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Legionari di Cristo: dopo il report sugli abusi, un’inchiesta sul riciclaggio

Legionari di Cristo: dopo il report sugli abusi, un’inchiesta sul riciclaggio

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 18/01/2020

40091 CITTÀ DEL MESSICO-ADISTA. A distanza di dodici anni dalla morte di Marcial Maciel Degollado, fondatore e direttore per molti anni dei Legionari di Cristo, continua ad emergere la pesante eredità del religioso pedofilo, abusatore seriale, evasore fiscale, manipolatore, capace di mettere insieme enormi quantità di denaro e tante amicizie importanti in Vaticano, prima tra tutte quella con Giovanni Paolo II (v. Adista Notizie n. 23/19); una figura dalla quale la congregazione – una delle più conservatrici del mondo cattolico, devastata da un culto mal riposto – ha tentato faticosamente di affrancarsi con un lungo percorso di revisione, ma che è riuscita a creare un “sistema” che ha lasciato indelebilmente la sua impronta. La notizia più recente riguarda infatti una investigazione attualmente in corso in Messico per rintracciare presunte operazioni di riciclaggio di denaro portate avanti dalla congregazione religiosa, secondo quanto ha comunicato il 7 gennaio scorso il capo dell’Unità di Intelligence finanziaria del Ministero delle Finanze e del credito pubblico del Paese Santiago Nieto Castillo che ha spiegato come esista una denuncia in proposito anche se finora non era stata avviata alcuna verifica (Milenio, 7/1). Immediata la reazione della congregazione: «La Legione di Cristo – si è difesa – svolge le sue attività in Messico con stretta aderenza alle disposizioni legali e fiscali applicabili. Esprimiamo il nostro impegno per la trasparenza e la piena collaborazione con le autorità competenti».

«Complicità strutturale»

L’indagine ha preso il via in seguito a un rapporto diffuso dai Legionari stessi, nel dicembre scorso (v. Adista News, 23/12/19), realizzato dalla Commissione per i casi di abuso di minori del passato e attenzione alle persone coinvolte, intitolato Informe 1941-2019 sobre el fenómeno de abuso sexual de menores en la Congregación de Los Legionarios de Cristo desde su fundación hasta la actualidad, che rivela come, nel corso della storia della congregazione, a partire dunque dal 1941, 175 minori siano stati abusati da 33 sacerdoti; di essi, almeno 60 furono vittima del fondatore Marcial Maciel Degollado. Nei sei mesi durante i quali è stato portato avanti lo studio, racconta Milenio (21/12), sono state contattate 13 vittime e intervistati 40 membri della congregazione, con lo scopo di raccogliere quante più informazioni possibili sui casi di pedofilia avvenuti.

Per la maggior parte, le vittime sono state bambini e adolescenti tra gli 11 e i 16 anni; se con 45 di essi si è giunti a una riparazione e a una riconciliazione, si legge nel documento della Legione, «persiste la necessità di continuare a agevolare questo cammino con tutte le altre». I 33 sacerdoti responsabili di abusi, assicura la congregazione, sono pari al solo 2,44% dei 1.353 ordinati nel corso della storia della comunità religiosa, e di essi sei sono morti senza essere stati giudicati dalle autorità civili, uno è stato condannato e un altro, già rimosso dallo stato clericale, è attualmente sotto processo. Tutti gli altri non hanno finora subìto un processo per motivi diversi, come la legislazione di alcuni Paesi in cui i fatti si sono consumati o la loro caduta in prescrizione. Da un punto di vista canonico, invece, cinque sono i sacerdoti che non furono processati perché morti anzitempo, 15 sono quelli sanzionati, sei stanno per essere giudicati, tre sono sotto indagine preliminare con restrizioni cautelari, uno ha ricevuto la dispensa dal ministero senza un processo e tre sono stati denunciati quando avevano già abbandonato la congregazione. Il documento evidenzia come 14 abusatori, ossia il 42,42% del totale, siano stati a loro volta vittime di abusi all’interno della congregazione stessa. Un’analisi storica del fenomeno, sottolinea, «ci ha permesso di evidenziare che vi furono catene di abuso in cui una vittima di un legionario, col passare degli anni, è divenuto a sua volta abusatore, ripetendo su altri l’abuso che aveva subito. In questo senso, è significativo che 111 tra i minori abusati nella congregazione siano state vittime o di Marcial Maciel, o di una delle sue vittime o di una vittima delle sue vittime». Questa catena rappresenta dunque il 63.43% del totale delle vittime e ha coinvolto 11 preti, 3 dei quali sono morti; nessuno dei sopravvissuti oggi esercita pubblicamente il ministero sacerdotale. In questo microcosmo, il potere dei preti pedofili è stato un elemento ostativo alle denunce e alle sanzioni: 14 di essi, infatti, occupavano ruoli autorevoli, cosicché, afferma il documento, «l’abuso sessuale di minori si univa all’abuso di potere e di coscienza».

Emblematico di un sistema fondamentalmente corrotto è il caso del sacerdote pedofilo p. Fernando Martinez, colpevole di aver abusato di almeno otto minori negli anni ‘90: una delle vittime denuncianti, Ana Lucía Salazar, di fronte al riconoscimento da parte della congregazione delle malefatte del sacerdote, ha messo in evidenza come «in qualche modo cerchino di camuffare il sistema strutturale per seppellire la verità, perché la gente non arrivi a comprendere e perché pensi che si tratta di un pedofilo isolato, mentre in realtà sono accolti e appoggiati dall’istituzione» (Aristegui Noticias, 25/11/19). All’interno dell’organizzazione, ha spiegato, esiste una «complicità strutturale» di cui la congregazione non parla.

