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L’OBBLIGO DELLA MEMORIA, IL DIRITTO ALLA RIBELLIONE. LA STORIA DEI MAPUCHE, IL POPOLO CHE IGNORA LA PROPRIETÀ

Tratto da: Adista Documenti n° 89 del 12/09/2009

DOC-2182. TEMUCO-ADISTA. Jaime Facundo Mendoza Collío aveva 24 anni, era sposato e aveva un bambino di soli 4 anni. Un colpo di arma da fuoco lo ha raggiunto alla schiena durante un’occupazione di terra, il 12 agosto scorso. A sparare è stato un sottufficiale del Grupo de Operaciones Policiales Especiales (Gope) dei carabinieri cileni, un corpo d’élite addestrato nella lotta contro pericolosi criminali e terroristi. “Molto appropriato, come si nota, per reprimere azioni e mobilitazioni sociali in difesa dei diritti ancestrali del popolo mapuche”, commenta sarcasticamente Juan Jorge Faundes sulla rivista Punto Final (27/08), complimentandosi, altrettanto sarcasticamente, con il ministro dell’In-terno Edmundo Pérez Yoma e con quello della Difesa Francisco Vidal.

L’assassinio del giovane weichafe (guerriero) mapuche Jaime Facundo Mendoza Collío non è una novità. Prima di lui era già caduto Matías Catrileo, studente universitario mapuche ucciso durante l’occupazione di un fondo agricolo il 3 gennaio 2008, sempre per mano del Gope, e, ancora prima, Alex Lemun, studente mapuche di appena 17 anni, assassinato il 7 novembre 2002 dai carabinieri nell’ambito di un’azione di recupero di una terra ancestrale. “I mapuche – sottolinea Juan Jorge Faundes – sono stati vittime di un’occupazione militare (alla fine del XIX secolo) che ha usato metodi atroci (impalando donne). Sono vittime di una violenza strutturale che li ha condannati al minifondo e alla povertà (XX secolo). I culcules e cultrunes (strumenti musicali mapuche) di un popolo oppresso che esercita oggi il diritto sacro alla ribellione gridano con Isaia: ‘Qual diritto avete di opprimere il mio popolo, di pestare la faccia ai poveri?’ (3:15). ‘Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi’ (5:7). I cinque milioni di ettari usurpati varrebbero oggi 20 miliardi di dollari a prezzo di mercato. Da qui dovrebbe cominciare il dialogo. Più un indennizzo morale per danni e violenze... Riparazione politica, storica, economica e morale: il prezzo della pace”.

È questa storia di violenza - resa più atroce dalla devastazione di un mondo di bellezza e di armonia - che viene mirabilmente raccontata, sulla base della visione mitica del popolo mapuche, dal sociologo cileno Tito Tricot, direttore del Centro de Estudios de América Latina y el Caribe (Cealc), nell’articolo La antigua guerra a muerte contra el mapuche (Rebelión, 20/08), che qui di seguito riportiamo insieme a un comunicato diffuso il 17 agosto dalla Commissione di Pastorale Mapuche della Regione Sud del Cile, l’uno e l’altro in una nostra traduzione dallo spagnolo. (claudia fanti)

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