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Reintegro in cambio dell’abiura: p. Flannery respinge il ricatto della Cdf

Reintegro in cambio dell’abiura: p. Flannery respinge il ricatto della Cdf

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 03/10/2020

40391 DUBLINO-ADISTA. Quattro giuramenti di fedeltà: è questo il prezzo che il religioso redentorista irlandese p. Tony Flannery, 73 anni, lontano dalle posizioni vaticane su sacerdozio femminile, relazioni omosessuali, unioni civili e identità di genere, dovrebbe pagare per essere riammesso al ministero attivo dopo che, nel 2012, ne era stato sospeso dalla sua congregazione religiosa, su pressione del Dicastero vaticano per la Dottrina della Fede (v. Adista Notizie nn. 15 e 18/12). Il 15 settembre scorso, infatti, ha annunciato di aver ricevuto dal dicastero una lettera – che ha pubblicato integralmente sul suo sito – firmata il 9 luglio scorso dal segretario della Cdf mons. Giacomo Morandi e inviata formalmente al superiore generale dei redentoristi a Roma p. Michael Brehl, nella quale si afferma che se Flannery non sottoscriverà le quattro affermazioni del magistero riportate in calce, «non sarà riammesso al ministero pubblico». Flannery ha immediatamente dichiarato che non le sottoscriverà.

La lettera vaticana fa seguito a una richiesta dello scorso febbraio da parte dei vertici redentoristi di riammettere il prete irlandese sanzionato al ministero. Tale richiesta, ha saputo il settimanale gesuita Usa America (22/9), proveniva in realtà dal Consiglio dei redentoristi irlandesi che, ritenendo che nella Chiesa si respirasse un nuovo clima, hanno fatto appello al superiore generale affinché promuovesse in Vaticano il reintegro di Flannery. «Dopo aver attentamente riflettuto», risponde ora la Congregazione vaticana nella lettera di accompagnamento al documento, si è deciso di sottoporre a Flannery quattro giuramenti; «il provinciale irlandese deve chiedere a p. Flannery di dare il suo assenso a ogni dichiarazione apponendo la sua firma in ognuno degli spazi indicati». Dopo la firma, «sarà possibile una graduale riammissione di p. Flannery all’esercizio del ministero pubblico grazie a un accordo con questa Congregazione. Inoltre, dato che più volte ha affermato di non essere un teologo, gli deve essere imposto di non parlare pubblicamente sui temi suddetti che hanno causato problemi in passato». «Per me è il capolinea, dal punto di vista del ministero sacerdotale», è stata la reazione di Flannery (The Irish Times, 16/9). «Non posso più avere a che fare con un organismo che produce un documento del genere. La vita è troppo breve, specialmente a 73 anni».

Una storia che viene da lontano

Tony Flannery – cofondatore dell’Association of Catholic Priests (Acp), organismo nato nel 2010, che promuove un profondo e radicale rinnovamento nella Chiesa, v. Adista n. 9/12 – è molto popolare in Irlanda; per ottobre è prevista l’uscita del suo ultimo libro, From the Outside: Rethinking Church Doctrine (“Dall’esterno: ripensare la dottrina della Chiesa”). Venne rimosso dal ministero nel febbraio 2012, quando gli fu anche vietato di esprimere opinioni sui media e sul sito della propria associazione e fu costretto (insieme ad altri preti) a interrompere l’attività editoriale sulla rivista dei redentoristi irlandesi Reality, che rifletteva posizioni progressiste sui temi più scottanti. Le misure contro p. Flannery innescarono una reazione molto dura nella parte più avanzata della Chiesa del Paese, che parlò di “caccia all’eresia” (l’espressione è dell’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin), che avrebbe inasprito la percezione di un sempre crescente e significativo “scollamento” tra la Chiesa irlandese e Roma. La notizia dell’investigazione su p. Flannery era arrivata poco dopo la diffusione del rapporto sulla visita apostolica condotta in Irlanda dal Vaticano, nel quale si prendeva anche atto di «una certa tendenza diffusa tra preti, religiosi e laici, a opinioni teologiche divergenti dagli insegnamenti del magistero».