Sotto accusa tutta la congregazione

Alcune vittime degli abusi, che avevano 7-8 anni nel 1993 e frequentavano l’Istituto Cumbres di Cancún dei Legionari, hanno chiesto giustizia e un risarcimento dei danni, e hanno annunciato, a fine novembre, la presentazione di una denuncia penale collettiva, criticando anche le finalità del rapporto-verità dei Legionari. Chiamato in causa è anche p. Eloy Bedia, oggi candidato a vicario capitolare dei Legionari, accusato di aver coperto il sacerdote e già destinatario di una lettera in proposito del Tribunale ecclesiastico dell’arcidiocesi di Monterrey. Ma non solo: a essere messa sotto accusa è tutta la congregazione: durante la conferenza stampa, il Gruppo di Azione per la Giustizia Sociale, che sostiene le vittime, ha denunciato come il rapporto «non parli della possibilità d’accesso alla verità e alla giustizia, dal momento che questi stessi reati continuano a essere commessi all’interno degli Istituti Cumbres: questo schema continua a essere attivo». Il fine della congregazione sarebbe dunque solo quello di chiedere la riconciliazione con le vittime, lasciando intatta «la sua struttura di impunità». Il che dimostrerebbe che il problema di Maciel, ha commentato l’ex sacerdote Alberto Athié, non è terminato con la sua morte, ma continua in modi diversi con i suoi discepoli. La congregazione, però, ha rispedito al mittente le accuse contro Bedia: in una lettera del 5 novembre scorso, ottenuta dal quotidiano La Jornada, il promotore di giustizia Pedro Pablo González spiega che le vittime hanno sollecitato l’intervento dell’arcivescovo di Monterrey e presidente della Conferenza episcopale messicana mons. Rogelio Cabrera López per gli abusi commessi da Martínez negli anni ‘90 presso l’Istituto Cumbres di Cancún e per l’intervento di Bedia a favore dell’aggressore. Da Bedia, infatti – denunciano le vittime – giunsero solo false promesse di occuparsi del caso, di fornire un accompagnamento alle vittime e alle loro famiglie, di ritirare il prete pedofilo dal suo ministero attivo. A Martínez, invece, fu semplicemente affidato un altro incarico, e probabilmente commise altri abusi. Bedia avrebbe inoltre mostrato un totale disinteresse per il bene delle vittime; nell’insieme, va considerato, proseguono le vittime, come un perpetuatore dell’ambiente di abusi promosso dal fondatore Maciel. Secondo quanto riporta sempre La Jornada, poi, il direttore generale dei Legionari di Cristo, p. Eduardo Robles Gil, che avrebbe negato l’accesso agli archivi della congregazione, ha cercato di giustificare Bedia con il fatto che era tenuto all’obbedienza a Maciel.

Amicizie importanti

In tale contesto, il capo dell’Unità di Intelligence finanziaria del Ministero delle Finanze Nieto Castillo vuole vedere più a fondo, per stabilire se e in che misura «gli strumenti giuridici utilizzati dalla congregazione non abbiano comportato problemi di riciclaggio di denaro». Non esiste, però, a oggi, una indagine diretta sulla moglie dell’ex presidente messicano Vicente Fox, Marta Sahagún, i cui legami con i Legionari di Cristo sarebbero stati tali da far accrescere notevolmente la potenza economica e finanziaria della Legione, nei sei anni di mandato presidenziale del marito. La signora, l’8 gennaio su Twitter, nega recisamente come «perversa e falsa» l’informazione circolata su di lei, «inganno all’opinione pubblica e offesa alla mia persona» (e altrettanto fa il marito, che la supporta e la difende), ma resta il fatto che fu lei la tesoriera della Legione, prima di entrare in politica come coordinatrice della comunicazione nel governo dello Stato di Guanajuato e poi come portavoce dello stesso Fox, prima di sposarlo e diventare così un’intraprendente first lady.

Le cointeressenza tra la Sahagún, l’istituzione statale e la Legione sono molto antiche. La congregazione donò un terreno allo Stato del Michoacán, nel Comune di Cotija – dove aveva una grande influenza – per la costruzione dell’Università delle arti e mestieri, per la quale governo federale e statale contribuirono con 84 milioni di pesos (circa 4 milioni di euro). Durante l’edificazione dell’ateneo, nel 2002, Fox – all’epoca presidente – e la moglie visitarono più volte il luogo: la signora aveva una amicizia di lunga data con i Legionari, essendo suo padre amico d’infanzia di Maciel.

Ora, l’indagine sui fondi della Legione di Cristo potrebbe dunque toccare anche la signora Sahagún, come lascia intendere Nieto che, interpellato sul coinvolgimento di quest’ultima dal settimanale Proceso (7/1), ha risposto che l’investigazione riguarda «in generale tutta l’organizzazione». Nel 2017, l’inchiesta Paradise Papers portata avanti dal Consorzio internazionale di Giornalisti investigativi (ICIJ), del quale fa parte anche Proceso, individuò infatti patrimoni della Legione depositati in paradisi fiscali.

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