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Stati Uniti: ora più che mai, l’Apocalisse

Stati Uniti: ora più che mai, l’Apocalisse

Tratto da: Adista Documenti n° 31 del 17/09/2022

Da sempre l’eccezionalismo americano ama paludarsi di frasi bibliche. A quanto pare è una leggenda quella secondo cui John Winthorp, il puritano che nel 1630 incoraggiava i coloni che avrebbero fondato Boston parlando della “città sul monte”, avrebbe avuto già in mente chissà quali progetti provvidenziali per loro e per i loro discendenti. Tuttavia, anche se la leggenda è stata ricreata durante la Guerra Fredda, l’espressione shining city upon a hill (pastiche di parole presenti in Mt 5,14- 15, a suo tempo usate da Winthorp), come immagine biblicoprofetica per illustrare destino e vocazione planetari degli Sati Uniti, è stata sfruttata con successo strepitoso da politici, presidenti, commentatori di entrambi i partiti. Ed è diventata un topos retorico, rimpallato da Reagan a Obama, da Clinton a Comey (l’ex direttore dell’FBI).

Non è quindi una grossa sorpresa, per il modo di pensare statunitense, che ci siano persone convinte che Donald Trump, quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America, sia il personaggio profetizzato in Isaia 45.

A poco serve pensare che l’Isaia storico era già defunto da un pezzo e che il passo sia stato scritto da un anonimo epigono apocalittico che, con una profezia ex eventu, esaltava la politica di Ciro. L’imperatore persiano aveva appena distrutto il potere babilonese e restituito ai vari popoli soggetti i loro dèi, permettendo quindi alla leadership ebraica in esilio di restaurare culto e potere locali. Non era profezia allora e dubito che sia profezia oggi. Tuttavia, soprattutto il v. 5, variamente tradotto (“Io sono il Signore e non c’è altro; non c’è dio al di fuori di me. Io ti ho dato un nome [oppure “ti ho dato forza”, “ti ho chiamato”], anche se tu non mi conoscevi [oppure “conosci”]”) viene applicato a Trump, che, non essendo uno stinco di santo, non conosceva Dio, ma Dio lo ha comunque scelto come Suo Unto (in greco “Cristo”) per salvare il Suo popolo oppresso e minacciato (cioè la minoranza bianca cristiana statunitense che si sente minacciata dalle presenze non bianche e non cristiane in crescita demografica).

Se Isaia 45 serve soprattutto alla destra trumpista e Matteo 5 va bene un pò per tutti, che uso viene fatto nelle discussioni popolar-politiche americane contemporanee dell’Apocalisse per antonomasia, quella di Giovanni?

Non c’è nulla di nuovo né di specificamente americano nel trasformare in “Uomo della Provvidenza” un politico a noi favorevole o nel demonizzare e trasformare in belve o mostri biblici quelli a noi avversi. Tuttavia, con i media informatici che fungono da altoparlanti, mai forse come oggi negli Sati Uniti, frasi dal sostrato biblicoapocalittico sono entrate nel pensare e nel parlare comuni. Favorito probabilmente da una capillare, anche se superficiale e letteralistica, alfabetizzazione biblica, diffusa soprattutto nel mondo evangelico-protestante (si sa che al catechismo i cattolici leggono poco la bibbia), l’uso di termini che anche solo riecheggino testi scritturistici si è dimostrato uno strumento efficacissimo di propaganda.

Un mio studente, pastore luterano, ha da poco compiuto una ricerca sull’uso dell’espressione “marchio della bestia” e dell’intero contesto di Apc. 13,1-14 nella discussione politica statunitense più recente, partendo proprio da Internet. Anche se su molti server siti dal contenuto “pericoloso” sono stati offuscati, la memoria degli usi trascorsi e il costante riaffacciarsi di nuovi annunci permettono di tracciare alcune linee, se non una mappa precisa, dell’adozione di Apc. 13 da parte della costellazione no-vax e dei politici che da essa pescano voti. Il “marchio della bestia” è il certificato di vaccinazione, ovvero il vaccino stesso, la “bestia” essendo – a seconda dei contesti – il potere in generale, il governo a controllo democratico o in particolare Joe Biden.

Mi rendo conto che anche solo a nominarla, si fa pubblicità a certa gente, e tuttavia non posso esimermi dal nominare una ruspante deputata repubblicana della Georgia, tale Marjorie Taylor Greene, già nota per le simpatie per il complottismo di Q-Anon e per il sostegno viscerale a Trump. Il suo tweet sul marchio vaccinale imposto dalla bestia-Biden, letto e ritwittato da centinaia di migliaia di utenti, è stato alla fine cancellato, ma, smanettando un pò, lo si ritrova e lei continua gagliarda, ora in campagna elettorale per le elezioni di medio termine (questo novembre). Alcuni candidati repubblicani si presentano armati ai loro elettori, talora in scene di caccia (o magari con famiglia, tutti armati in salotto), ma lei li ha surclassati tutti. Sdraiata in tuta mimetica, imbraccia una sorta di fucilone lanciarazzi (mi scuso, ma non mi intendo di armi da guerra) con il quale spara e centra il bersaglio. Questo è un’automobile nera, su cui sta scritto a lettere bianche cubitali SOCIALISM. L’auto esplode in una vampa di fuoco. E lei si alza, seria, dicendo del pericolo socialista che si annida nel partito democratico e di come lei ne difenderà i suoi elettori.

