lo spoil system

Curia: Francesco prepara lo spoil system

Tratto da: Adista Notizie n° 3 del 26/01/2019

39658 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. “Ora Bergoglio vuole ‘cancellare’ l'eredità di papa Benedetto XVI”, titolava Il Giornale lo scorso 13 gennaio, facendo seguito a un altro articolo (pubblicato il 10) dello stesso tenore (“Così il Papa vuole cancellare le mosse di Ratzinger”). I titoli, si sa, sono a volte enfatici, finanche iperbolici. Ma la sostanza, in questo caso, non si discosta molto dal modo con cui il quotidiano fondato da Indro Montanelli la presenta. Papa Francesco è cioè in procinto di rendere ufficiale una serie di nomine che cambieranno profondamente il profilo della Curia Romana, imprimendole sempre più il segno del nuovo pontificato e archiviando nomi e linee di azione del precedente.

La prima mossa sarebbe già compiuta e riguarderebbe il braccio destro del “pontefice emerito”: si dice sia infatti imminente la soppressione della Prefettura della Casa Pontificia, il cui titolare è mons. Georg Gänswein, da anni segretario personale di Ratzinger: Gänswein è un personaggio “scomodo” per Francesco. Quando parla, la sensazione è che lo faccia in nome e per conto di Ratzinger, anche se è attento a non attribuire ad altri i propri pensieri e riflessioni. Ciononostante, i contenuti delle sue dichiarazioni hanno fatto a volte pensare all’esistenza di una diarchia ai vertici della Chiesa. In particolare, in alcune occasioni Gänswein ha fatto riferimento a un “doppio pontificato”, con un ministero petrino “attivo” e l’altro “contemplativo”, quasi un ministero in comune; qualcuno si è spinto addirittura a teorizzare una presunta superiorità del papa “contemplativo”, più autorevole, perché dotato di maggiore esperienza e sapienza teologica. Di un possibile ridimensionamento del ruolo di Gänswein si parla per la verità da tempo (è scaduto già da oltre un anno il mandato quinquennale che Ratzinger gli aveva conferito poco prima di dimettersi), ma ora pare che il suo trasferimento ad altro incarico sia cosa fatta. Al suo posto, però, non dovrebbe essere nominato nessun altro: le funzioni della Casa Pontificia (piuttosto rilevanti, perché è da lì che passa la fissazione di tutti gli appuntamenti e le udienze del papa) verrebbero demandate ad una sezione della Segreteria di Stato. Gänswein potrebbe essere mandato proprio in Segreteria di Stato, sotto la giurisdizione del card. Parolin. Oppure nominato ad un’altra congregazione (qualcuno dice quella per i Santi), ma con il ruolo di segretario e non di prefetto. In entrambi i casi, la sua autonomia e il suo potere verrebbero quindi considerevolmente ridimensionati.

L’altra imminente decisione di papa Francesco sarebbe la chiusura della Commissione Ecclesia Dei. Anche qui, il dicastero avrebbe fatto il suo tempo, perché venne istituita da Giovanni Paolo II nel 1988, all'indomani della scomunica del vescovo francese Marcel Lefebvre di Ecône, per tentare di ricucire lo “strappo” con i suoi seguaci, ossia con la fraternità sacerdotale S. Pio X. Lo “strappo”, nonostante le numerose concessioni da parte vaticana, è ancora lì. E per i levebvriani questo papa gode di assai minore considerazione rispetto al suo predecessore. C’è però un altro aspetto rilevante nella possibile chiusura della Commissione Ecclesia Dei. Ad essa, infatti, era stata demandata anche l’attuazione della lettera apostolica Summorum pontificum che rendeva possibile, a certe condizioni, la celebrazione della messa in lingua latina secondo il messale precedente alla riforma liturgica del 1969. Rispetto a ciò, la soppressione della Commissione Ecclesia Dei formalmente non cambierebbe nulla, ma sarebbe comunque un segnale di minore attenzione e sforzo nella diffusione e nell’applicazione di quanto previsto dalla Summorum pontificum.

In questi anni lo spoil system bergogliano è proceduto lentamente, ma incessantemente. Di solito, il papa ha aspettato la naturale scadenza del mandato degli uomini di Curia nominati dal precedente pontefice. Sostituzioni che hanno fatto poco clamore, tranne in poche occasioni (piuttosto eclatante, ad esempio, quella del cardinale ultraconservatore statunitense Raymond Burke, che Benedetto XVI aveva voluto nel 2008 come prefetto della Segnatura apostolica e che nel novembre 2014 papa Francesco aveva rimosso, dopo averlo sostituito anche come membro della Congregazione dei vescovi, alla fine del 2013). In ogni caso, a distanza di ormai quasi sei anni dall’ascesa al soglio di Pietro, è chiaro (e piuttosto logico) che anche la Curia Vaticana abbia sempre più impresso il segno della presenza di Francesco. E diverse nomine nei prossimi giorni lo renderanno ancora più evidente. Va però anche detto che una reale “riforma” della Curia, che in tanti auspicavano sin dall’elezione di Bergoglio, non è avvenuta. E su alcuni versanti e rispetto ad alcune nomine (si pensi al “C9”, come all’ascesa – e precipitosa caduta – del card. Pell e del suo dicastero economico) le scelte di Francesco si sono mostrate sbagliate o inefficaci.

Raffaello Sanzio, Incoronazione di Carlomagno (dettaglio), affresco del 1514-'15; foto [ritagliata] di Jebulon del 2013 tratta da Wikimedia Commons; immagine originale e licenza

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