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L'alternativa c'è. Proposte per l'avvio di una nuova fase della civiltà

L'alternativa c'è. Proposte per l'avvio di una nuova fase della civiltà

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 06/06/2020

DOC-3067. ROMA-ADISTA. Si moltiplicano in tutto il mondo gli appelli affinché nulla sia più come prima del Covid-19, contro quella presunta normalità da cui sono derivati tanti problemi e tante tragedie. In Italia, per esempio, 400 scienziati hanno scritto a Giuseppe Conte e a Sergio Mattarella invocando «uno sforzo congiunto, cooperativo, aggregativo e sinergico per ridefinire l’economia in chiave circolare e per disegnare un nuovo modello di sviluppo rigenerativo che veda partecipi tutte le forze produttive e il capitale umano del Paese». Uno sforzo tanto più richiesto in quanto, evidenziano gli scienziati, «chi non sarà pronto alla sfida che la pandemia ha reso ancora più urgente sarà presto messo in seria crisi dalla svolta epocale prevista dal New Green Deal in Europa». E allora ecco la necessità di far ripartire l’economia mettendo «in primo piano la transizione ecologica, ovvero nuove modalità di vivere, alimentarsi, consumare e produrre, che rappresenteranno il cuore di questa auspicata rinascita umana, culturale, sociale, economica ed ecologica».

Dieci sono le idee concrete lanciate dai firmatari dell'appello in 10 settori chiave per la ripartenza: promuovere un cibo italiano «ecosostenibile, biologico, diversificato, recuperando le aree marginali»; realizzare città verdi, mettendo fine alla «cementificazione selvaggia che sta divorando 2 metri quadri di territorio italiano al secondo»; puntare sulle energie rinnovabili; mettere a punto «un piano straordinario per la riduzione delle emissioni climalteranti, per la mitigazione degli impatti e l’adattamento ai cambiamenti climatici»; rilanciare l'offerta di un turismo sostenibile; operare una drastica riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli; tutelare la biodiversità e assicurare il ripristino degli ecosistemi terrestri e marini degradati; incentivare l’economia del mare e la pesca eco-sostenibile; investire sulla ricerca e sulla formazione; assicurare lo sviluppo di tecnologie green.

Grande risalto ha ricevuto anche l'appello, pubblicato da Le Monde lo scorso 5 maggio, firmato da duecento artisti e scienziati di tutto il mondo, dall'attrice Juliette Binoche all'astrofisico francese Aurélien Barrau, da Madonna a Cate Blanchett, da Robert de Niro a Jane Fonda.

«La catastrofe ecologica in corso – scrivono – fa parte di una "metacrisi": l'estinzione in massa della vita sulla Terra non è più messa in dubbio e tutti gli indicatori parlano di una minaccia esistenziale diretta». Una realtà ben più pericolosa di una pandemia, per quanto grave: qui si tratta, spiegano, «di un collasso globale le cui conseguenze saranno incommensurabili». Da qui l'appello «solenne» a tutti i cittadini per il superamento «della logica insostenibile che ancora prevale», in maniera da «lavorare finalmente a una profonda revisione di obiettivi, valori ed economie». E se «l'inquinamento, il riscaldamento globale e la distruzione degli spazi naturali», come pure le «crescenti disuguaglianze sociali», stanno portando il mondo «a un punto di rottura», la «trasformazione radicale richiesta a tutti i livelli» esige «un impegno massiccio e determinato». «È una questione di sopravvivenza – concludono – oltre che di dignità e di coerenza».

Tuttavia, i primi incerti passi per uscire dall'attuale crisi non sembrano promettere nulla di buono. L'attenzione è, ovunque, centrata sul rilancio dell'economia, nel più puro stile capitalista; e dei negoziati sul clima, nel momento in cui il tempo per evitare la catastrofe è agli sgoccioli, non parla più nessuno.

Eppure, dall'ecosocialismo al variegato pensiero della cosiddetta Decrescita, con il suo accento sull'urgenza di una radicale disintossicazione collettiva dal veleno della crescita, fino al buen vivir dei popoli andini (sumak kawsay in kichwa o suma qamaña in aymara) o ad esperienze come quella dei municipi autonomi zapatisti o del confederalismo democratico teorizzato da Abdullah Öcalan (il leader kurdo prigioniero nell’isola turca di Imrali), non mancano certo le alternative all'attuale modello di civiltà. E ancor meno le proposte sull'avvio di una transizione a una società post-capitalista, cioè sul superamento di quella che l’economista Kenneth Boulding ha definito l’«economia del cowboy», quella dello sfruttamento totale delle risorse naturali, in direzione dell’«economia del cosmonauta» di cui parla Serge Latouche, in base alla quale è necessario riconoscere che la Terra non è diversa da una capsula spaziale, in cui gli astronauti possono contare soltanto sulle risorse che si trovano al suo interno e solo al suo interno possono depositare i loro rifiuti.

Qui, in una nostra traduzione dallo spagnolo, riportiamo la riflessione di Maurizio Pallante sulla decrescita (tratta dal sito sostenibilitaequitasolidarieta.it), quella della teologa Margot Bremer sul buen vivir (amerindiaenlared.org), e quella di Michael Löwy sull'ecosocialismo (pubblicata su Resumen Latinoamericano, 10/2).  

Ferruccio Zanone, Bagliori notturni, foto [ritagliata] tratta da flickr, immagine originale e licenza

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