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Provvidenziali stampelle

Provvidenziali stampelle

Tratto da: Adista Documenti n° 3 del 29/01/2022

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Lo scorso anno ho avuto da un mio cugino un regalo eccezionale. Rovistando nella sua cantina, trovò una vecchia bottiglia di grappa distillata, donatagli da mio padre. Su di essa vi era posta anche una etichetta su cui mia madre aveva delicatamente scritto con la sua inconfondibile calligrafia, “Angelì 1995”. Data di distillazione e nome di mio padre. Da quando ho avuto questo regalo graditissimo, ogni qualvolta mi faccio il caffè, prendo in mano con una buona dose di emozione la bottiglia e prima di versarne un goccio nella tazzina, la guardo, la contemplo, la bacio e ho la chiara percezione di stare accanto a mio padre come in quelle lunghe notti in cui insieme, furtivamente, distillavamo la grappa. Oppure con mia madre che ogni volta mi vedeva un po’ stanco, versando un goccio di grappa nel caffè che mi aveva amorevolmente preparato era solita asserire: “questa, ti tirerà su le ossa”. Mia madre prima e mio padre poi, sono morti da anni ma ancora oggi, ogni volta che riprendo in mano quella bottiglia, guardo e bacio quella etichetta, non solo mi ricordo di loro ma ho la profonda sensazione di stare con loro, di comunicare con loro, mi risento invaso di tutto quell’amore che mi hanno voluto, come se fossero ancora fisicamente presenti e forse più ancora. Mi rendo conto inoltre di come l’essere umano sia tutto sete, desiderio, invocazione, ricerca continua di bene, di felicità, di vita, di bellezza, di giustizia, di amicizia, di amore. Una sete inestinguibile, mai pienamente soddisfatta, senza confini, anche se spesso se ne cerchi la Sorgente su strade sbagliate dando adito a rimorsi e a sofferte disillusioni. L’essere umano non riuscirà mai a dimostrare razionalmente con certezza l’esistenza di Dio ma attraverso questa sua sete lancinante e continua, è come se ne sentisse in continuazione “lo zampillare” disponendosi a un continuo ascolto, a una continua ricerca, fino a ritrovarsi a volte avvolto in una estasiata contemplazione e comunione.

Ciò che vorrei riuscire a condividere, è che colui che noi chiamiamo Dio non potremo mai di certo né descriverlo, né definirlo è vero. Ma tutta questa sete di immensità, tutto quello zampillare rimandatoci in continuazione dalla creazione tutta, tutti quegli stimoli al bene che ci sono stati rilasciati non solo dal Cristo Gesù ma da tutti i grandi uomini e le grandi donne di questo mondo, non solo ci danno il diritto di nominarlo come Padre, Madre, Amore, Gratuità, Sommo Bene e chi ne ha più ne metta, ma anche e soprattutto la possibilità di metterci in comunione con questa Sorgente creatrice e vivificatrice. Proprio come quella bottiglia di grappa che non solo mi fa ricordare i miei cari ma mi mette in profonda, coinvolgente comunione con essi.

Mi viene ancora da credere che tutti quegli appellativi, quelle “icone” che noi attribuiamo a questa Sorgente, a questo Dio, oltre a quella sete di relazione e di comunione con Lui che ci abita nel più profondo, non siano solo delle proiezioni umane che noi facciamo di Lui ma siano innanzitutto proiezioni che Lui per primo ha impresso in noi e che come esseri fatti ad immagine e somiglianza Sua ce le portiamo ormai come impresse nei nostri cromosomi e nel nostro DNA.

Il nostro desiderio di comunicare con Lui per esempio, nella preghiera, non può che scaturire innanzitutto da un Suo originario e preventivo desiderio di comunicare con noi, sue creature. Le immagini e gli appellativi più spontanei e sinceri con i quali ci rivolgiamo a Dio, se da un lato rimangono lontanamente somiglianti a Lui e bisognosi di una continua purificazione, hanno per noi quella imprescindibile funzione di “stampelle” in grado di sostenere, rinvigorire e alimentare quella reciproca relazione, quella comunicazione, quella comunione, che costituisce sia per Dio che per noi stessi, il fondamento del nostro essere. Immagini e appellativi che naturalmente vanno visti “come dita puntate verso la luna, non come la luna”, come semplici “stampelle” sì, ma provvidenziali, anzi necessarie per vivere una vita che abbia colore, calore e sapore.

In un momento in cui le scienze ci stanno dimostrando come tutto e tutti siamo profondamente interconnessi e in profonda relazione tra di noi e con il tutto, nel pieno rispetto della peculiarità di ognuno, mi parrebbe anacronistico di conseguenza privarmi della esaltante ed entusiasmante possibilità di sentirmi in Comunione con quella Sorgente che chiamiamo Dio. Mi parrebbe alquanto riduttivo concepirlo come un’anonima “energia” o un semplice “contenitore”. Sono più propenso a ritenerlo, al di là del Suo essere che rimane fondamentalmente misterioso, un affascinante, provocante e dinamizzante “Tu”. I grandi mistici di tutte le religioni ce lo testimoniano, e ci giurerei che ciascuno di noi, in qualche momento della propria vita l’abbia veramente sperimentato ed assaporato come tale.  

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