Déja vu

Non è la prima volta che il Vaticano si muove in questo modo nei confronti di p. Flannery, imponendogli di rinnegare le proprie posizioni. Già nel 2013, infatti, la Cdf – il cui prefetto era divenuto il card. Ludwig Müller – gli aveva fatto la stessa proposta, ottenendo la stessa risposta: «Considero la rinuncia alla mia libertà di pensiero, di parola e soprattutto di coscienza un prezzo troppo alto da pagare per essere riammesso tra le file dei ministri della Chiesa», aveva detto allora Flannery; «farò, nel mio piccolo, tutto ciò che posso per oppormi alla tendenza attuale del Vaticano a creare una Chiesa della condanna invece di una Chiesa della misericordia». In quel contesto, il religioso redentorista raccontava di aver ricevuto nel giugno del 2012 (prefetto della Cdf era ancora il card. William Levada) un documento della Cdf che, richiamando i canoni 1044 e 1364 del codice di diritto canonico, lo minacciava di scomunica. Se Levada aveva ritenuto sufficiente il documento di chiarificazione presentato da Flannery nello stesso mese di giugno, Müller, succedutogli nel 2013, gli aveva chiesto di aggiungere una dichiarazione sulla successione apostolica, una sull’eucarestia, una sul sacerdozio (nella quale si afferma che l’ordinazione femminile è impossibile) e una quarta in base alla quale p. Flannery avrebbe dovuto dichiarare di accettare l’intero insegnamento della Chiesa, anche in merito alle «questioni morali». Punti, questi ultimi due, che avevano già allora determinato il rifiuto del religioso. In quel contesto, l’Association of Catholic Priests aveva scritto direttamente a papa Francesco chiedendo di riesaminare la questione e ribaltare la posizione della CdF, sottolineando come quest’ultima non avesse «mai comunicato direttamente con p. Flannery e che non gli abbia mai concesso l’opportunità di spiegare le sue posizioni».

Nell’autunno del 2015 Flannery aveva promosso un accorato appello ad aprire una discussione sulla piena uguaglianza delle donne nella Chiesa e sul sacerdozio femminile, tornando poi sulla questione insieme ad altri 11 preti irlandesi che hanno voluto rompere il silenzio per non «rendersi complici della sistematica oppressione delle donne nella Chiesa cattolica». E un altro appello aveva lanciato l’anno successivo (firmato da 15 teologi, scrittori e attivisti cattolici internazionali sanzionati dal Vaticano, ivi compresi due vescovi, v. Adista Notizie n. 16/16) contro i processi iniqui della Cdf, che non rispettano gli standard dei diritti umani né rispecchiano i valori evangelici di giustizia, verità, integrità e misericordia, a danno di teologi e scrittori cattolici le cui posizioni, non gradite ad alcuni, vengono segnalate al Vaticano e che si ritrovano giudicati da un organismo, la Congregazione per la Dottrina della Fede, che funge allo stesso tempo da organo inquirente, pubblico ministero e giudice.

Ma quale dialogo!

Sull’aspetto della mancanza di un dialogo tra le parti si è svolto un “secondo round” tra Roma e Dublino. Il 23 settembre il prefetto della Cdf, card. Luis Ladaria, rispondendo a una domanda che il giornalista del National Catholic Reporter Joshua McElwee gli ha rivolto in conferenza stampa, ha detto che «abbiamo fatto tutto il possibile per dialogare con p. Flannery. Non è sempre stato facile. Abbiamo fatto tutto il possibile»; «abbiamo sempre cercato di mantenere il nostro rispetto nei confronti di p. Flannery, ma il dovere che abbiamo, secondo la disposizione della Chiesa, è quello di proteggere la fede e quindi di indicare alcune cose che non sono conformi a questa fede. Questa è una responsabilità molto spiacevole per la Congregazione per la Dottrina della Fede. Molto spiacevole. Ma è una nostra responsabilità e sarebbe una mancanza da parte nostra se non esercitassimo questa responsabilità, se la mettessimo da parte e non dicessimo qualcosa quando a volte, purtroppo, devi farlo».

Sul suo sito, Flannery ha risposto immediatamente al prefetto vaticano. «Dice che infliggermi delle penalità è stato “molto spiacevole” e che trattare con me non è sempre stato facile. "Spiacevole" è una parola lieve per descrivere lo sconvolgimento che la loro azione ha causato nella mia vita, e certamente i miei rapporti con la CDF sono stati tutt'altro che facili. Non provo dispiacere per la "spiacevolezza" che ha dovuto sopportare».