Anche questo mi colpisce: la serietà della propaganda della destra, priva di ironia. Il pericolo rosso è grave, i socialisti stanno vincendo, le minoranze colorate avanzano, il ricambio religioso (leggi: islamico) e razziale è dietro l’angolo e noi, bianchi cristiani schiacciati nell’angolo, dobbiamo difenderci. Ne va della nostra cultura, della nostra libertà, della nostra vita. Presto ci toglieranno le armi. E poi le bibbie.

Negli Stati Uniti ci sono circa tre milioni di preppers: gente (di solito uomini bianchi armati fino ai denti) che si è preparata (o si sta preparando) per la fine prossima ventura, variamente e cataclismicamente intesa. Il collasso ecologico si è aggiunto di recente alla guerra nucleare e ha rilanciato a tutto spiano la costruzione di bunker sotterranei, individuali, familiari e collettivi. Con due o tre milioni di dollari potrei acquistare in California un alloggio ipogeo, parte di un livello di un enorme silo cilindrico interrato, dove c’è tutto, supermercato con provviste gratuite per anni, sistemi di filtraggio dell’aria capaci di tenere a bada virus e radiazioni, sistemi di produzione di energia e di acqua potabile... anche una piscina, palestra, aula scolastica dove educare i bambini (homeschooling, naturalmente), persino ancora una biblioteca (chissà che libri ci hanno messo, oltre alla Dichiarazione di Indipendenza) accanto, ovviamente, a sofisticatissime strutture informatiche. Ci sono anche finestre e si può scegliere che parte del mondo esterno vogliamo vedere dai vetri, che sono schermi televisivi. Dati i costi degli immobili californiani di superficie, per un tricamere così il prezzo è più che onesto.

Il confronto tra la serietà delle posizioni conservatrici a fronte dell’ironia di quelle progressiste mi è apparsa evidente qualche tempo fa quando, a un convegno di studi biblici, nella sezione dedicata alla letteratura apocalittica, una collega di Letteratura Angloamericana ha presentato il lavoro di Tony Kushner che, negli Anni Ottanta del secolo scorso, ha scritto una anti-apocalisse (Counter-Apocalypse) intitolata Angels in America.

Fantasia ebraico-gay molto di sinistra e molto newyorkese (il sottotitolo suona: A Gay Fantasia on National Themes), il pezzo teatrale poi filmico mette alla berlina la corruzione e l’ipocrisia del mondo politicosociale americano, immaginando l’irruzione nella quotidianità di tutto un bagaglio di cose e avventure biblico-apocalittiche, compreso un improbabile profeta gay e un angelo androgino molto femminile che letteralmente precipita sulla scena sfondando il soffitto. Kushner recupera temi biblici, li condisce di riflessioni magari kabbalistiche (echi dello tzimtzum per spiegare il troppo lungo silenzio di Dio) per arrivare a sognare la fine di questo mondo ingiusto e la formazione di una nuova polis umana planetaria, multietnica, inclusiva, in cui ciascuno aiuta gli altri nella diversità, per la costruzione utopica di un nuovo mondo, col sorriso sulle labbra.

Mi rendo conto che contrapposizioni generalizzanti sono illecite. Tuttavia mi piace pensare che le fantasie utopiche e autoironiche di certa sinistra americana possano ancora avere qualche carta da giocare in un mondo che brucia e che sembra destinato a sprofondare in guerre infinite, senza riuscire a trovare equilibri percorribili tra esplosioni demografiche, movimenti migratori epocali e pandemie senza fine. Mentre i vari politicanti continuano a giocare sulla nostra pelle per raccattare qualche pugno di voti, servirà ancora riutilizzare temi biblici, strapparli al contesto apocalittico tradizionalmente inteso come una caterva di disastri e di massacri, col sangue delle vittime che arriva alle froge dei cavalli (Apc 14,20), e recuperare la speranza di cielo e terra nuovi (Apc 21,1)? In un universo di dimensioni e durata che sfondano i limiti della pensabilità, possiamo ancora sperare in un “sol dell’avvenire” che splenda senza farci tutti finire arrosto?. 

Edmondo Lupieri è docente di Nuovo Testamento e Cristianesimo delle Origini presso la Loyola University, Chicago. Per “Adista Segni nuovi” ha curato la rubrica “Cronache dal Trumpistan” (sulla presidenza Trump) e la rubrica “Hey Joe” (sulla presidenza di Biden).

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