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“Suisse Secrets”: il “tesoretto” del Vaticano insieme a quello di trafficanti e torturatori

“Suisse Secrets”: il “tesoretto” del Vaticano insieme a quello di trafficanti e torturatori

Tratto da: Adista Notizie n° 8 del 05/03/2022

 40982 ROMA-ADISTA. C’è anche il Vaticano e l’affare della compravendita dell’immobile di lusso londinese di Sloane Avenue, nei “Suisse Secretes”, la clamorosa fuga di notizie che ha portato alla luce i segreti bancari del Credit Suisse, una delle più importanti banche svizzere all’interno della quale venivano conservati gelosamente, fino a pochi giorni fa, i segreti finanziari inconfessabili di mezzo mondo. Il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung è infatti riuscito a ottenere i dati relativi a oltre 18mila conti del Credit Suisse; il giornale fa parte di un consorzio di media internazionali – OCCRP Organized Crime and Corruption Reporting Project – che ha gestito l’elaborazione e la pubblicazione dell’immensa mole di documenti, articoli sui Suisse Secrets sono poi usciti su diverse testate che fanno parte del consorzio: fra queste The Guardian, Le Monde, La Stampa. Si tratta della più grande fuga di notizie da una banca svizzera mai avvenuta e, nonostante i conti in questione riguardino solo una piccola parte della clientela complessiva dell’istituto, scrive OCCRP presentando l’iniziativa, «nei dati abbiamo comunque trovato dozzine di personaggi dubbi, tra cui un generale algerino accusato di tortura, i figli di un brutale uomo forte azerbaigiano e persino un signore della droga serbo noto come Misha Banana».

In questo contesto si trova anche – perché è tuttora attivo – un conto vaticano su cui sono transitati i milioni di franchi svizzeri lì depositati dalla Segreteria di Stato vaticana come fondo segreto o riservato. Un tesoretto, proveniente dalla raccolta per l’Obolo di San Pietro, che doveva servire a compiere operazioni finanziarie non per forza illecite, ma comunque lontane dai canali ufficiali finanziari della Santa Sede e soprattutto non sottoposte alle misure di vigilanza introdotte anche Oltretevere nel corso dell’ultimo decennio. Un modo per condurre speculazioni spericolate lontano da occhi indiscreti allo scopo di far affluire nelle casse vaticane quelle risorse necessarie per mandare avanti una macchina statale e burocratica i cui costi diventano sempre meno sostenibili (come testimoniato dagli ultimi bilanci vaticani caratterizzati da passivi sempre più preoccupanti, vedi Adista Notizie n. 30/21). D’altro canto quando si opera nella zona grigia dei mercati e della finanza, aumentano le probabilità di malversazioni, di cattiva gestione, di guadagni personali illeciti, ed è proprio per chiarire questi aspetti che si sta svolgendo un processo in Vaticano.

Il conto milionario della Segreteria di Stato

Che un conto intestato alla Segreteria di Stato fosse aperto presso l’istituto elvetico e fosse stato utilizzato per l’investimento immobiliare a Londra e per altre operazioni era noto agli inquirenti vaticani, i quali nei mesi passati avevano chiesto informazioni alle autorità svizzere ricevendo collaborazione. D’altro canto non va dimenticato che nelle indagini condotte dalla giustizia della Santa Sede è coinvolto il finanziere Enrico Crasso, definito dal Corriere della Sera come il «gestore per 27 anni del patrimonio riservato della Segreteria di Stato con Credit Suisse, poi Sogenel e Az Swiss». Ora però, sono emersi alcuni particolari significativi sul famigerato conto svizzero del Vaticano: intanto fra gli intestatari ci sarebbe il card. Giovanni Angelo Becciu, sotto processo Oltretevere insieme ad altri imputati; ma soprattutto dalla documentazione viene fuori una cifra: sul conto sarebbero stati depositati fino a 252.918.387 franchi svizzeri (circa 232 milioni di euro). Il conto, per altro, benché ormai svuotato, è tuttora attivo. Risulta inoltre che era stato aperto fin dal 2002; è dunque operativo da vent’anni. Va anche ricordato che, secondo il Financial Times, alla fine il Vaticano avrebbe perso ben 100 milioni di sterline dalla vendita dell’edificio situato nel quartiere di Chelsae a Londra, dopo averne investite 300 milioni fra 2014 e 2018. Un bel disastro. Secondo i Suisse Secrets, Becciu, sarebbe «un ex alleato di papa Francesco passato alla storia come il primo cardinale vaticano a essere processato penalmente da un tribunale civile, accusato con altri nove di frode, abuso d'ufficio, appropriazione indebita e riciclaggio di denaro». «Gli atti del processo – si rileva ancora – affermano che nell'appropriazione indebita è stato utilizzato un conto Credit Suisse che aveva fra i suoi titolari Becciu, la Segreteria di Stato della Santa Sede e altre tre persone».