Quanto al presunto dialogo cui Ladaria fa riferimento, «Come può affermarlo?», chiede il religioso. «La Cdf, sotto di lui o sotto i suoi due predecessori, non ha mai comunicato direttamente con me. Come dialoghi con qualcuno quando non gli parli? Il cardinale Ladaria è un religioso, un gesuita e ha presumibilmente un’età simile alla mia. Quindi, come me, ha vissuto il rinnovamento della vita religiosa dopo il Concilio Vaticano II. Una delle grandi caratteristiche di quel rinnovamento è stata una nuova comprensione del ruolo dell'autorità. L'esercizio autocratico dell'autorità dei tempi precedenti è stato sostituito da un'autorità basata sul rispetto dell'individuo e delle sue opinioni, e da un processo decisionale basato sulla discussione e sul dialogo. Se foste gesuiti, lo chiamereste "discernimento"». Ma qui, un dialogo non c’è mai stato: «La Cdf ha comunicato solo con il Superiore Generale dei Redentoristi. Se un dialogo si è svolto a quel livello, ne sono totalmente all'oscuro. Tutto quello che ho ricevuto sono state richieste di dichiarazioni e firme e liste di punizioni che mi venivano inflitte. In effetti, la prima volta che ho saputo dell'intero processo è stata nel 2012, quando mi sono stati presentati due documenti che definivano i miei scritti "eretici" e la sentenza che veniva inflitta. E il cardinale dice che hanno fatto di tutto per dialogare con me». Su Twitter, Flannery rincara la dose: «Ladaria è un gesuita: sa cosa comporta il “dialogo”. Deve sapere che questa affermazione è falsa».

Non solo: Ladaria parla anche di “rispetto”: «Fondamento del rispetto sarebbe riconoscermi come una persona a pieno titolo e parlare con me», scrive il redentorista sul suo sito. «Co- me mostri rispetto per qualcuno che non ti prendi nemmeno la briga di incontrare, al quale stai capovolgendo la vita?».

Quanto, infine, alla “protezione” della dottrina di cui parla Ladaria, «aspetto di vedere quali azioni intraprenderà contro il card. Hollerich del Lussemburgo, o contro alcuni vescovi tedeschi che hanno parlato di apertura all'ordinazione delle donne e di questioni relative al magistero sull’omosessualità. Vedremo un gesuita, il card. Ladaria, censurare un altro gesuita, il card. Hollerich? Non credo proprio».

Nessun passo avanti

Oggi, dunque, sotto un altro pontefice e un altro prefetto della Cdf, siamo ancora allo stesso punto. Anche se tra i punti contestati ce n’è uno nuovo: «Non penso di avere mai scritto una riga sulla teoria del gender, vorrei studiarla e sapere che cos’è esattamente prima di cominciare... », ha commentato ironicamente Flannery. «Anche dopo una rapida occhiata alla lettera – ha detto al settimanale statunitense National Catholic Reporter – mi è stato chiaro che non avrei mai potuto firmarla. Immagino… che sapessero che non l’avrei firmata; ciò che voglio ora è dire “Scordatevelo. Non voglio più avere nulla a che fare con la Cdf. Voglio solo vivere la vita che mi resta”». «Forse mi sbaglio – ha detto al settimanale gesuita statunitense America (22/9) – ma credo di poter fare di più per la Chiesa denunciando in ogni modo l’ingiustizia del processo piuttosto che tentando di fare in modo che Francesco, con una bacchetta magica, mi reintegri nel ministero». Un Francesco verso il quale Flannery ha parole di ammirazione, anche se «non è perfetto», soprattutto nella questione della parità femminile, nella quale dimostra di essere «debole» (America), perché ha presentato «un modo diverso di essere Chiesa». A essere immobili sono la cultura e le procedure della Congregazione per la Dottrina della Fede, rimaste ferme ai tempi di papa Wojtyla e Ratzinger.

Cosa accadrà ora? Quale posizione assumerà la congregazione dei redentoristi, il cui superiore generale Brehl è sempre apparso piuttosto debole di fronte al Vaticano? Ci si deve attendere qualche passo ulteriore da Roma nei confronti del religioso? Lo abbiamo chiesto direttamente a Flannery: «Non lo so – ha risposto – L’unica cosa diversa rispetto al passato, che rende difficile capirlo, è la portata dell’attenzione data al caso da parte dei media cattolici internazionali, che mi ha sorpreso (e ovviamente fatto piacere). Questo sì, potrebbe cambiare le carte in tavola».

In questo articolo pubblichiamo estratti della lettera della Cdf a Flannery e la prima dichiarazione di quest’ultimo sul suo sito, tonyflannery.com, in una nostra traduzione dall’inglese. 

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