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Senza aggiornamenti la sacramentalità decade

Senza aggiornamenti la sacramentalità decade

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 24/06/2023

Scrivo dal Cile. Il contesto è fondamentale per comprendere i sacramenti e la sacramentalità della Chiesa. Scrivo dalla prospettiva del Concilio Vaticano II. Questo è il principale criterio teologico per la Chiesa per esaminare i segni dei tempi e il necessario aggiornamento teologico e pratico dei sacramenti. Cosa deve fare oggi la Chiesa per essere «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (Lumen Gentium 1)?

La realtà della Chiesa cattolica in Cile è senza precedenti. Negli ultimi trent'anni, i membri della Chiesa cattolica nel Paese sono diminuiti di oltre il 30%. Il 48% della popolazione si dichiara cattolica. Nel caso dei giovani, un 36%. I religiosi si ammalano e invecchiano. La caduta libera delle vocazioni sacerdotali fa presagire che tra qualche decennio ci sarà un numero molto ridotto di preti. Lo scandalo degli abusi sessuali del clero e la sua copertura episcopale sono stati un fattore determinante di questo crollo. Questa situazione è sconvolgente perché già trent'anni fa il vescovo di Santiago, in un lungo documento, dichiarò una grave crisi nell'esperienza della sessualità tra le giovani e i giovani. Ma anche, e forse ancor più, l'appartenenza cattolica si sta sgretolando a causa di un acuto processo di secolarizzazione che sembra accentuarsi nell'Occidente tradizionalmente cristiano. Le nuove generazioni non hanno bisogno di alcuna autorità per essere se stesse. «C'è una certa frattura tra i più giovani e i più anziani. L'orizzonte vitale e la sensibilità di ciascuno sono sempre più distanti», sostiene Carlos Peña che continua: «O, se preferite, mai come oggi la distinzione tra il mondo proprio dei giovani e quello che considerano estraneo è stata così marcata, al punto che è difficile vedere la linea di continuità tra i due» (1).

C’è nei giovani una nuova forma mentis. Non hanno bisogno di padri, madri, insegnanti o sacerdoti. Dipendono dalla loro soggettività. Sono auto-referenziali. Come potrebbero voler appartenere a una tradizione millenaria per attualizzare la loro identità attraverso i sacramenti? Non sono interessati. Non si preoccupano della "salvezza" (anche se altre credenze, come il karma, sono importanti per loro). Alcuni sono infastiditi dalla Chiesa, mentre altri non le pongono attenzione.

Cosa può fare la Chiesa per rinnovare la sua evangelizzazione attraverso i sacramenti? Determinante è che qualsiasi sforzo per aggiornare la sacramentalità della Chiesa parta dalla premessa che Cristo è il sacramento del Padre per antonomasia, sia come partecipe della creazione che come suo realizzatore escatologico. Egli è la Parola (logos) e l'Immagine (eikon) di Dio, l'unico che può portare il mondo alla sua pienezza. Per questo è necessario tenere presente che questo Cristo, in quanto risuscitato, si trova in tutta la realtà. La bellezza delle montagne, degli uccelli, delle acque, qualsiasi realtà materiale, mentale o spirituale può servire per constatare la volontà originaria di Dio. Queste, grazie a Cristo, sono la prima espressione della sacramentalità.

Per questo motivo, si apre per le cristiane e i cristiani un vasto spazio di evangelizzazione come cura di un pianeta in piena crisi ecologica e socioambientale, che potrebbe essere irreversibile. Nella creazione sono impresse le impronte digitali di Gesù, il Figlio, il Messia che ha annunciato il Regno di Dio ai piccoli e alle vittime di ogni genere, e che dalla Pasqua è all'opera in essa grazie al suo Spirito. Inoltre, egli si manifesta, si rivela, nella storia e nelle altre tradizioni religiose.

A questo proposito, va detto che non è chiaro se Cristo sia meno presente nelle altre tradizioni che nel cristianesimo. Una cosa è Cristo, un'altra è il cristianesimo come Chiesa incaricata di farlo conoscere attraverso la testimonianza. Molti lo hanno fatto in duemila anni, ma non tutti e non sempre. Sappiamo che in molte occasioni nella storia, i cristiani e la rappresentazione ecclesiastica hanno dato una testimonianza contraria. È stato molto doloroso, ad esempio, rendersi conto che la proposta o la richiesta di battesimo è stata avanzata con la forza. Spesso in nome della "croce" si sono crocifissi popoli innocenti che hanno un'altra cosmologia e spiritualità, come nel caso del popolo Mapuche in Cile attraverso la scuola (2). I bambini per diventare cristiani hanno dovuto smettere di essere mapuche.