Le cattive compagnie

Ciò che colpisce in questa vicenda, è la persistenza di una gestione finanziaria spericolata ed eticamente equivoca da parte di alti funzionari vaticani che hanno completamente ignorato gli sforzi in favore della trasparenza e della correttezza in campo economico portati avanti dagli ultimi due papi. Anche così si spiega del resto la durezza della reazione di Francesco nei confronti dello stesso Becciu, privato delle prerogative legate al titolo cardinalizio (fra l’altro non potrebbe prendere parte a un conclave). Né può passare inosservato che il Credit Suisse ospitasse insieme al conto vaticano i “forzieri” di personaggi di ogni risma. «Nonostante due decenni di impegni del Credit Suisse» per impedire la proliferazione di fondi dalla provenienza illecita, si legge nell’inchiesta giornalistica, «i dati trapelati dalla banca rivelano che essa si rivolgeva a dozzine di criminali, un’ecdittatori, funzionari dell'intelligence, partiti sanzionati e politici con una ricchezza smisurata». «Alla domanda sul perché esistessero così tanti di questi conti – si legge ancora – i dipendenti attuali ed ex hanno descritto una cultura del lavoro che incentivava l'assunzione di rischi per massimizzare i profitti ». La stessa visione, evidentemente, che animava gli investitori vaticani e che è stata contestata più volte da papa Francesco in riferimento a un sistema economico incapace di mettere al centro della sua attenzione il bene comune.

L’Obolo di San Pietro e le ricchezze criminali

È così che i soldi dell’Obolo di San Pietro si sono trovati fianco a fianco con quelli di un trafficante di esseri umani nelle Filippine, ai guadagni di un boss della Borsa di Hong Kong incarcerato per corruzione, a quelli di un miliardario che ha ordinato l'omicidio della sua fidanzata pop star libanese, alle ricchezze accumulate dagli alti burocrati che hanno saccheggiato la compagnia petrolifera statale venezuelana, o a quelle di alcuni esponenti di punta del regime siriano di Bashar al Assad. Ancora, «i clienti di Credit Suisse includevano la famiglia di un capo dell'intelligence egiziana che ha supervisionato la tortura di sospetti terroristi per la CIA; un italiano accusato di riciclaggio di fondi criminali per il famigerato gruppo criminale della 'Ndrangheta’; un dirigente tedesco che ha corrotto funzionari nigeriani per contratti di telecomunicazioni e il re di Giordania Abdullah II, che aveva un unico conto con 230 milioni di franchi svizzeri».

«Dopo i suoi orologi di lusso, le montagne innevate e i cioccolatini di qualità, la nazione alpina della Svizzera è forse meglio conosciuta per il suo settore bancario segreto. E al centro di questo settore c'è Credit Suisse, che nei suoi 166 anni di storia è diventato uno degli istituti finanziari più importanti del mondo», si osserva nell’indagine condotta dal consorzio di media OCCRP. «Con quasi 50.000 dipendenti e 1,5 trilioni di franchi svizzeri di patrimonio in gestione per 1,5 milioni di clienti, questo colosso bancario è ancora solo la seconda banca più grande della Svizzera, a testimonianza di quanto sia centrale il settore bancario per questa nazione ricca e confortevole». La fuga di notizie dall’istituto ha riguardato 18mila conti e 30mila clienti; l’importo totale di denaro conservato sui conti superava i 100 miliardi di dollari. Il conto medio conteneva invece circa 7,5 milioni di franchi svizzeri nel suo picco più alto, ma c'erano alcuni valori anomali: oltre una dozzina di conti conservava più di 1 miliardo di franchi svizzeri. «Queste cifre non danno alcuna indicazione dell'importo totale di denaro spostato attraverso i conti negli anni, che è sconosciuto ma è probabile che sia molto più alto».

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