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Demitizzare la religione per salvare la fede. Un libro di Ermanno Arrigoni

Demitizzare la religione per salvare la fede. Un libro di Ermanno Arrigoni

Tratto da: Adista Notizie n° 30 del 01/08/2020

40363 ROMA-ADISTA. Va anzitutto premesso che con il libro di Ermanno Arrigoni, Cristianesimo e demitizzazione nel XXI secolo (Aracne editrice, pp. 256, euro 15; può essere richiesto anche ad Adista, tel. 06/6868692; email: abbonamenti@adista.it), siamo nella scia di testi come Buone notizie sul Gesù storico di Antonio Guagliumi, che tanta attenzione ha suscitato presso i lettori di Adista. Di libri, cioè, che provano a dare un fondamento storico, critico e antropologico alla fede, tentando di rendere ciò che del cristianesimo è stato tramandato nel corso dei secoli compatibile con le acquisizioni della scienza e della cultura contemporanea. Ciò è possibile, ed è esattamente la scelta fatta da Arrigoni, attraverso un processo di demitizzazione della religione, di critica e confutazione di tutte quelle credenze e narrazioni che si sono sovrapposte, fino a sostituirne la centralità, al deposito originario della fede negli ultimi due millenni. Rispetto al testo di Guagliumi, quello di Ermanno Arrigoni (laureato in teologia e Filosofia, con un dottorato in Teologia alla Facoltà di Teologia dell’Italia Settentrionale di Milano), lavora su un raggio più ampio rispetto ai soli Vangeli e con un taglio più specialistico. Del resto, il tema che affronta ha trovato negli ultimi anni ha trovato nuovo vigore nella ricerca di tanti studiosi e appassionati di studi biblici: la questione della storicizzazione del racconto evangelico.

Il problema, che è anche la ragione per cui questi testi trovano grande riscontro presso un pubblico non specialistico, è che i teologi e i biblisti “istituzionali” evitano di affrontare tematiche del genere – lasciandole a studiosi non strettamente “addetti ai lavori” – restando sostanzialmente ancorati a una visione, a una teologia, a una ermeneutica biblica di taglio ancora in gran parte tradizionale. Nel suo libro Arrigoni parte da questo assunto: di fronte alle tante rivoluzioni avvenute nel XX e XXI secolo, di carattere scientifico – che hanno stravolto il modo stesso con cui concepiamo il cosmo e la materia – «per chi si sente cristiano sorge questo grande e difficile problema ermeneutico: gli scritti del Nuovo Testamento sono stati composti nel I secolo d.C., con una visione completamente diversa del mondo e dell’uomo; per trasmettere il vangelo di Gesù ovviamente gli scrittori di quel temo hanno usato la cultura del loro tempo e la loro visione del mondo, mescolando la fede cristiana con questa cultura». Il problema del rapporto tra Scrittura e scienza è antico, ed emerse in tutta la sua violenta contraddizione con la condanna di Galileo, «che ha pesato e pesa ancora sul prestigio della Chiesa», Oggi la Chiesa «deve evitare il grave errore di allora, e togliere tutto ciò che è mitico nel Nuovo Testamento al fine di presentare una fede cristiana nella sua purezza, cioè secondo le antiche confessioni di fede che troviamo nel Nuovo Testamento». D’altra parte, è l’altro fondamentale assunto della ricerca di Arrigoni, scienza e ricerca storica «non possono negare la possibilità di una fede, perché la fede va oltre i loro metodi. Una fede privata però dei miti contenuti nella cultura del I secolo d.C., miti non eliminati arbitrariamente, ma con il metodo stesso usato da Galileo: la Bibbia non è un libro di scienza né di storia, è un libro di fede; come diceva Galileo, essa ci dice “come si vada in cielo e non come vada il cielo”».

Per questo, chiarisce Arrigoni, «occorre presentare agli uomini all’inizio del XXI secolo una fede cristiana “purificata” dai miti della cultura di quel tempo». Arrigoni è perfettamente consapevole di quanto sia essenziale dare una dimensione “razionale” alla fede, compatibile con la modernità, la scienza, le conoscenze; ma sa altrettanto bene che «oggi i teologi raramente affrontano questo discorso». Certo, ci sono i teorici di un cristianesimo postreligionale (anche quelli i lettori di Adista conoscono bene, da Lanaers a Spong, passando per Ortensio da Spinetoli); ma essi, secondo Arrigoni (è una critica che anche ad Adista è arrivata da parte di tanti lettori, spiazzati di fronte ai possibili esiti della ricerca di questa nuova corrente teologica) «riducono il cristianesimo a un umanesimo senza soprannaturale, alcune volte ad un umanesimo laico, che non ha nulla a che fare con le antiche confessioni di fede dei primi cristiani; si tratta quindi di un’autoesclusione dalla fede cristiana». Che Arrigoni intende invece recuperare e rinsaldare, rendendola però credibile e dicibile anche per l’uomo contemporaneo. Il percorso dell’autore parte perciò dalla cosmologia e dall’antropologia, passa attraverso l’analisi della concezione del mondo e dell’uomo ai tempi della redazione dei vangeli e degli studiosi che hanno operato una progressiva demitizzazione dei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento (pur non escludendo la dimensione soprannaturale), recupera quindi le antiche confessioni di fede delle prime comunità cristiane e dell’apostolo Paolo («chi prescinde da questa fede può ancora dirsi cristiano?», si chiede Arrigoni); e propone una lettura critica del pensiero di Theilard de Chardin, il «primo teologo cristiano che, anche come scienziato, si è confrontato con la teoria dell’evoluzione», per affrontare infine i temi posti dai teologi postreligionali. Il libro si conclude con una riflessione sulla persistenza di narrazioni “mitiche” nel magistero ecclesiastico e nel Catechismo della Chiesa cattolica. E su quelle avanguardie – costituite soprattutto da laici e da donne – che possono contribuire a smantellare definitivamente il corredo mitologico che ancora caratterizza la religione cristiana, per liberare il messaggio di fede valido per l’oggi.

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