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Dopo la visita apostolica il Vaticano allontana Enzo Bianchi da Bose

Dopo la visita apostolica il Vaticano allontana Enzo Bianchi da Bose

Tratto da: Adista Notizie n° 22 del 06/06/2020

40279 BIELLA-ADISTA. Che stesse per succedere qualcosa era nell’aria, se non altro per la visita apostolica disposta tra fine 2019 e inizio 2020 (i visitatori designati erano p. Guillermo León Arboleda Tamayo, abate presidente della congregazione benedettina sublacense-cassinese, p. Amedeo Cencini, canossiano, consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, e m. Anne-Emmanuelle Devêche, abbadessa del monastero cistercense di Blauvac). Poi, il 26 maggio scorso, è stata confermata la clamorosa decisione: Enzo Bianchi deve lasciare la comunità che ha fondato in provincia di Biella a metà degli anni ‘60, quando scelse di vivere a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica ispirata ai cristiani dei primi secoli, impegnata del dialogo ecumenico e aperta a tutte le confessioni. Comunità, formalmente nata nel 1968, che aveva guidato da priore fino al 2017, quando è subentrato Luciano Manicardi.

Assieme a Bianchi, 77 anni, una delle voci del cattolicesimo “progressista”, presentissimo sui media, devono allontanarsi anche altri tre religiosi a lui molto vicini: sr. Antonella Casiraghi, già sorella responsabile generale, fr. Lino Breda, segretario della comunità, e fr. Goffredo Boselli, responsabile della liturgia. A stabilirlo è un un decreto “singolare” (ossia, a norma dei cann. 48 e 49 del diritto canonico, un atto emesso dalla competente autorità ecclesiastica nei confronti di una persona specifica, mediante il quale gli si impone qualcosa da fare) del 13 maggio scorso, firmato dal segretario di Stato vaticano Piero Parolin. Decreto che, approvato dal papa, è di fatto inappellabile.

Il testo del decreto non è ancora stato pubblicato, così come gli atti della visita apostolica da cui discende. Si conosce solo un comunicato apparso sul sito della comunità di Bose il 26 maggio scorso che ricostruisce così la vicenda: «La Visita Apostolica si è svolta dal 6 dicembre al 6 gennaio e, al termine di essa, i Visitatori hanno consegnato alla Santa Sede la loro relazione, elaborata sulla base del contributo delle testimonianze liberamente rese da ciascun membro della Comunità. Dopo prolungato e attento discernimento e preghiera, la Santa Sede è giunta a delle conclusioni che sono state comunicate agli interessati alcuni giorni fa». La comunicazione, precisa il sito, è avvenuta «nel massimo rispetto possibile del diritto alla riservatezza degli interessati». Ciononostante, «il rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori». Insomma, qualcuno non avrebbe accettato le decisioni vaticane, così è stata la comunità a fare nomi e cognomi dei destinatari del provvedimento: «Enzo Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi», che dovranno «separarsi» da Bose e «trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti». Entrando nel merito della vicenda, il comunicato di Bose parla di «serie preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede che segnalavano una situazione tesa e problematica nella nostra Comunità per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno», che hanno determinato il papa a disporre «una Visita Apostolica». Non serve nemmeno leggere tra le righe per capire che da tempo la frattura era divenuta insanabile. Anche dopo aver lasciato la guida a Manicardi, evidentemente, Bianchi avrebbe mantenuto un atteggiamento che la maggioranza della comunità deve aver letto come autoritario e prevaricatore. La visita apostolica non ha potuto che registrare l’impossibilità di ricomporre la situazione e il provvedimento probabilmente tenta di salvare l’esperienza separando il fondatore dalla comunità, che oggi è composta da circa 90 membri, tra fratelli e sorelle, di sei nazionalità e diverse appartenenze religiose, quasi tutti laici.

