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PRIMO PIANO. Il virus falsifica il sovranismo

PRIMO PIANO. Il virus falsifica il sovranismo

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 10 del 14/03/2020

Lo stupore è il sentimento dominante di fronte all’improvvisa apparizione di focolai di contagio da coronavirus in alcune zone del nostro Paese che in sole due settimane si è sviluppato in modo esponenziale fino a raggiungere (al 2 marzo) quota 1.700. Così come non si può rimanere stupiti di fronte alle misure straordinarie adottate dalle autorità. Con un decreto legge emesso la notte del 23 febbraio è stata disposta la messa in quarantena di dieci comuni in Lombardia e di un comune in Veneto e sono state previste misure inusitate, applicate in Lombardia e Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia (e parzialmente in altre Regioni), di chiusura generalizzata delle scuole, dei musei, degli esercizi pubblici nonché la «sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico». Si tratta di misure che incidono molto pesantemente sulla libertà personale e sull’economia, molto simili a quelle che, su scala molto più vasta, sono state adottate in Cina per contenere la diffusione dell’epidemia. La semplice comunicazione di queste misure, riprese e rilanciate dai mass media, ha creato una diffusa sensazione di insicurezza, se non di panico, testimoniata dalla corsa ad accaparrarsi le mascherine di protezione ed i prodotti per l’igiene delle mani.

Questo clima di isteria ha dato la stura a una serie di provvedimenti balzani che oscillano fra il ridicolo e il demenziale, come il tentativo di alcuni sindaci di Ischia di imporre la quarantena, all’atto dello sbarco dei traghetti, ai cittadini lombardi e veneti, rivelandosi un ottimo terreno di coltura per un virus molto più pericoloso: quello della discriminazione. In questa classifica la palma spettava al governatore del Friuli Venezia Giulia, Fedriga, che aveva disposto la quarantena per tutti gli immigrati irregolari che venissero rintracciati nel territorio regionale, ma il 28 febbraio è stato surclassato dal governatore del Veneto, Zaia, che in una intervista a Antenna Tre, dopo aver lodato il popolo veneto per il suo attaccamento all’igiene, ha dichiarato testualmente: «Li abbiamo visti tutti, i cinesi, mangiare i topi vivi o altre robe del genere».

Di fronte ad una situazione di grave emergenza sanitaria, sociale ed economica, è venuta fuori incontenibile l’inadeguatezza culturale della nuova classe dirigente leghista e l’estrema pericolosità del loro disegno di dividere l’Italia in tanti statarelli con competenze esclusive su settori nevralgici come la sanità e la scuola. Se da un male può venir fuori un bene, questo dovrebbe essere il seppellimento definitivo del progetto di autonomia differenziata.

Il 31 dicembre 2019 la Cina aveva segnalato all’Organizzazione Mondiale della Sanità l’insorgere di un’epidemia di un nuovo coronavirus nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Da allora lo sviluppo dell’epidemia è stato seguito con apprensione in tutto il mondo. I nostri sovranisti si sono sbracciati invocando la chiusura delle frontiere, l’allontanamento dalle scuole degli studenti provenienti dalla Cina, il divieto di sbarco per i profughi recuperati in alto mare dalle navi ONG, la sospensione degli accordi di Schengen. È stato tutto un cantare: non passa lo straniero.

Invece, per uno scherzo del destino, l’Italia è divenuto il terzo Paese nel mondo per i focolai d’infezione da COVID-19 ed è diventata esportatrice dell’infezione in tutto il mondo. Adesso le frontiere vengono chiuse agli italiani che viaggiano all’estero. Ad oggi Israele, Capo Verde, Giamaica, Giordania, Arabia Saudita, Bahrein, El Salvador, Figi, Iraq, Kuwait, Libano, Madagascar, Mauritius, Seychelles e Turkmenistan, Tuvalu, Isole Cook hanno vietato l'ingresso agli italiani o a chi è stato in Italia nelle ultime due settimane. Persino il Parlamento europeo ha raccomandato ai deputati italiani di stare alla larga o di mettersi in quarantena volontaria.

Il problema è che il virus non ha bisogno del passaporto per varcare le frontiere e non incontra ostacoli di lingue, di religione o di etnie. Per questo l’epidemia del coronavirus è uno degli indicatori più potenti che falsifica la narrazione dei sovranismi. Alla base delle politiche nazionaliste del sovranismo c’è l’illusione che ciascuna nazione, ciascun gruppo etnico, ciascun territorio, possa avere un destino separato da quello di tutti gli altri. Questo ci porta a rinchiuderci nell’egoismo dei nostri interessi particolari e a rimanere indifferenti al destino degli altri, come se le sofferenze degli altri popoli non potessero mai riguardarci. I disastri prodotti dalle guerre, dalle carestie, dall’inquinamento, dai cambiamenti climatici, non possono essere confinati alzando delle barriere sempre più spesse, metaforiche o fisiche, come il muro di Trump al confine con il Messico. Tutta l’umanità vive sotto lo stesso cielo, non possiamo pretendere di salvarci da soli. L’epidemia da coronavirus ci dimostra che i problemi dell’umanità sono globali, per cui i mali che affliggono un’altra popolazione, anche se lontana, ci riguardano e, prima o poi ci presentano il conto se non saremo capaci di reagire costruendo un tessuto di solidarietà fra i popoli e di mutua comprensione.

Domenico Gallo è magistrato, attualmente giudice presso la Corte di cassazione. Da sempre impegnato nel mondo dell’associazionismo e del movimento per la pace, è stato senatore della Repubblica per una legislatura ed è attivo nei comitati per la difesa della Costituzione. Collabora con quotidiani e riviste, tra cui Adista, ed è autore o coautore di numerosi libri

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