È così che, se Cristo risorto porta la creazione al suo compimento grazie alla Chiesa, e nonostante essa, gli stessi cristiani devono vedere nei popoli nativi, nelle loro tradizioni, soprattutto nelle loro cerimonie, dei veri e propri "sacramenti" di Cristo. Devono cercare di farlo, perché anche in questi è necessario discernere cosa è veramente di Dio e cosa no. Infatti, quale evangelizzazione può avvenire nel mondo mapuche se non viene riconosciuto nelle sue mediazioni sacramentali? Il problema è talmente complesso che in questo e in altri popoli latinoamericani è stata sollevata la necessità di scristianizzare le loro culture e di recuperare la loro identità.

Un secondo grado di sacramentalità è costituito dalla Chiesa in quanto partecipa della sacramentalità di Cristo verificata in tutte le realtà create da Dio e in quelle inventate o sviluppate dagli stessi esseri umani. Lo è nella materialità della sua esistenza, in chiese bellissime come Notre Dame de Paris; o in figure notevoli come i santi e i martiri. E certamente, in particolare, nei sacramenti che conosciamo. In questo caso, la Chiesa garantisce che attraverso di essi opera la grazia. Se Cristo è il sacramento di Dio, essa è il sacramento di Cristo e del suo Spirito attraverso alcuni atti in particolare (3).

Ma da quando esistono i sacramenti nella Chiesa? Vale la pena ricordare ciò che accadde all'inizio del cristianesimo. I primi cristiani e cristiane ricordavano e, in un certo senso, continuavano a praticare ciò che avevano visto fare a Gesù. In questi atti erano impliciti i sette sacramenti, di sicuro nell'evento della fondazione della Chiesa a Pentecoste. Ci sono altri sacramenti impliciti in questo giorno originario? La questione merita una discussione teologica. Ciò che è certamente possibile e necessario è sviluppare altri sacramentali.

In ogni caso, ciò che è decisivo è che il battesimo, la cresima, l'eucaristia, l'unzione degli infermi, il sacramento dell'Ordine, il matrimonio e la riconciliazione esprimono la fede della Chiesa. Non si tratta di atti magici. Dovrebbero sempre motivare una conversione.

Allora, sono necessari cambiamenti nel modo in cui i sacramenti sono concepiti e celebrati. Tuttavia, l'impulso al rinnovamento venuto dal Vaticano II sembra essersi esaurito o comunque rallentato. Sanno questo le nuove generazioni? Non hanno praticamente idea della posta in gioco nel passaggio dal pre al post-Concilio. È illuminante ricordare che tipo di Chiesa c'era prima del Concilio. Il Beato Angelelli disse alla fine del Vaticano II: «Assaporando i nostri riti e le nostre cerimonie pontificie tra pochi – gli eletti, i separati dal rumore del mondo, in una lingua che solo noi capivamo e che poco importava che la capissero quelli del popolo, amici in difesa dei nostri diritti credendo sempre che fossero i diritti di Dio – il mondo era il nemico della nostra salvezza e con questo principio così assoluto, abbiamo costruito la nostra impalcatura di formazione sacerdotale e cristiana, delle nostre istituzioni e associazioni; abbiamo guardato all'uomo come a un oggetto non di amore, ma di conquista trionfalistica» (4).

Un esempio di regressione è che in molti luoghi la celebrazione dell'Eucaristia è tornata a concentrarsi sulla consacrazione e sull'offerta a Dio di una vittima sull'altare del sacrificio, come succede nella religione neolitica, dimenticando che essa è soprattutto la tavola del banchetto in cui si condivide il pane della Parola. Questa Parola implica l'unico e vero sacrificio, quello dell'amore di Gesù, il Figlio, che rigenera il dono delle relazioni tra i fratelli e le sorelle della comunità, una comunità che a sua volta prega e lavora per porre fine alla fame nel mondo.