La replica di Bianchi è arrivata il 27 maggio: «In quanto fondatore, oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore», scrive Bianchi, «ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema. Mai però ho contestato con parole e fatti l’autorità del legittimo priore, Luciano Manicardi, un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità». Per questo, Enzo Bianchi chiede chiarimenti: «Chiedo che la Santa Sede ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto». «Nella sofferenza e nella prova abbiamo altresì chiesto e chiediamo che la comunità sia aiutata in un cammino di riconciliazione».

Per alcuni cattolici di orientamento “liberal” la scelta del Vaticano sarebbe un maldestro tentativo per sedare tensioni interne alla comunità e rischia di diventare un boomerang nelle mani dei settori più conservatori della Chiesa e di chi vuole attaccare Francesco, l’ecumenismo ed esperienze di frontiera come quella di Bose. Alberto Melloni, in un articolo comparso su Repubblica il 27 maggio, domanda: chi ha convocato la visita canonica «ha capito che sarebbe stata usata per risucchiare Bose nella ordinarietà degli ordini e castrarne l'identità ecumenica? E si è chiesto quando padre Cencini, uno dei tre visitatori, è tornato a Bose per portare la sentenza è venuto come "delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis, con pieni poteri" e dunque con la forza del successore di Pietro, laddove bastava il vescovo di Biella?». Inoltre, prosegue Melloni, «del provvedimento contro Enzo Bianchi nessuno ha prevenuto l'episcopato italiano e nessuno si è sentito in dovere di informare né il patriarca ecumenico né il patriarca di Mosca né le Chiese con cui Bose aveva legami fraterni: ai primi questo dice che "nessuno è al sicuro", come racconta qualche vescovo, e ai secondi si è offerta la versione più manesca del primato papale».

Per altri esponenti della Chiesa progressista l’allontanamento di Enzo Bianchi era però difficilmente evitabile, se non al rischio della dissoluzione dell’intera esperienza di Bose. Anche a causa dell’ingombrante peso, che grava su molte realtà ecclesiali, di fondatori che spesso comprimono o condizionano il dibattito interno alle realtà da loro fondate e guidate per anni, talvolta decenni, da leader incontrastati. Realtà che rischiano così di diventare le “loro” creature. Acutamente, sulla sua pagina Facebook, don Paolo Zambaldi, prete a Bolzano, rileva che «l’unico fondatore di comunità che ha detto che è bene che se ne andasse e quindi non si è ritenuto indispensabile è colui che ha ritenuto come incondizionato solo Dio e non lui: Gesù di Nazareth».

A riprova di una situazione ormai molto compromessa anche il fatto che, prima della visita apostolica disposta dal Vaticano, ve ne era stata un’altra, nel 2014, richiesta dalla stessa comunità e affidata a persone vicine all’esperienza di Bose (p. Michel van Parys, abate emerito di Chevetogne, in Belgio e madre Anne-Emmanuelle Devêche, presente anche come visitatore apostolico nel 2019). Se i due religiosi avevano elogiato nel loro rapporto – reso noto all'epoca dal vaticanista Sandro Magister – «la qualità di (questo) laboratorio di comunione tra le Chiese oggi separate», avevano però consigliato che l'autorità fosse esercitata in una modalità «non autoritaria, ma trasparente e sinodale ». Accompagnato da p. van Parys, Bose aveva iniziato una transizione graduale che era culminata con la scelta di Enzo Bianchi di cedere il posto a Luciano Manicardi, suo assistente.

Segnali che le tensioni all’interno della comunità monastica non si erano ricomposte emergevano anche nella lettera che papa Francesco scrisse, nel 2018, alla comunità per i suoi 50 anni di vita: «Di fronte alle sfide contemporanee, il papa chiede ai monaci di Bose di essere «sempre più testimoni di amore evangelico anzitutto fra di voi, vivendo l’autentica comunione fraterna che rappresenta il segno, dinanzi alla Chiesa e alla società, della vita alla quale siete chiamati. Gli anziani della comunità incoraggino i giovani e i giovani si facciano carico degli anziani, tesoro prezioso di sapienza e di perseveranza». 

* Enzo Bianchi in una foto [ritagliata del 2013] del Centro Nazionale Volontariato tratta da flickr, immagine originale e licenza

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