Il sacramento della riconciliazione non è più praticato. Pochissimi cattolici vi si recano regolarmente, alcuni lo fanno di tanto in tanto, ma la stragrande maggioranza non si è mai più confessata. È certo che gli scandali sugli abusi del clero hanno fatto aguzzare gli occhi su questo sacramento per scoprirvi una pratica che ha fatto molto danno. I cattolici e le cattoliche non vogliono più confessarsi con i sacerdoti a causa di esperienze negative (interrogatori, reprimende, esclusioni dall'Eucaristia nel caso di ricorso alla pillola contraccettiva o alla frequentazione di nuovi partner) e perché trovano inquietante farlo con un potenziale abusatore. Oggi, sulla scia degli scandali citati, ci si rende conto che la rivelazione forzata dell'intimità non avrebbe mai dovuto esistere.

Nel caso di entrambi i sacramenti, si profila la crisi del ministero sacerdotale. La pratica del sacramento dell'Ordine per i sacerdoti ha poco a che fare con la riforma promossa dal Concilio. Soprattutto a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II (Pastores dabo vobis), si è rilevato e sembra accentuarsi un processo di "risacralizzazione" del clero. Né i vescovi né i sacerdoti tengono sufficientemente conto del mandato della Lumen Gentium: mettere in relazione il clero con i fedeli essendo il sacramento fondamentale il battesimo in base al quale tutti i cristiani e le cristiane condividono la stessa dignità e missione (LG 10). Qui il sacro, là il profano. Il governo autoritario delle comunità e l'esclusione delle donne, di fronte alle esigenze di orizzontalità e democratizzazione che la cultura contemporanea richiede, hanno i giorni contati. Non esprimono la sacramentalità della Chiesa.

In materia di sacramenti, è urgente una riforma della formazione del clero. Dai sacerdoti dipende in larga misura l'accettazione creativa del Concilio Vaticano II (Optatam totius 1), in particolare la configurazione di una Chiesa comunitaria e fraterna. Il sacerdote agisce in persona Christi, cioè rappresenta di fronte alla comunità l'amore gratuito e trasformante di Dio per l'essere umano. Ma, allo stesso tempo, è il responsabile di tutti i battezzati e le battezzate che desiderano onorare e ringraziare Dio. Agisce in persona Ecclesiae. È stato ordinato presbitero per ascoltare i bisogni dei fedeli e per rappresentarli davanti a Dio nelle loro necessità e anche nelle loro lamentele. La rilevanza dell'adempimento di questa missione dipende da una profonda empatia.

Per gli altri sacramenti si può parlare in termini analoghi. Per un motivo o per l'altro, perché l'appartenenza ecclesiale oggi è una questione individuale o perché viviamo in tempi di individualismo rampante, oltre che di anacronismo istituzionale, l'esperienza ecclesiale della fede cade qua e là.

In breve, la Chiesa deve aggiornare la sua sacramentalità. Deve continuare ad annunciare il Cristo della Tradizione della Chiesa con la creatività dello Spirito del Risorto. Deve fare in modo che le persone facciano esperienza di Dio, nei canali sacramentali creati e da creare. La Chiesa compirà la sua missione se ascolterà i segni dei tempi discernibili negli enormi cambiamenti culturali e nei testimoni e nelle comunità che celebrano la loro fede e la trasmettono ai contemporanei.

Note

1. Carlos PeñaHijos sin padre (Figli senza padre), Taurus, Santiago, 2023. 11.

2. Cf. Loncón et alColonialismo cultural y ontología indígena en comunidades pewenche de Alto Biobío (Colonialismo culturale e ontologia indigena nelle comunità Pewenche dell'Alto Biobío), Lom, Santiago, 2023.

3. Cf. Karl RahnerChiesa e sacramenti (Quaestiones disputatae Kirche und Sakramente).

4. Conferenza episcopale argentina, “Riflettere mentre si conclude il Concilio”, in Conferenza episcopale argentina, Parole dell’entroterra. Mons. Angelelli e la buona notizia del Regno a La Rioja (1968-1976), Buenos Aires, Oficina del libro, 2019, 21-36, 34.

Jorge Costadoat è gesuita cileno, direttore del Centro Teológico Manuel Larraín (Cile). Ha insegnato per oltre 20 anni alla Pontificia Universidad Católica di Santiago del Cile (nell’aprile 2015, però, non è gli è stata riconfermata dalle autorità ecclesiastiche la missio canonica per l’insegnamento nella Facoltà di Teologia)

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